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LA GUERRA DEI GIUSTI

Il Cielo azzurro, l’aria salmastra, il leggero vento accolgono tra le onde del mare molti giovani che si dilettano in gioiose gare di surf. L’aria è calda e umida. Il monte di Palermo abbraccia la sua città trasmettendo tutta la forza, la carica di passione di questa misteriosa e intensa terra, la Sicilia, che ha partorito i due estremi, nel bene e nel male.
I ricordi di questi giorni riaffiorano nella mia mente uno per uno, so che non sarà possibile esprimere con fredde parole, l’importanza, la profondità, l’emozione e il valore di ciò che si è vissuto ma proverò a trasmetterlo ugualmente, cosciente del fatto che tutti coloro che vivono in sintonia con questa grande opera la portano in se, insieme a chi era presente.
Ci portiamo dietro la forte vibrazione respirata a pieni polmoni di una lotta tra il bene e il male che si combatte a livelli sottili tra fili comunicanti che si intersecano tra di loro intricandosi e confondendosi, rendendo la lotta difficile, mostrando spesso i contorni sfumati e offuscati dei volti che si affacciano sulle scene politiche, religiose e civili. Un male difficile da estirpare perchè come un cancro in metastasi si è radicato capillarmente all'interno della nostra società civile intaccando i più semplici cittadini, i vertici più alti delle istituzioni, fino ad arrivare alla vera radice,  le menti diaboliche che stanno al di sopra di tutti e che governano il mondo. Un male a volte difficile da individuare, si muove attraverso azioni immorali in un agire divenuto “normale”, inquinando le pure acque della vera onestà, della vera legalità, del vero valore morale. Abbiamo visto le acque pure di questi Alti valori personificarsi in uomini giusti barbaramente assassinati per la loro incorruttibilità, per la difesa della Verità, per la difesa di questi alti valori. Li vediamo ancora oggi in altri uomini che lottano ogni giorno in difesa degli stessi principi, li vediamo portare avanti il loro lavoro contro la corrente che impedisce loro di procedere con mezzi e serenità, attaccatti da mille difficoltà, lasciati soli.

Palermo.
L'aeroporto Falcone e Borsellino ci accoglie per una nuova partenza.
Il nome dell'aeroporto crea sempre un forte impatto. Ti mette subito davanti al fatto che qui non si scherza, che ogni passo deve essere mosso con piena coscienza, sapendo a cosa andrai in contro.  Appena giunti, Giorgio compra come ogni giorno i quotidiani nazionali e i locali della Sicilia all’interno dei quali si legge ciò a cui è stato dato maggiormente risalto dalla stampa sulle manifestazioni commemorative organizzate in questi giorni in cui ricorre il sedicesimo anniversario della strage di Via D'Amelio in cui persero la vita il Giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta.
Mi viene una grande tristezza e una voglia di gridare ad un mondo che cammina al contrario ... vediamo nei giornali l'immagine della moglie di Paolo Borsellino, la signora Agnese, affiancata da personaggi, come il Presidente del Senato Schifani, amici dei responsabili della morte di suo marito, il padre dei suoi figli, presenti alle commemorazioni di rito istituzionale e leggo le dichiarazioni di questa grande donna che con aristocrazia e riservatezza vive il suo immenso dolore e la sua rabbia, cosciente che suo marito aveva scoperto i fili di un male che arrivava troppo in alto, là dove neanche lui si sarebbe mai aspettato, un male che se denunciato avrebbe fatto cadere l'intero Stato italiano. “Provo così tanto amore e stima per mio marito che ha vissuto per la giustizia che oggi continuo a sentirmi smarrita, chiunque ci sia al governo...” dichiara la signora Agnese ai giornalisti presenti  ... Guardo Giorgio e vedo un Leone ruggente che si prepara alla battaglia in difesa dei suoi amici, dei suoi veri fratelli. I giusti. Li riconosci da quello sguardo pulito, limpido, da quella semplicità disarmante, da quel valore morale incorruttibile, da quel senso dell'onestà inamovibile, da quei valori universali che li accomunano tutti. Paolo Borsellino e Giovanni Falcone erano così, come tanti altri martiri della Giustizia, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Rocco Chinnici, il giudice Livatino, Giuseppe Impastato, Don Puglisi, il Giudice Costa, che hanno dato la vita in difesa della Verità, per salvare quel valore morale che veniva schiacciato, che veniva infangato ancora una volta. Ma le idee di questi uomini camminano e cammineranno sulle gambe di altri uomini diceva il Giudice Falcone, oggi e sempre ... rivediamo il sorriso del Giudice Paolo Borsellino nel viso pulito di suo figlio Manfredi, nei suoi occhi limpidi, rivediamo la sua forza nelle parole e nella determinazione di suo fratello Salvatore. Mi ritornano alla mente i momenti intensi vissuti durante la loro visita, con le rispettive bellissime famiglie, nella nostra casa, nella sede della nostra associazione, accanto a Giorgio per il quale nutrono una grande stima e un grande affetto, l'onore per averli accanto a noi, seduti nella nostra mensa.  Li ringraziamo, manifestandogli la nostra emozione, la nostra gioia per averli con noi, per avere l'opportunità di rivedere il giudice Paolo Borsellino vivere in loro. “Voi ci date la forza per andare avanti ... Oggi, venendo qui, ho ritrovato la speranza ... io rivedo mio fratello vivo in voi, in quello che fate, in come siete” ci risponde Salvatore Borsellino con la tenerezza, la forza e la passione che lo contraddistinguono, prima di recarci tutti alla conferenza tenuta a Porto San Giorgio nella suggestiva Rocca Tiepolo. Davanti ad un pubblico di seicento persone viene presentato il libro pubblicato dal direttore di AntimafiaDuemila, Giorgio Bongiovanni “Giustizia e Verità, gli scritti inediti del Giudice Paolo Borsellino. Salvatore Borsellino è seduto al tavolo dei relatori accanto al direttore Giorgio Bongiovanni, alla capo redattrice Anna Petrozzi e al vice direttore Lorenzo Baldo, l'assessore alla cultura, il comandante dell'arma dei carabinieri di Fermo, l'assessore alle politiche sociali della provincia di Ascoli ed il sindaco di Porto San Giorgio Andrea Agostini. In un clima di grande attesa viene chiamato da Giorgio, sul palco per un saluto, Manfredi Borsellino. La dolcissima Valentina, sua moglie, con i loro due splendidi piccoli gioielli, lo guarda andare verso i relatori, profondamente emozionato ... la riservatezza, la semplicità, l'umiltà, l'aristocrazia di Manfredi ci lasciano senza fiato ...  tutta la gente, in piedi, lo accoglie con un lunghissimo e forte applauso ... il pensiero corre a quel terribile 19 luglio 1992 ... quanto sangue è scorso ... quanta sofferenza nei cuori di questi innocenti colpevoli solamente di aver fatto il loro dovere, di aver lottato per il nostro futuro e per quello dei nostri figli ... con la voce rotta dall'emozione il figlio del Giudice prende in mano il microfono “... Non posso esimermi dal dire due parole ... per me la conoscenza di Giorgio e Lorenzo è stata fondamentale ... li ho conosciuti cinque, sei anni  fa e con un garbo e una discrezione che ha caratterizzato solo loro, mi chiesero di scrivere un ricordo di mio padre da pubblicare sulla rivista AntimafiaDuemila che da qualche tempo già ricevevo a casa” la forte commozione di Manfredi inonda la platea presente ... le lacrime rigano i visi di molte persone ...  il cuore dentro i nostri petti pare voglia esplodere all'unisono in un sentimento di forte desiderio di Giustizia, di grande amore e di senso di protezione verso di lui e di tutta la sua famiglia, i nostri visi bagnati dalle lacrime di un pianto che non riusciamo a frenare per il peso delle gravissime ingiustizie inflitte agli innocenti, ai retti, ai puri di cuore nati in questo mondo ... continuiamo ad ascoltare quelle inaspettate parole cariche di profondo significato che umilmente stringiamo nel cuore come un Dono del Cielo: “Devo dire” continua Manfredi “che per la prima volta mi veniva chiesto qualcosa, dopo che tantissimi giornalisti e operatori dei mezzi di informazione cercavano, senza alcun garbo ... (le mie parole ... come se certi miei contributi fossero così importanti da non poter essere forniti) ... io invece spiegavo che sentivo un vero dolore nel parlare di mio padre ... mentre queste due persone (Giorgio e Lorenzo) mi chiamarono nel mio ufficio per parlarmi con delle parole che non potrò dimenticare mai” ... la voce rotta dal pianto si ferma ... insieme ai nostri cuori ... per poi proseguire “con una naturalezza e una spontaneità che non pensavo mi appartenessero ho preso per la prima volta la penna e ho tracciato un profilo di mio padre, perlomeno quello che mi era rimasto dentro, e da li è nata una vera amicizia con loro, che mi ha arricchito più di tantissimi altre cose ... voi penserete che in 17 anni abbia partecipato a chissà quali incontri, invece non ho partecipato quasi a nulla per una scelta che probabilmente non è stata capita e che tuttora probabilmente non viene capita. Ho fatto la scelta di realizzarmi nel lavoro, di crearmi una famiglia, avere dei figli ai quali spero di trasmettere anche solo un decimo di quello che mio padre è riuscito a trasmettermi ... e poi ho avuto la fortuna di imbattermi in queste due persone qui presenti per le quali non ci sono parole di ringraziamento, per ciò che hanno avviato sin dal periodo delle stragi, e non solo da un punto di vista strettamente  giornalistico,  penso a quello che fa  la redazione di AntimafiaDuemila che ho avuto l'onore di conoscere dal primo all'ultimo ...Ho conosciuto persone che lavorano in questo settore con una amore e una passione incredibile...” Manfredi prosegue parlando dell'attività di volontariato della Funima diretta da Giorgio e da tutta l'associazione verso i “bambini poveri” del Sud America e continua“...  Io penso che di queste persone non ce ne sono tante in giro e penso che quando ce ne sono, bisogna farle proprie e bisogna fare proprio sopratutto lo stile di vita ... perchè soprattutto come in questa circostanza non si vive solo di ideali ma questi valori vengono seguiti e applicati giornalmente. Quando mi hanno chiesto una serie di scritti di mio padre che non sono altro che riflessioni o anche interventi che mio padre faceva nelle scuole o nei convegni o nelle conferenze dove veniva invitato, anche lì ho potuto notare il modo con cui hanno lavorato loro e tutti i missionari di giustizia, così come mi piace chiamarli, che stanno dietro di loro e di questo non posso far altro che pubblicamente ringraziarli”. La forte commozione di Manfredi conclude con un caldo altrettanto commosso applauso del pubblico e di tutti noi che ci stringiamo con il cuore intorno a lui e a quella incolmabile sofferenza per una perdita che non potrà mai essere ripagata.

