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altCosa ardua tentare di tradurre al grande pubblico, “la massa”, cosa abbia rappresentato, o potuto rappresentare, l’opera di Eugenio Siragusa. E questo poiché essa, “il mondo dei più”, mal si adatta a percorrere sentieri che esulano dalla canonica quotidianità…

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EUGENIO SIRAGUSA: LA MEMORIA CHE VALE

Facile dire che fosse un ufologo, così come per decenni lo definì la stampa paesana incapace di contenere ma prodiga di sarcasmo: Eugenio non si identificava neppur lontanamente con il modello dello studioso ufo sebbene a lui si deve il merito di aver, in qualche maniera, portato alto il vessillo della sensibilizzazione al fenomeno per molti e difficili anni. Poi venne trovato per lui un attributo che calzava meglio, il neologismo “contattista”, un titolo che lo differenziava (in Italia addirittura lo contrapponeva!) da quello dell’ufologo: ma anche contattista, mi si permetta, appare insufficiente a descriverne la personalità. Infine, considerato il suo indefesso impegno nella censura dei mali del nostro tempo, alcuni gli diedero l’investitura di profeta: e qui forse iniziamo ad avvicinarci alla reale dimensione se magari volgiamo lo sguardo all’immediato significato che ci consegna l’etimologia della parola, ovvero annunciatore.

Nel corso degli oltre 50 anni di attività missionaria sono state migliaia le persone, dal circondario etneo sino alle Alpi, che lo hanno incontrato, tenuto frequentazioni anche assidue e maturato nei suoi confronti una stima ed un affetto che, forse, appare un peccato non chiamare con il proprio vero nome: amore e devozione. Lo stesso dicasi per le altrettanto migliaia che Eugenio incontrò nei suoi diversi viaggi all’estero e/o con le quali la sua segreteria ha intrattenuto continui rapporti epistolari e telefonici. E la cosa che oggi più sconvolge è il fatto che moltissimi, forse la maggior parte, pur senza aver avuto mai la possibilità di conoscerlo, erano affascinati da lui ma soprattutto pienamente coinvolti nella condivisione del “messaggio” che attraverso di lui filtrava. “Personaggio magnetico”, quasi dovesse passare per un ipnotizzatore, soleva definirlo lo sbiadito colore della stampa, sempre quella provinciale, nel tentativo quasi di esorcizzare la paura ed i limiti della propria incapacità a penetrare l’interiorità della bellezza di uno spirito straordinario: però cosa spingeva tanti verso di lui? Non credo sia cosa facile spiegarlo in parole, anche perché con queste sfideremmo …l’ordinario razionale, quantunque a volte quest’ultimo sia materialistico e superficiale.

La sua incredibile esperienza, oggi abbondantemente conosciuta, di contatti a vari livelli e di profondi stravolgimenti interiori lo portò sin da subito ad assumere una personalità ed una coscienza che non erano più quelle di prima, insieme a delle conoscenze che affondavano le loro radici nel tempo perduto, e che potremmo definire di carattere iniziatico. Con ciò anche l’eccezionale dote del “verbo”, la parola, con cui, modulata in suoni o scritta in fogli, riusciva a stimolare e a risvegliare il ricordo e la coscienza di essere parte di un grande ed antico progetto per il cui epilogo si è chiamati a concorrere. Non certo a suscitare il tribunalesco assenso dei predicatori di folle, ma una “taumaturgica” capacità mirata a suscitare il “risveglio”, insisto, di coloro che evidentemente portavano dentro di sé una particolare predisposizione. Per i quali, da lì a poco, sarebbe seguito un vero e proprio ridimensionamento cognitivo: rigetto dei normali valori del vivere a favore di quelli evangelici, forte sensazione di fratellanza con chi condivide la tua esperienza, predisposizione all’amore verso il prossimo, sentirsi fortemente parte del creato e del cosmo, desiderio insopprimibile di comunicare agli altri ciò che stai vivendo, grande considerazione dei passi dell’escatologia evangelica, desiderio di rileggere il vangelo e percepirlo con più profondità verso lo spirito e non la lettera, considerazione dei fatti e degli eventi religiosi in maniera più consona e “compatibile” alla logica moderna del XX° secolo, ed altro ancora… Cosicché si intuisce repentinamente anche che l’attuale parentesi ufo è chiaramente collegata a quella degli eventi prodigiosi della Bibbia ed anche di altri contesti storici, che riguardano altre epoche ed altre civiltà, che gli angeli del passato sono oggi quelli che chiamiamo, forse con termine meno appropriato di ieri, extraterrestri, e che se oggi sono qui è perché devono “mettere in atto” la Parusia, preparare il tutto per il ritorno del Maestro…

