Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024
soniapy100L’assassinio di Pablo Medina
14 novembre 2014
Giorgio Bongiovanni tocca dopo 7 anni terra paraguayana. L'ultima volta fu nel 2006 quando incontrò  Pablo Medina in seguito all'assassinio di suo fratello Salvador. Successivamente lo incontrò a Rosario in occasione del Congresso Antimafia organizzato dalla nostra “AntimafiaDosmil Argentina” per poi restare in contatto con lui attraverso una corrispondenza elettronica e l'invio dei suoi articoli pubblicati nella nostra rivista. La delegazione italiana che lo accompagna in questa nuova missione è composta, oltre che da chi vi scrive,  da Giovanni Bongiovanni e Francesco Belvisi (arca3), Valter Paron (arca Alea Lores), Marco Marsili e Francesca Panfili (arca Gubbio) che rappresentano in questo viaggio tutti i fratelli delle arche italiane ed europee.
Giungiamo all'aeroporto di Asunción dopo 28 ore di viaggio tra scali in Spagna ed in Brasile. Ad attenderci una numerosa rappresentanza delle varie arche del latino America. Pochi minuti per un caldo abbraccio a ciascuno di loro, e Giorgio è già sull'auto che ci conduce verso la casa di Omar Cristaldo rappresentante dell'arca del Paraguay e la sua preziosa moglie, la nostra carissima Hilda. La dolcissima Emilia Cardoso (19 anni) vice rappresentante dell'arca di Rosario ha il coordinamento della cucina che, con l'aiuto ovviamente di Hilda, di mamma Rachel (80 anni) dell'arca di Montevideo, di Alejandra, la moglie di Juan Alberto, di Susana, di Cristina e altre carissime sorelle, ci accolgono con un pasto caldo, un pranzo/merenda, nella lunga tavolata della cucina. Tanti fratelli reduci da notti bianche per il lungo viaggio affrontato in macchina o in pullman proseguono comunque il pomeriggio con la piegatura dei 50 mila volantini che insieme ai 4000 manifesti verranno diffusi in questi giorni nella capitale, Asunción, e nel paese dove viveva e lavorava Pablo Medina, Curuguaty. Giorgio ha modo così di riposare per qualche ora e riprendere le forze. Un centinaio di fratelli giunti dall'Argentina, dall'Uruguay e dal Cile sono la risposta che Giorgio aspettava. Una risposta che evidenzia la disponibilità, la fede e l'Amore per questa Santa Opera e che rappresenta il vero scudo di Giorgio in questi giorni molto delicati. La serata prosegue con una riunione per la sicurezza, indetta da Francesco Belvisi, che termina con una cena fugace, mentre Giorgio inizia il saluto ufficiale dando il via così alle attività di questo viaggio segnato dal sangue di un nostro fratello caduto in campo. “Adesso basta!” Esclama con forza, parlando ai fratelli assiepati nel giardino della casa di Omar, “non chiedo più solo Verità, voglio Vendetta!  La Vendetta di Dio per il martirio del nostro fratello Pablo Medina”. La parola “Vendetta” espressa da Giorgio non significa odio ma un sentimento di rabbia racchiuso in una disperata richiesta della giustizia divina. “Chi ha chiesto la sua morte” prosegue Giorgio “ha terminato di vivere sonni tranquilli perché da oggi sarà perseguitato dall'incubo di aver toccato l'uomo sbagliato. Dall'incubo di cosa potrà accadere ogni giorno a lui e ai suoi accoliti. La nostra arma è la parola. Sarà Dio a far cadere la sua spada di Giustizia attraverso i suoi strumenti”.

Un assoluto silenzio lascia spazio ai soli suoni della notte. Alcuni uccelli che cantano il loro ultimo saluto del giorno. Le fronde degli alberi che sussurrano il loro assenso alle parole di quell'uomo semplice ma che porta in se il potere di Colui che muove i mondi e le stelle. Giorgio solleva la targa del premio Borsellino appena ricevuto in Italia dedicandolo al suo amico Pablo Medina e un applauso commosso sancisce anche questo momento che resterà scolpito nella storia. É tarda notte oramai. Dopo aver definito il primo step dell'organizzazione delle varie attività, supervisionata da Giorgio e Juan Alberto e curata da Georges Almendras ed Erika Pais giunti in Paraguay da una settimana insieme a Martin Cardoso, Emilia Cardoso e Bruno Alod, oltre che ovviamente in primis dai responsabili dell'arca del Paraguay, i fratelli che alloggiano in hotel vanno tutti a riposare.
Giorgio si sofferma a parlare con Omar Cristaldo e Jorge Figueredo rivolgendo in particolare al nostro fratello magistrato numerose domande su quanto Pablo le aveva comunicato in questo ultimo anno, sulle sue indagini, su che cosa Pablo stava lavorando ultimamente, a chi stava dando veramente fastidio e su ciò che è  accaduto immediatamente dopo l'assassinio. Domande che lo conducono verso quel movente a cui sono strettamente legati i mandanti esterni alla mafia del delitto. Lo sguardo intenso di Giorgio posato sulle parole di Jorge mi trasmette paura. I suoi occhi e tutti i suoi sensi divengono sensori volti a scansionare ogni parola, ogni dettaglio che conducano a quel puzzle da ricostruire più in fretta possibile. “Giorgio” aveva detto il giudice Figueredo poco prima, durante la riunione, trasmettendo il suo totale senso di costernazione, “dopo la morte di Pablo io non sono più lo stesso. Tutto è cambiato dentro di me” prosegue, mentre lacrime di rabbia e dolore rigano copiosamente il suo volto segnato, colpendoci tutti dritto al cuore. Ora, in intimità dinanzi a Giorgio, racconta dettagliatamente tutto ciò di cui è a conoscenza  trasmettendogli minuziosamente le sue analisi.

Le prime ore del mattino ci chiamano quindi al riposo. Il turno della sicurezza ha inizio.
Alle 7 di questo nuovo giorno, Giorgio è già dinanzi al suo computer. I fratelli arrivano durante le successive ore. Riprendono così le attività di preparazione alla grande manifestazione che vedrà Giorgio protagonista, insieme ai relatori, il giorno 18 novembre ad Asunción. Intanto la notizia della numerosa presenza di persone (più di duemila) alla manifestazione a Palermo per la protezione del giudice Nino di Matteo, dopo l'ennesimo allarme-attentato, ci regala un sospiro di sollievo.
Forse non siamo soli.
Forse loro non sono più soli.
Da Asunción

Vostra
Sonia Alea
15 novembre 2014