Salvatore Borsellino prende la parola citando una parte della prefazione scritta da suo nipote Manfredi del libro Giustizia e Verità, sottolineando la sua piena condivisione di quelle parole: “Mi preme sottolineare che per quanto mio padre mi manchi tantissimo e manchi ad ognuno in modo diverso, a mia madre ed alle mie sorelle, egli è vivo È vivo nei nostri cuori perchè una persona come lui non può mai scomparire, è indistruttibile ed invincibile, la sua battaglia l'ha vinta... ha risvegliato tante coscienze della sua amata Palermo...”. E non solo della sua amata Palermo aggiungiamo noi, ma di tutta l'Italia, e di tutti coloro che nel mondo lo hanno in qualche modo conosciuto. Questa è la più alta eredità che il vero Uomo lascia sempre alle future generazioni.
Salvatore Borsellino prosegue con il suo impeto e la foga di chi non si da pace, di chi vuole sia fatta giustizia “Voglio Giustizia e Verità” tuona “io non voglio sentire parlare di commemorazione, lacrime, processioni, sono cose che si fanno per i morti ... Paolo Borsellino è vivo, tanto più vivo di altri che si credono vivi e invece sono morti ... tante di quelle persone che oggi occupano il nostro Parlamento, le nostre istituzioni. Paolo rispettava le istituzioni ma io credo che il modo migliore per rispettare le istituzioni sia quello di evitare che siano occupate da persone indegne di occuparle...”. I suoi discorsi chiari, netti e di una logica spietata non possono che essere approvati dal pubblico che praticamente inondati da un mare in tempesta continuano ad applaudire. Salvatore Borsellino prosegue, desidera condividere, rendere pubblico il sentimento e la stima che nutre per Giorgio Bongiovanni, per il suo serio lavoro, per ciò che è riuscito a costruire con i suoi ragazzi, per l'aiuto alla società civile, per il suo innato valore: “Sono venuto qua pensando di trovare una decina di ragazzi di una redazione che avevo conosciuto nella rete, dove io mi sono rifugiato cercando una Italia diversa da quella che vedo in televisione e sulla stampa ... e invece ho incontrato una comunità di persone .. e sono dei ragazzi che da 15/20 anni continuano a lottare, a scrivere, e dentro di me è rinata la speranza ... vedendo come credono in certe cose, come scrivono di certe cose, come continuano a lottare vedendo quello che fanno sotto il carisma, la guida di Giorgio, allora ho sentito nascere veramente di nuovo la speranza, insieme con la rabbia”.