Era questo il “succo”, la finalità, che Eugenio Siragusa non mancava mai di evidenziare, senza remore e senza compromesso alcuno, a rischio, sovente, di essere deriso ed apostrofato anche come eretico. Per quanto incredibile possa sembrare egli riteneva, e le circostanze concordano, di essere lui il biblico “profeta” che avrebbe avuto il compito di iniziare a radunare, come sostiene l’Apocalisse, i “viventi”, cioè vivi nello spirito. Il tutto accompagnato anche da una miriade di scritti, spesso firmati in forma impersonale “Dal cielo alla Terra”, che in se costituivano ammaestramento, consolazione, avvertimenti ed ammonimenti verso il popolo dei “risvegliati”, con un linguaggio ed uno stile quasi sempre dall’inconfondibile dialettica cristica, pagine sublimi di lirica altissima che rimangono scolpite nei nostri cuori e, nel documentabile, accessibili a chiunque. E come non ricordare la grande ed incessante attività pubblica di “messaggero” verso i potenti, i responsabili del governo del nostro pianeta? Latore, come egli si definiva, di avvertimenti, ammonimenti e consigli che provenivano da una dimensione superiore e filtrati attraverso la sua ridimensionata coscienza, che hanno tracciato spesso una diagnosi quasi profetica dei problemi che avrebbero condizionato lo sviluppo delle nostre società, primi tra tutti, come si ricorderà, quelli relativi ai pericoli derivanti dalla scissione atomica: la sperimentazione e l’utilizzo dell’energia nucleare, argomento, come si vede, ancor oggi di scottante e polemica attualità. Di contro, portavoce dei “desiderati” di coloro che egli definiva “maestri cosmici”, la grande esortazione ad attivarsi fattivamente e collettivamente per l’energia solare, alla realizzazione di un grande satellite orbitante capace di convogliare l’energia del sole e distribuirla gratuitamente a tutto il pianeta, facendoci così uscire definitivamente dall’era della carburazione: e se oggi, 2008, si paventa ancora lo scoppio di un conflitto dove verrebbe utilizzato il micidiale potenziale bellico nucleare, non possiamo non notare che la causa di ciò sarebbe per il controllo e l’accaparramento delle residue risorse energetiche del pianeta, ovvero il petrolio e/o il gas che sia. Quindi un’attenzione, quella espressa da Eugenio, sacrosanta e profetica.

