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arzobispoKonrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità, ha lasciato il suo appartamento in Borgo Pio a una famiglia siriana. "Niente di eccezionale", dice "La carità e la condivisione sono nel dna della Chiesa"

di Paolo Rodari

CITTÀ DEL VATICANO. Dopo che ha deciso di lasciare il suo appartamento di via Borgo Pio a una famiglia di rifugiati, dorme in ufficio. L’arcivescovo polacco Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità, ha preso sul serio l’incarico datogli da Francesco nel 2013. “La scrivania non fa per te, puoi venderla; non aspettare la gente che bussa, devi cercare i poveri”, gli disse al momento della nomina. Ma lui ha fatto di più. Saputo dell’arrivo tramite i corridoi umanitari promosso da Sant’Egidio di una coppia siriana (da pochi giorni è nata loro una bambina) ha ceduto l’appartamento che il Vaticano gli aveva concesso in quanto dipendente. E si è trasferito in ufficio, all’ultimo piano della piccola palazzina in dotazione all’elemosineria entro le mura leonine. Per qualche settimana ha abitato in una stanza al pian terreno, dove sono conservate le pergamene che l’elemosineria compila con la benedizione apostolica a chi ne fa richiesta. Poi, lo spostamento a un piano superiore dove ha almeno garantita un po’ di privacy.

“È una cosa normale, nulla di eccezionale”, racconta Krajewski a Repubblica. Eppure, una cosa non da tutti, anche Oltretevere. Invece, incalza lui, “sono tanti i sacerdoti nel mondo che, non da oggi, si comportano così. La carità e la condivisione sono nel dna della Chiesa. A ognuno è chiesto qualcosa secondo il suo compito. Io non ho famiglia, sono un semplice sacerdote, offrire il mio appartamento non mi costa nulla”.

Una statua di Gesù, a grandezza naturale, rappresentato come un homeless disteso su una panchina fa mostra di sé all’ingresso dell’elemosineria. Sulla panchina, ai piedi del corpo del Nazareno, c’è spazio per chi si vuole sedere. Sono diversi i poveri che si accomodano in attesa che sia il proprio turno per entrare e ricevere aiuti, sostegno. Chiunque può bussare, nessuno escluso. Molti, nell’attesa, con una mano sfiorano i piedi di Gesù, come a chiedere a lui protezione.

“Tutta l’estate – racconta Krajewski – i nostri servizi rimangono aperti: la barberia, le docce vicino al colonnato di san Pietro, il presidio medico, i bagni pubblici. La gente ha bisogno tutti i giorni dell’anno, e tutte le ore del giorno. E noi non chiudiamo mai. Abbiamo già iniziato la domenica a portare i disabili e i poveri nel stabilimento balneare vicino a Polidoro. La sera la giornata si chiude sempre con una pizza tutti insieme. Cose semplici ma concrete”.

Proprio oggi, in occasione della prima giornata mondiale dei poveri che si svolgerà il 19 novembre, Francesco ha chiesto di “tendere la mano ai poveri sull’esempio di san Francesco”. Nella Chiesa in tanti già lo fanno. Anche sfruttando il periodo estivo quando tutti partono e i poveri invece restano dove sono. E forse è anche per questo motivo che il Papa ha chiesto, come fa ogni anno, che tutti i cardinali gli indichino per iscritto dove e per quanto tempo saranno lontani da Roma durante l’estate. Probabilmente anche per sensibilizzarli a scegliere luoghi e modalità di villeggiatura consoni con l’abito che indossano.

© Riproduzione riservata 13 giugno 2017

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