Giorgio prende la parola, lo conosciamo, è abituato a dare e non a ricevere, rimane come sempre con i piedi per terra, custodendo le parole, l'amore, questo grande gesto di riconoscenza da parte di persone tanto speciali,  come un dono di Dio, accogliendolo con tutta l'umiltà che fa parte del suo essere “Io, insieme a tutti i ragazzi,” dice Giorgio intensamente “ ringraziamo tutta la famiglia Borsellino, Manfredi, Salvatore ...” e continua con la sua relazione “... Alcuni uomini delle istituzioni si sono messi ad ostacolo a determinati poteri, nuovi o vecchi, che dovevano dominare, più che governare, il nostro Paese, sia a livello economico- finanziario che politico dove la criminalità organizzata è stata, e non lo dico io, ma l'hanno detto i magistrati, persino il Procuratore Nazionale Antimafia, “il braccio armato” dello Stato. Borsellino, e prima ancora di lui Falcone, si erano messi come ostacolo a questa nuova convergenza di poteri che Cosa Nostra stava cercando con nuovi soggetti politici e nuovi potenti dell'economia. In quel momento c'era una trattativa in corso ...” Giorgio spiega quindi al pubblico il motivo per cui era stata ordinata la strage di via d'Amelio e sottolinea le gravissime responsabilità della stampa oramai quasi totalmente asservita al potere che non aiuta le indagini di coloro che vogliono la Verità. “Oggi” prosegue Salvatore Borsellino “i Giudici vengono uccisi in un altro modo, vengono imbavagliati sottraendo loro le indagini che hanno in corso e vengono aggrediti, così come è avvenuto per i Giudici Luigi de Magistris e Clementina Forleo ... una stampa omologata che si è imbavagliata da sola ... se ci vogliamo informare oggi, lo possiamo fare sui libri di Travaglio, su alcuni siti internet ...” e Giorgio continua parlando del conflitto di interessi del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi “...nemmeno negli Stati Uniti un uomo può avere nelle mani la stragrande maggioranza dei mezzi di comunicazione” e prosegue sottolineando la triste situazione dell'informazione nel nostro Paese classificato al 35° posto nel mondo nella graduatoria per la libertà di stampa e informando il pubblico dell'importantissimo progetto “Pandora TV” avviato in Italia dall'europarlamentare Giulietto Chiesa per un informazione libera. “Ma c'è anche la manipolazione delle informazioni” continua Giorgio “mezze verità, un quarto di verità o verità che vengono completamente stravolte, potremo citare ancora un altro esempio, cari amici,” e prosegue “per noi Falcone e Borsellino sono degli eroi, invece risulta ultimamente che Vittorio Mangano sia diventato un eroe” (Vittorio Mangano, ergastolo per mafia e addetto alle scuderie di casa Berlusconi è un eroe, parola di Marcello Dell'Utri, senatore uscente, candidato e condannato per tentata estorsione. Da La Repubblica.it aprile 2008.ndr) . Scoppia un forte applauso di condivisione e Giorgio continua “... Vittorio Mangano ... una persona che voi avete sentito nominare solo come mafioso ma che in realtà  è un assassino che ha partecipato addirittura a strangolamenti di ragazzi e bambini ... questi fatti sono presenti negli atti giudiziari ...  questa è la manipolazione dell'informazione ... o un altro esempio risalente a tre anni fa, quando è stata fatta una legge contra personam,  per far si che il Giudice Giancarlo Caselli non si presentasse al concorso per la Procura Nazionale Antimafia, mai nella storia della Repubblica era accaduto un fatto del genere e non è stata fatta nessuna protesta ... Caselli che fu il Procuratore di Palermo e sotto la sua gestione furono  arrestati tantissimi latitanti, furono sequestrati diecimila miliardi delle vecchie lire, furono raggiunti risultati mai raggiunti forse nella storia, fu ostacolato dal governo di sinistra, di centro sinistra e di destra, ecco perchè la mafia è trasversale ... segue il potere, da qualsiasi parte esso si trovi. Anche nel verso positivo vi è una lotta alla mafia trasversale sia nel centro sinistra che nel centro destra, uomini, purtroppo molto pochi, che però hanno il coraggio di unirsi e di lottare  ma si dovrebbe unire tutto il Paese, tutte le istituzioni e tutta la società civile per conoscere la verità delle stragi di stato  perchè lì è la chiave d'interpretazione per capire chi comanda oggi. La mafia, la ‘ndrangheta, la sacra corona unita e la camorra sono organizzazioni che hanno dei fatturati di gran lunga superiori a quelli di grandi imprese come la FIAT, l'ENI, ecc. La mafia fattura cento, duecento miliardi di euro l'anno, mi chiedo dove sono finiti questi soldi? Come vengono riciclati? In realtà come viene mantenuta l'economia nel nostro paese? Perchè esistono ancora i paradisi fiscali? San Marino,  per esempio, dove indagava il Giudice De Magistris è un centro di grande riciclaggio di denaro sporco, come lo Ior, la Banca del Vaticano e altre istituzioni. Questo è ciò che si nasconde dietro le grandi stragi e quando qualche Giudice ci arriva vicino, comincia a ragionarci con le prove, ecco che viene fermato. Il problema non è purtroppo solo politico ma anche economico. La mafia è ricca, molto più ricca di quello che possiamo immaginare, pensate che la ‘ndrangheta ha il monopolio del traffico di cocaina in tutta l'Europa, cioè i mafiosi vanno in Colombia, portano tonnellate di cocaina in Europa e questo commercio viene gestito dalle nostre mafie italiane, quindi lo Stato, come diceva Paolo Borsellino, non ha mai voluto veramente, forse, fare la lotta alla mafia perchè il problema è più grande di quello che ci possiamo immaginare. Speriamo nel tempo di poter trovare appunto Giustizia e Verità perchè solamente attraverso l'informazione, con il fatto che tutti noi possiamo conoscere la verità qualche cosa potrà veramente cambiare”. Giorgio termina il suo intervento con un grande applauso del pubblico e passa nuovamente la parola a Salvatore Borsellino “Non c'è in nessun programma di governo né di destra né di sinistra la lotta contro il vero cancro del nostro Paese, la criminalità organizzata. I programmi di governo sono costruiti come veri programmi di marketing ..  Io voglio ringraziare Giorgio per aver fatto i nomi di quei ragazzi, mia mamma due giorni dopo la strage ci disse di chiamare tutti i genitori di quei ragazzi che morirono insieme a Paolo e volle baciare le mani di quei genitori perchè avevano donato la vita dei loro figli per la vita di Paolo ... voglio parlare di quei ragazzi, perchè in Italia ci sono ragazzi così, ragazzi che dopo la strage di Falcone si misero in fila dietro alla porta di Paolo perchè gli chiedevano di voler fare parte della sua scorta ed erano ragazzi che si mettevano in fila per andare a morire perchè Paolo sapeva di dover andare a morire e tutti quei ragazzi lo sapevano ... si rendevano conto ...  mentre Paolo suonava il campanello della casa di nostra madre si misero intorno a lui e per difenderlo non avevano altro che i  loro corpi e dei loro corpi non si trovò quasi niente. Sapete cosa venne trovato di Emanuela Loi? non venne trovato niente, solo qualche pezzo riconoscibile perchè era l'unica donna che faceva parte della scorta di Paolo. E sapete che cosa ha fatto il nostro Stato?” La rabbia di Salvatore Borsellino esplode per una realtà tanto cruda e meschina, difficile da immaginare ma accaduta, purtroppo accaduta “quei pezzi li misero in una bara, li spedirono a Cagliari (la sua città) e poi mandarono ai genitori di Emanuela Loi la fattura del trasporto di quella bara, di una bara che era quasi vuota ,questo è purtroppo il nostro Stato e da questo nasce la mia rabbia”.