Nel percorso operativo segnato dalla sua attività furono, e sono ancora, tanti i gruppi di amici studiosi, o meglio “figli spirituali” come amano definirsi, che iniziarono a prestare collaborazione alla sua opera soprattutto con il lavoro di divulgazione e di sensibilizzazione, dall’ufologia con le sue implicazioni storiche e spirituali alla denuncia di quelle che Eugenio definiva la deleterie “forze condizionanti” che minano la stabilità ed il sereno sviluppo del pianeta e dei suoi abitanti. Molti, anche diversi per ceto, razza o credo, quanti hanno abbracciato con profonda convinzione interiore la sua “missione”… Tra costoro mancheremmo di onestà intellettuale e renderemmo un torto alla verità se non annoverassimo Giorgio Bongiovanni, oggi stimmatizzato e personaggio che non abbisogna di ulteriori presentazioni. Da sempre in “prima linea” nei rapporti con Eugenio Siragusa, sul finire degli anni ’80 Giorgio inizia a vivere una esperienza che lo porterà a Fatima nel 1989 a “ricevere” le stigmate ed a sconvolgere la propria esistenza oltreché quella dello stesso Eugenio. “Il grande segno”, quello delle stigmate, inatteso, inaspettato, era arrivato, dirà Eugenio. Erano gli anni quelli in cui l’aspetto fenomenico legato, più o meno, ai “contatti”, si era esaurito per lasciare il posto ad una “amara consapevolezza” che lo portava spesso ad inveire contro un’umanità “cieca e sorda” ai richiami del cielo, incapace di frenare la “folle corsa degenerativa” e che sarebbe presto stata posta al pesante giudizio di Dio…Fu in quegli anni che Eugenio avvertì l’esigenza di passare il testimone della sua “opera” a colui che con perentoria coscienza spirituale additò come “il calice vivente della comunione cristica”, un’immagine molto forte per rimarcare chiaramente la continuità logica e fisiologica della sua missione nella figura del “figlio spirituale” Giorgio: in diversi scritti ed in vari, documentati, ed affollati incontri pubblici, primi anni ’90, ribadì la sua ferma convinzione del passaggio delle consegne. E’ pur vero, le cronache lo hanno consegnato alla storia e non saremmo onesti ad ometterlo, che alcuni anni dopo Eugenio, con altrettanta determinazione prese le distanze ufficialmente da Giorgio: un’amara ed improvvisa separazione che si consumò per motivi che a tutt’oggi non appaiono ben spiegati e che, mi si permetta, non sono per niente quelli sciorinati in qualche pagina di internet o in qualche pessimo video della “rete”, ma verosimilmente, come pretendono di conoscere i “bene informati”, attinenti i comportamenti della sfera privata di terzi…

Ad ogni modo quello di cui siamo certi è che Giorgio non ha mai, anche nei momenti di crisi più acuta, tradito il rispetto e l’amore verso il “suo padre spirituale” e tantomeno oggi la memoria: anzi né ha sempre esaltato l’aspetto messianico e lo spessore di “grande messaggero”; il suo operato e le sue attività, anche di notevole impegno sociale, rispondono chiaramente al “sacrificio” ed alla “donazione” sempre sollecitati nelle esortazioni di Eugenio in armonia con la chiosa che spiega che “il vangelo non è un invito alla rassegnazione, bensì all’azione”; la divulgazione sui pressanti ed attuali segni di carattere ufologico e non, collegati anche con l’annuncio dell’imminente ritorno del Cristo per il varo di una nuova era per l’umanità, la denuncia contro i poteri nefasti che imbrigliano ed imbrogliano le coscienze degli uomini e la salvezza dai molteplici mali dell’indigenza di tanti bambini, anche se pur “goccia nell’oceano”, con attività umanitarie costituiscono il proseguo ideale e concreto al “periodo di ammaestramento” della missione che ha svolto Eugenio Siragusa.

Di Eugenio si è detto di tutto: ignorante, pazzo, illuminato, mitomane, Dio, demonio, truffatore, maestro, mago, la “potenza”, paranoico, il “Padre”, ecc… Detrattori e “cortigiani” non lesinarono di certo i loro epiteti e le loro adulazioni. Probabilmente anche questo il normale prezzo della notorietà sebbene la sua, di notorietà, fu certamente “anomala” e scomoda per molti versi. Egli, seppur in simbiosi con una esperienza fuori dall’ordinario, fu e visse da uomo, coabitando con l’umana natura, cosa che per alcuni sarà difficile…metabolizzare, che esprimeva pregi e difetti, capace di grandi slanci e di grandi contraddizioni… Egli non era né perfetto né infallibile. Ma di lui Qualcuno si è servito, in una maniera che ritengo la scienza del prossimo domani ci dirà più chiaramente, per risvegliare gli spiriti che dormivano il sonno della materia. E’ non è poco. Se di prove testimoniali sulle sue esperienze, come per il caso di altri illustri “colleghi” tipo George Adamsky o Billi Mejer, egli non ci ha lasciato quasi niente, rimane però la “prova” più grande, quella che…vive: migliaia e migliaia di anime, in tutto il mondo, che dietro i suoi input sono “rinate” ai valori della vera vita iniziando a lavorare e portare “buoni frutti” così come il Padrone della vigna desidera. Grazie Eugenio: alla tua memoria infinitamente grati!

Saro Pavone
27 agosto 2008