Una rabbia giusta, una rabbia che mira a risvegliare troppe anime ancora dormienti, sedate dal sonnifero dell'informazione controllata, somministrata a piccole dosi, una rabbia che vuole dare un senso alla morte di troppi martiri della Giustizia e della Verità con la vittoria dell'Uomo Vero.
Una Nuova Era è alle porte, ma prima che questa possa entrare, la vecchia dovrà essere sconfitta, la coscienza dell'uomo deve cambiare. Le grosse contraddizioni italiane sono solo lo specchio dei grossi problemi nel mondo, il riflesso di una crisi planetaria che, se non sanata, ci condurrà verso la catastrofe. In un mondo dove l'Ingiustizia regna sovrana, dove si arriva ogni tre minuti del nostro tempo a far morire di fame un nostro bambino, dove il livello di inquinamento ha messo in serio rischio la vita dell'intero ecosistema facendo scomparire intere specie animali e vegetali, dove l'uso sfrenato delle risorse energetiche, alimentari del 10 per cento dell'umanità ha tolto il necessario al 90 per cento della popolazione mondiale riducendola ad uno stato di estrema povertà, dove il 2 % più ricco del mondo possiede il 50 % delle sue ricchezze. In questo mondo assurdo Uomini giusti si battono per un valore  in via di estinzione: il valore della Giustizia.

Giorgio Bongiovanni, segnato dal Cristo con i Suoi segni della crocifissione continua la sua opera nel mondo annunciando il Suo prossimo secondo ritorno, risvegliando le anime di buona volontà ad una nuova coscienza, appoggiando i giusti. Uno degli obiettivi: smascherare il volto dell'anticristo personificato in tutti quegli uomini che incarnano i valori immorali, corrotti, diabolici, che mirano solo al potere, alla soprafazione, scardinare una di queste radici come quella che incarna Cosa nostra significa scardinare tutte le altre che con un effetto domino cadrebbero una dietro l'altra. Le conferenze organizzate da AntimafiaDuemila vogliono dare voce a coloro che si battono ogni giorno a rischio della propria vita per quei valori che il Cristo ci lasciò duemila anni fa con il Suo esempio, con il Suo sublime sacrificio. Persone credenti, non credenti, atee, ma uguali nell'essenza, fratelli nei valori universali dell'amore, della giustizia, della pace e della fratellanza tra i popoli. Quando l'uomo imparerà a rispettare le proprie differenze e ad amarsi sarà pronto a conoscere i fratelli maggiori che vivono nel Cosmo governati dagli stessi valori che hanno creato equilibrio e armonia intorno a loro.

La bellissima, impattante, impeccabile conferenza organizzata dalla redazione di AntimafiaDuemila a Porto San Giorgio, di cui si è parlato nei mezzi di comunicazione locale e che ha causato “qualche problema” al consiglio comunale della città per i temi scottanti trattati, è seguita da un'altro importante appuntamento organizzato appunto nella città di Palermo. Si tratta dell'appuntamento annuale che il Direttore ha deciso di organizzare nella data che ricorda la strage di Via D'Amelio, come punto di incontro con coloro che sono impegnati in prima linea sul fronte della lotta contro la criminalità organizzata. Un appuntamento che ha raggiunto il riconoscimento ufficiale per il livello raggiunto dall'evento.

Come ogni anno all'interno dell'hotel dove alcuni di noi alloggiamo (altri si sono sistemati nelle case di amici), troviamo le sale caffè che vengono subito adibite a redazione: computer in attività, telefoni caldi, quotidiani locali e nazionali sui tavoli, l'attività della redazione antimafia, venuta al completo, non ha un attimo di sosta. Le manifestazioni per il sedicesimo anniversario della strage di Via D'Amelio sono iniziate. Lorenzo Baldo, come sempre, è giunto già da diversi giorni per la preparazione dell'evento. L'emozione come ogni anno è forte. Questa non è una città normale. Non sai mai chi ti sta a fianco ... e veramente il nostro giornale non ci va morbido con i suoi articoli ...

E' tutto pronto a Palazzo Steri, i ragazzi di AntimafiaDuemila, oramai veri professionisti, molti di loro divenuti giornalisti sul campo (cioè hanno ricevuto il tesserino dal collegio dei giornalisti italiani), impeccabili ancora una volta hanno curato tutto nei minimi dettagli. Il palco con i microfoni, a sinistra l'angolo della stampa dove sono stati posizionati alcuni computer e da dove i nostri  Aaron e Marco mandano notizie flash sulle dichiarazioni dei relatori direttamente all'ANSA (la principale agenzia di stampa italiana) e inserendo le stesse in tempo reale sul nostro sito AntimafiaDuemila, telecamere, macchine fotografiche, ecc... Tutto è pronto. Arrivano i relatori, molti di loro accompagnati dalle scorte.  Sono alcuni tra i più noti Giudici italiani, impegnati in prima linea, spesso sulle pagine della stampa nazionale e sui notiziari televisivi per la conoscenza profonda del fenomeno mafioso e a volte, purtroppo, per il loro “ardire” a spingersi troppo in alto con le investigazioni... La capo redattrice, dottoressa Anna Petrozzi, delicata e aristocratica come sempre prende posto al centro del tavolo dei relatori per moderare l'incontro. Le redattrici, giornaliste di AntimafiaDuemila, sono pronte per gli appunti utili per i loro prossimi articoli, Silvia, Monica, Maria, Dora, presenti i nostri collaboratori Fabio, Haton e Vanesa venuta dall'Argentina insieme al Giudice Juan Alberto Rambaldo, il nostro grafico Emanuele, presente il nostro Giovanni che in questa prossima fase operativa seguirà il direttore, Giorgio, suo padre, in ogni tappa, presenti i nostri amici e fratelli di Palermo, Giovannone e Mary, nostro punto di riferimento logistico in questa città, che ci hanno aiutato in tutto. Presenti tanti amici e fratelli venuti dal resto della Sicilia e da diverse parti d'Italia. Il nostro grafico Francesco sistema un computer con telecamera in un punto strategico che permetterà anche a tutti coloro che dalla nostra sede, l'associazione Falcone e Borsellino di Sant'Elpidio a Mare, non sono potuti venire, di seguire ugualmente in diretta la conferenza.

Il Direttore Giorgio Bongiovanni fa gli onori di casa salutando le personalità giunte in sala: il Procuratore Capo di Palermo Messineo, il Procuratore Capo di Torino Gian Carlo Caselli, tutti i relatori, Giovanni Saverio Santangelo Prorettore Vicario dell'Università di Palermo, che apre il Convegno, Vincenzo Guarrasi Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia della Università di Palermo, Rita Borsellino, sorella di Paolo e Salvatore Borsellino, ex-deputato all'Assemblea Regionale Siciliana, Pino Maniaci giornalista di Telejato, il giovanissimo Giuseppe di Fini di soli 13 anni divenuto presidente dell'Associazione Antimafia Giovanile di Centuripe, il carissimo Salvatore Borsellino, fratello del Giudice Paolo, Luigi De Magistris, magistrato, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, Roberto Scarpinato magistrato, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, Antonio Ingroia, magistrato, Sostituto Procuratore della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo e Giuseppe Lumia Senatore (PD). Presente anche il nostro amato Juan Alberto Rambaldo Giudice Istruttore del Distretto di Santa Fe in Argentina, giunto a Palermo insieme a Giorgio che darà il suo contributo a questa importante conferenza.  “La nascita della Seconda Repubblica sul sangue di Falcone e Borsellino” questo il forte titolo del Convegno che ha inizio con il saluto del Prorettore Vicario dell'Università di Palermo e del Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia grazie alla quale collaborazione viene organizzato ogni anno l'incontro.

La parola passa a Rita Borsellino che saluta sul palco suo fratello che, spiega, ancora non aveva visto a causa degli impegni a cui erano stati chiamati entrambi, e prosegue: "Dobbiamo conservare la  memoria non cristallizzandola nel passato ma facendola vivere nel presente e soprattutto  facendola diventare futuro perchè non sia vano il sacrificio di Paolo, di Giovanni e dei tanti, tanti ... che facciamo fatica davvero ad elencare ... ma qui questa sera qualcuno voglio nominarlo perchè ho preso un impegno 16 anni fa di ricordarli sempre insieme a Paolo e sono Agostino, Claudio, Emanuela, Vincenzo e Walter”. Un lunghissimo applauso accompagna il ricordo di questi giovani martiri che come uno scudo hanno cercato di proteggere il loro Uomo,  quell'uomo in cui credevano. Rita prosegue: “Domani ci saranno i bambini a giocare in via d'Amelio così come aveva voluto mia madre, che la vita prendesse il sopravvento sulla morte e i bambini si riappropriassero di quello scenario di morte per farlo ritornare ad essere scenario di vita. Faremo una veglia di preghiera, ma non vogliamo nè consolarci, nè prenderci in giro ma fare una riflessione di chi siamo oggi e cosa vogliamo essere domani e ognuno sarà presente con la propria faccia per dire da che parte sta”. La sorella del Giudice assassinato dalla mafia racconta un episodio risalente a pochi giorni prima, quando una giornalista del canale satellitare di Sky, le propone di poter fare un momento di silenzio per ricordare la tragica morte di suo fratello. Rita continua trasmettendoci il suo sentimento, suo fratello Salvatore le stringe il braccio con la mano, quasi a volerla sorreggere: “...  in quel momento ebbi uno scatto, lo stesso che ebbi 16 anni fa quando arrivai in via d'Amelio e qualcuno mi disse -Pazienza- ma quale pazienza, dissi, oggi ho detto: ma come si fa a stare in silenzio, non solo davanti a ciò che è accaduto ma davanti a ciò che sta accadendo e allora basta momenti di silenzio ne abbiamo fatti troppi, io credo che per un minuto semmai dovremo prenderci l'impegno tutti quanti di  gridare forte, forte, che noi vogliamo la verità che noi vogliamo che la giustizia sia veramente tale, che la magistratura possa portare avanti il suo compito come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino senza dover morire ma anche senza dover essere uccisi e crocifissi ogni giorno ... Paolo diceva -Ognuno deve fare la sua parte, ognuno nel suo piccolo, ognuno per quello che può, ognuno per quello che sa, e ora permettetemi di dare un abbraccio affettuoso a Pino Maniaci”. Un applauso scrosciante esplode nella sala gremita di gente, assiepata sino al fondo, la gente in piedi continua ad applaudire per diversi minuti ... Rita continua : “perchè per ottenere quella verità di cui parlavo prima, noi dobbiamo avere un'informazione libera e coraggiosa come quella di Pino e tanti altri, Lirio Abate, e tanti, tanti altri, la devono portare avanti sapendo che tutti noi gli siamo accanto e stiamo con loro”.

Rita conclude la sua intensa relazione e Anna prende la parola presentando il giornalista Pino Maniaci confermandogli la solidarietà per la brutta minaccia ricevuta la sera precedente la conferenza, con l'incendio della propria auto davanti alla redazione di Tele Jato. “E' stata una lunga nottata e siamo un po' stanchi” esordisce Pino e continua “ma ovviamente non potevo mancare a questo appuntamento per noi molto, molto, importante. Dove c'è antimafia, quella vera, c'è sempre Tele Jato ... siamo abituati a fare nomi e cognomi di mafiosi e boss e molto spesso ci capita di trovarci, subito dopo il TG, al bar con il mafioso accanto di cui abbiamo parlato pochi minuti prima, noi sappiamo i rischi che corriamo, li abbiamo accettati, tutta la redazione li ha accettati, e abbiamo deciso di andare avanti nonostante le minacce e le intimidazioni. E' una scelta che ha fatto Tele Jato per una informazioni libera e non so se coraggiosa o incosciente decidete voi ...”. Un fortissimo applauso accompagna il coraggioso giornalista verso il pubblico. Anna riprende la parola invitando sul palco un giovane ma importantissimo ospite, Giuseppe Di Fini (di soli 13 anni) Presidente dell'Associazione antimafia giovanile, la più giovane d'Italia: “Sono felice di essere stato invitato qui questa sera e di essere stato chiamato a testimoniare ...  in un forte desiderio di giustizia ho fondato l'associazione ... ispirandomi ai valori del grande Paolo Borsellino ... in Sicilia, nel nostro Paese, chi chiede giustizia finisce a morire o a soffrire, se va bene...  come diceva Borsellino -la lotta alla mafia non deve essere soltanto un’opera distaccata di repressione ma un movimento culturale e morale che coinvolga tutti, sopratutto le nuove generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà ...-. E' per questo motivo che ho preso questa decisione ... per far conoscere ai miei coetanei quella che è veramente la strada giusta, quella della legalità ... spero di poter condividere i valori di Paolo e quelli miei, con altri giovani e con la società tutta”. Il bellissimo sorriso di Giuseppe, la sua voglia di lottare, le sue profonde e significative parole espandono nella sala quel profumo di libertà di cui parlava Paolo Borsellino, rinvigorendo nei presenti quella forza di lottare per un futuro che certamente sarà diverso. Consegnare a questi bellissimi giovani un futuro migliore, un futuro degno di essere vissuto, questa era ed è la forza che spinge i giusti, gli uomini di buona volontà a continuare a lottare fino a dare la propria vita.

Il pubblico lo saluta con un grande applauso carico di tenerezza, la stessa tenerezza che Giorgio nutre per un uomo che sente come un padre spirituale e che si appresta a presentare: il Giudice Juan Alberto Rambaldo che prende la parola: “Voglio ringraziare Giorgio e AntimafiaDuemila per avermi permesso di essere presente ad una conferenza di questo livello e voglio portarvi il saluto da parte del Decano della Facoltà di Diritto dell'Università Nazionale di Rosario dove stiamo organizzando il prossimo Congresso Internazionale sulla lotta contro la mafia e la corruzione. Può apparire strano che si possa organizzare un Congresso sulla mafia in Argentina ma siamo coscienti che la mafia non è un problema di delinquenza circoscritto all'Italia ma è la forma che il potere ha adottato in questo sistema globale che esercita il capitale mondiale e così stiamo pensando che dobbiamo sviluppare una lotta che cessi di essere solamente locale ma che divenga internazionale, perchè dobbiamo renderci conto che la lotta contro la forma mafiosa della politica e della economia è in realtà la lotta per la libertà, per la giustizia, per l'uomo nuovo”. Il profondo discorso di Juan Alberto termina con l'applauso del pubblico al quale seguono le parole di Anna Petrozzi: “Entriamo nel vivo della serata è un grande onore e sopratutto una grande emozione oggi rappresentare la redazione di AntimafiaDuemila che in parte è qui e in parte è rimasta nelle Marche dove abbiamo la sede centrale, per moderare questo incontro che è per noi  innanzitutto un momento di informazione in quanto consideriamo che forse mai come in questo momento vi sia una crisi drammatica delle parole, parole che sono alla base dell'informazione e che vengono manipolate, artefatte, travisate, con lo scopo preciso di alterare i fatti e quindi di restituire una visione assolutamente falsa e alterata della realtà. Abbiamo invitato questi ospiti questa sera perchè li consideriamo testimoni e protagonisti di vicende importantissime che hanno caratterizzato gli ultimi anni di vita del nostro Paese. Il tema di questa serata è molto delicato, molto importante  abbiamo volutamente scelto un titolo abbastanza forte, preso in prestito da una dichiarazione fatta dal dott Ingroia, perchè riteniamo che non si possa voltare pagina, non si possa parlare di riforme se si ignora ciò che è accaduto nel biennio stragista del 92, 93. Siamo convinti che in quegli anni la Cosa Nostra di cui oggi sentiamo parlare solo da un punto di vista strettamente criminale, ha partecipato insieme ad altri poteri ad un progetto eversivo che ha dato i natali a questa seconda repubblica...”.

Le chiare parole di Anna lasciano spazio all'intervento del Direttore Giorgio Bongiovanni : “Sarò breve perchè lascerò spazio al dibattito che questa sera ascolterete ... voglio dedicare il mio intervento alla redazione di AntimafiaDuemila con un video della presentazione del nuovo sito internet che ha avuto un grande successo, abbiamo pensato di dedicare il nostro sito a tutte le vittime della mafia. Il suo lavoro si concentra sulla lotta alle mafie in genere, a Cosa Nostra in particolare, ma c'è un cuore che tratta la nostra rivista e di cui si occupa la nostra associazione, il sangue di Falcone e Borsellino e i mandanti esterni. Abbiamo creato il giornale AntimafiaDuemila con questa ambizione. Lavorare per individuare a livello giornalistico i mandanti esterni delle stragi 92/93 o di altre stragi di Stato. Il sito è dedicato a questo, qualsiasi informazione dovessimo ricevere che possa fare luce sui mandanti occulti noi la pubblicheremo così come abbiamo fatto con la sottoscrizione della petizione che ha firmato Marco Travaglio anche a costo di fare disobbedienza civile e di andare in carcere se non ci dovessero far pubblicare più niente”.

Le parole di Giorgio seguite dall'applauso del pubblico lasciano spazio alle forti e intense immagini che presentano il sito e i suoi obiettivi ... ed è il momento di Salvatore Borsellino che dopo sette anni di silenzio ricomincia a parlare come un fiume in piena: “... Per tanti anni ho smesso di parlare, voi pensate che avevo persino pensato che se Paolo aveva dovuto morire perchè la nostra Italia potesse cambiare, allora ringraziavo Dio per averlo fatto morire perchè pensavo che si stesse realizzando il suo sogno ... quando ho visto la reazione della coscienza civile degli italiani e dei siciliani, in particolare a fronte di quella strage ... la reazione di quella gente che aveva cacciato a sputi e calci i politici che si erano radunati nella cattedrale di Palermo intorno a delle bare che erano quasi vuote ... invece dopo mi sono pentito amaramente di ciò che avevo pensato vedendo come a poco a poco la reazione della coscienza civile si affievolisse, come a poco a poco tutto stesse tornando come prima, come invece di sentire quel fresco profumo di libertà di cui ha parlato prima quel grande  ragazzo in quella frase di Paolo ... le speranze sono nei ragazzi come lui ... cominciasse a risalire quel puzzo del compromesso morale, quel puzzo dell'indifferenza, della complicità e della contiguità ..., allora ho pensato che forse dovrei ringraziare Dio che Paolo oggi non possa vedere ciò che sta accadendo nella nostra Italia, come stia scivolando verso un baratro, verso condizioni molto peggiori di quel tempo in cui Paolo lottava. Oggi i Giudici non si uccidono più, ma vedete io ho qui di fianco, ed è uno dei motivi per cui io oggi sono qui, un Giudice, Luigi de Magistris che viene ucciso in un altra maniera ... io vorrei che non ci alzassimo in piedi solo per i morti ma per le persone vive che gli facessimo sentire la nostra vicinanza ... questi Giudici lottano, ma lottano da soli ... hanno bisogno di sentire il calore della gente, di sentire che la gente gli sta vicino ... perchè non sono dei “deviati mentali”, non sono della gente da sottoporre ad esame psicanalitico, come qualcuno ha detto, perchè sono dei pazzi ... perchè per fare quel mestiere devono essere pazzi, certo dei pazzi, ma della pazzia di cui era pervaso Paolo, della pazzia di cui era pervaso Falcone, che li spingeva a lottare anche da soli. Oggi tutti pensano, vedendo certi film, che Paolo, Giovanni, erano degli eroi e che anche allora venissero considerati degli eroi. A parte che mi fa schifo dire questa parola quando questa parola è stata adoperata per Vittorio Mangano, per glorificare l'omertà, oggi purtroppo il significato delle parole in Italia è cambiato. Il nostro Paese è diventato un bordello” tuona Salvatore Borsellino “ci governa della gente che non dovrebbe essere seduta in quel Parlamento ma dovrebbe veramente essere presa a calci. Io sono in questa conferenza solo per il titolo che gli è stato dato ... è vero, è vero questa nostra Repubblica è fondata sul sangue di quegli uomini... molti mi dicono: la rabbia serve solo per distruggere, non è vero la rabbia può servire anche a ricostruire, prima però la voglio utilizzare perchè sia distrutto questo muro su cui si fonda la nostra Repubblica perchè la calce di questo muro è impastato con il sangue ... il sangue di Giovanni, di Paolo, ma anche di tutti quei ragazzi ... una volta la mamma di uno di questi ragazzi intervistata da un giornalista disse: -io sono la mamma di un ragazzo che si chiamava scorta- ecco perchè Rita prima ha fatto i nomi di questi ragazzi che sono degli eroi, questi sono eroi non Vittorio Mangano”.

Salvatore Borsellino grida con tutta la rabbia che si porta dentro: “Ragazzi che sono stati mandati a morire nella stessa maniera in cui è stato mandato a morire Paolo Borsellino perchè Paolo Borsellino è stato mandato a morire da uno Stato che ha voluto la sua morte e che ha collaborato perchè Paolo fosse ucciso e io sono qui per gridarvi questo oggi, deve essere fatta Verità su quelle stragi ... sono sicuro che io non potrò vedere giustizia perchè ho 66 anni, e diceva Leonardo Sciascia che lo Stato non può processare se stesso e quindi non potrò vedere giustizia ... ma non per questo io devo smettere di lottare, non per questo devo smettere di gridare, allora io voglio gridare che Paolo non è stato ucciso dalla mafia ... lo diceva Paolo stesso a sua moglie -Quando sarò ucciso sarà stata la mafia ad uccidermi ma non sarà stata  la mafia ad aver voluto la mia morte- questa è la verità! Paolo è morto, almeno questo era uno dei motivi principali, perchè si era messo di traverso a quella ignobile, scellerata trattativa tra mafia e Stato che gli fu presentata nell'ufficio di Mancino (allora ministro degli Interni) nel primo luglio del 1992 ma Mancino non può ricordarla altrimenti dovrebbe confessare questa trattativa ... ma io spero che presto arrivi nelle aule giudiziarie questa trattativa ... ma non sono riusciti ad ucciderlo sono riusciti a fermare la sua opera, io credo che i pezzi di Paolo siano entrati in ciascuno di noi e ci danno la forza, quella rabbia, quella forza di combattere ... però purtroppo oggi quella trattativa scellerata viene attuata giorno per giorno. Io sento ogni giorno delle notizie che non fanno altro che confermarmi che viene attuato giorno per giorno quel papello consegnato da Riina a pezzi deviati dello Stato italiano, come vedo attuato ogni giorno quello che era il piano di rinascita della P2 ... come venga imbavagliata la stampa, come si sta asservendo e imbavagliando la magistratura, come è stato imbavagliato e praticamente ucciso, se non fosse per la sua forza, Luigi De Magistris che ogni volta lo sento dire “Continuiamo a lottare”. Sono queste persone che ci continuano a dare la forza, eppure sapete cosa è stato detto di lui da Vito D'Ambrosio, Procuratore Generale della Corte di Cassazione? “Interpreta in modo errato e distorto il suo ruolo, come una missione più che un mestiere e non è questo il modello di  magistrato che disegna la carta”. Queste parole che ha detto d'Ambrosio sono un insulto a mio fratello, vuol dire che mio fratello ha considerato la sua professione in maniera distorta, perchè non l'ha considerata un mestiere come la considera Vito D'Ambrosio e purtroppo tanti altri come lui all'interno della magistratura ma l'ha considerata come una missione ... . Non voglio sentire parlare di anniversari né di commemorazione, vi giuro, mi perdoni mia sorella Rita, che se domani si dovesse presentare alla commemorazione di Paolo qualcuno di quei politici che fingono di piangere ma che vengono a fare gli avvoltoi io vi giuro che non gliela farò passare liscia ...   Ieri ho sentito una notizia che Di Pisa è stato messo al posto di mio fratello nella procura di Marsala. Di Pisa è stato assolto, quindi rispetto quello che decide la magistratura, ma ritengo che sia stato un grosso atto di inopportunità, perchè, vedete, Paolo diceva che non sempre si possono provare i delitti, non sempre si possono condannare i politici per collusione con la mafia però diceva anche che quando non si arriva a condannarli perchè non si trovano le prove dovrebbero essere i partiti stessi a fare pulizia cioè esattamente il contrario di quello che viene fatto perchè il nostro Parlamento è pieno di gente condannata, di gente collusa, è pieno di gente che dovrebbe stare in tutt'altro posto anziché in Parlamento però credo che il CSM avrebbe dovuto evitare di fare questa nomina ... non dovrebbe fare candidare gente su cui grava qualche sospetto, io credo che questo sia quello che dovrebbe fare il CSM invece di condannare praticamente alla morte un Giudice ... cosa significa secondo voi per un Giudice come De Magistris il cui bisnonno era magistrato, il nonno era magistrato, il padre era magistrato e ha fatto sempre il Pubblico Ministero, cosa significa per lui ora non poter fare più il Pubblico Ministero, lui è stato messo sotto tutela, potrà partecipare solo ai collegi giudicanti, non potrà più esercitare nelle funzioni di pubblico ministero, di GIP, cosa credete che sia per un Giudice se non la morte civile, per fortuna Luigi ha abbastanza forza da dire “continuiamo a lottare” e quindi penso sopravvivrà a questo a cui è stato sottoposto e il CSM fa questo anziché punire i Giudici che ci mettono otto anni per scrivere una sentenza, ed è questo che dovrebbero fare anziché condannare Giudici come De Magistris o come la Forleo semplicemente perchè hanno toccato i poteri forti, perchè sono arrivati a quel punto dove non devono arrivare, a quel punto in cui, per esserci arrivato, Paolo Borsellino è stato ucciso, Giovanni Falcone è stato ucciso. Oggi certo i Giudici non vengono uccisi più ma non vengono uccisi più solo per un motivo perchè poi altrimenti lo Stato è costretto... “Salvatore alza fortemente la voce “è costretto ... costretto a fronte di questi assassini ad avere una reazione, in Italia non c'è mai stata una volontà autonoma da parte dello Stato di lottare contro la criminalità mafiosa. Tutte le leggi, tutti i provvedimenti per la lotta contro la criminalità mafiosa sono sempre nati in seguito a stragi, andatevi a prendere tutti i provvedimenti che sono stati presi nella lotta alla criminalità mafiosa vengono tutti in seguito a stragi in seguito ad assassini, poi tutto ritorna alla normalità ed è quello che sta avvenendo oggi. È notizia di ieri che addirittura uno dei pochi assassini messi in galera, assassini materiali non dei mandanti occulti di cui ha parlato prima Giorgio Bongiovanni, uno di quelli che ha partecipato alla strage, gli è stato tolto il 41 bis e il governo invece di pensare a riformare il 41 bis, c'è qualche cosa che non funziona, invece di dare gli strumenti alla magistratura per combattere la criminalità mafiosa, ad uno ad uno, questi strumenti glieli toglie, vedete la legge sui pentiti che a poco a poco è stata snaturata in maniera che praticamente non ci sono più collaboratori di giustizia, e ve ne potrei elencare tante altre ma devo lasciare parlare a persone che sono molto più competenti di me. Prima di finire però  voglio gridare forte che io voglio Giustizia, io pretendo Giustizia, io voglio, voglio che si sappia da chi e perchè è stata sottratta l'agenda rossa e perchè a sedici anni dall'assassinio di Paolo ancora non si possa avere Giustizia su di questo, quando addirittura una persona è stata filmata mentre si allontanava dalla macchina con la borsa in cui sicuramente c'era quell'agenda dentro e nonostante questo quel carabiniere è stato assolto ed è stato assolto addirittura in fase di udienza preliminare dal Gup perchè ha detto che era così sconvolto dall'aver visto i pezzi di Paolo, quel poco che restava dei ragazzi ... Io pretendo che vengano aperte delle indagini!!! Dell'assassinio di Paolo non si sa neanche quale detonatore è stato usato, da dove è stata azionata la carica che ha fatto saltare in aria Paolo e i suoi ragazzi e io pretendo che si facciano indagini anche su di quello, sul fatto che da Castello Utveggio sia stato azionato quel telecomando e al Castello Utveggio c'era un centro del Sisde che non era altro che una copertura del servizio segreto e allora di queste cose si deve indagare. Lo Stato deve dare una risposta a queste cose e a tante altre, deve dare una risposta sul perchè in Via D'Amelio non era stata fatta, come anche la scorta di Paolo aveva richiesto, la zona rimozione, io lo so perchè non era stata fatta, perchè doveva essere messa lì una macchina piena di tritolo e perchè Paolo potesse essere ucciso, ma allora Giammanco, allora quelle persone che dovevano assicurare la sua sicurezza invece di dire che Via D'Amelio non era un obiettivo a rischio, quando Paolo andava tre volte alla settimana nella casa dove mia mamma abitava con mia sorella, allora quelle persone devono pagare, devono essere portate davanti alla giustizia invece di essere promossi e spostati da Palermo con altri incarichi. Io termino qui e vi voglio dire solo una cosa, Rita prima vi ha parlato dell’ulivo che c'è in Via D'Amelio, quell'ulivo ce l'ha fatto piantare nostra mamma, l'ha fatto venire da Betlemme perchè fosse simbolo di Pace, fosse simbolo di speranza, piuttosto che simbolo di odio e di soprafazione, ebbene di quell'ulivo ne ha fatto venire dieci da Betlemme perchè ci ha detto che se ce lo avessero strappato noi ne avremmo dovuto piantare un altro e poi un altro e poi un altro ancora, fino a quando non fosse stata l'indifferenza e la mafia, questo terribile cancro che ci distrugge ad essere strappato e ad essere strappato questa volta fino alle radici”.

Il forte impeto, la rabbia, la sete di una Giustizia che appare tanto lontana fuoriescono dalle parole di Salvatore  Borsellino travolgendoci  tutti ... l'emozione è forte ... i sentimenti contrastanti ... ci uniamo a lui nel profondo desiderio e in tutta la nostra volontà di ottenere Giustizia, di ottenere Verità. La gente in piedi applaude per diversi minuti, Giorgio lo abbraccia forte. Per Anna difficile riprendere le fila del discorso, tuttavia è pronta a presentare il prossimo ospite, il coraggioso, determinato magistrato italiano, Luigi De Magistris, cogliendo il momento per salutare le importanti personalità presenti in sala, il Procuratore Messineo, il Procuratore Caselli, il Procuratore Principato.

La dottoressa Petrozzi chiede al magistrato Luigi De Magistris la Verità “Su di lei e contro di lei è stato scritto tutto, sappiamo che è stata da poco emessa una richiesta di archiviazione che spiega benissimo in realtà cosa è successo, che cosa significa questo processo “toghe lucane”, sappiamo che avrebbe portato sicuramente a scoprire legami molto scomodi, di fatto è solo stata toccata la punta dell'iceberg. Noi questa sera abbiamo detto che vogliamo fare un momento di informazione, quindi vogliamo ascoltare dalla sua voce cosa è successo veramente”. Luigi De Magistris prende la parola: “Per me è molto complicato parlare dopo le parole di Salvatore Borsellino, io sono abituato a parlare in pubblico da molti anni, però oggi, effettivamente, provo una particolare difficoltà a riuscire a ragionare su questi temi perchè apparentemente io oggi sarei uno che deve raccontare una sconfitta personale, io invece non la penso in questo modo, chi mi conosce lo sa e penso che si sia fatto un passo in avanti per certi versi perchè si è costretti a toccare temi, a parlare di quello che è il cuore del problema e che rappresenta il filo conduttore, visto che il tema mi pare molto centrato a quello che voi avete individuato. Però vorrei dire, il fatto di essere qui accanto a magistrati che io ho imparato ad apprezzare appena sono entrato in magistratura, il fatto di interloquire avendo Gian Carlo Caselli di fronte, per me già questa è una vittoria professionale ... lei mi ha detto di dire la verità ma io questa verità non la posso dire pubblicamente perchè sono un magistrato e quella verità l'ho detta, non me l'hanno fatta dire al CSM perchè a loro non interessava, l'ho detta presso l'autorità giudiziaria ordinaria competente, quindi non in televisione ma nelle istituzioni, lei prima ha citato la richiesta di archiviazione di Salerno, quella richiesta di archiviazione di mille pagine contiene il 5 per cento di quello che si sta ricostruendo, quindi io sono convinto che a breve ... perchè credo nella giustizia non posso che crederlo, forse ho un po' più di speranza rispetto a Salvatore, forse perchè sono più giovane e ne ho ancora di più da quando ho sentito parlare Giuseppe prima, di 13 anni, perchè questo è solo un passaggio di testimoni, io sono entrato in magistratura, mio padre era nel concorso di Paolo Borsellino quindi i miei esempi erano Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, mi auguro che questa testimonianza venga portata avanti e quindi si mantenga la linfa...”

Il Giudice De Magistris elenca una serie di personalità delle istituzioni, organi della magistratura, che hanno pubblicamente parlato del suo caso disquisendo i fatti con punti di vista personali e continua “Io, ancora oggi che lo potrei fare, non parlo, in questo vi deludo perchè anche oggi non parlo in un dibattito pubblico perchè penso, non sono tanto stupido, sono antropologicamente diverso da alcune persone, anche da alcuni magistrati”. Il pubblico sorride, un applauso di approvazione e il magistrato segue ringraziando il dott. Ingroia per essere stato uno dei pochi colleghi che con coraggio hanno detto parole di verità anche quando il vento tirava tutto al contrario ... “Credo che oggi non dobbiamo fare l'errore, di fronte un’ altra volta al nemico Berlusconi, la magistratura si compatta tutta ... io non credo che la magistratura sia estranea a quel sistema di potere di cui abbiamo parlato e su questo voglio ricordare un intervento bellissimo di Paolo Borsellino dopo la morte di Giovanni Falcone proprio a Palermo che diceva più o meno così “Forse i principali responsabili della morte di Giovanni Falcone vanno trovati anche all'interno della magistratura” io sono convinto, e questo non lo dico in base a una supposizione o ragionamenti ma parlo per fatti calabresi che sono stati oggetto della mia storia professionale ..., che senza il contributo di una parte della magistratura la criminalità organizzata di tipo mafioso sarebbe già stata sconfitta da un pezzo, di questo io ne sono fermamente convinto e me ne assumo in pieno la responsabilità. Il direttore di AntimafiaDuemila poco fa ha parlato di mandanti esterni, ma sono veramente esterni questi mandanti? ... Io penso che la situazione sia ancora più preoccupante ... io credo che il livello di metastasi interna alle istituzioni sia più grave ... talmente è evidente e forte la deviazione criminale di pezzi delle istituzioni che governano il Paese che rende molto agevole neutralizzare chi invece, per fortuna tanti uomini e donne, remano verso il bene pubblico, questo è il cuore del problema che certe volte spaventa. Si parla di poteri occulti che non significa necessariamente secondo me il ku klux Klan, la massoneria col compasso e i grembiulini è qualcosa di rapporti, di logiche di appartenenza di controprestazioni anche illecite che non sono necessariamente la mazzetta che gira con la valigetta ma anche scambi che spesso sono dati da posti di potere, da nomine, da incarichi anche di tipo istituzionale, questa logica dell'appartenenza ...  ricordo che un giorno una persona, forse pensava di farmi una cosa non gradita invece io l'ho presa come un complimento mi dice – sai qual è il tuo problema? È che tu sei inaffidabile- io dissi -guarda ti ringrazio-, inaffidabile perchè non appartenevo, il fatto è che anche in magistratura purtroppo sta passando questa logica che se non appartieni e quindi sei libero, indubbiamente hai più problemi al di là degli errori che può fare ognuno di noi. Allora noi dobbiamo sicuramente trarre un ottimismo che certo non mi viene dalle parole del collega argentino, perchè se il collega argentino dice che gli argentini sono preoccupati della situazione italiana, se Pier Camillo Davigo dice che dobbiamo avere fiducia perchè prima o poi verranno i caschi blu anche in Italia, questo mi fa preoccupare e mi fa pensare che, visto che sono in attesa di sede, potrei pensare di proporre una sede in argentina se mia moglie è d'accordo ... Salvatore prima ha parlato di quella che è un poco la mia forza e non lo dico per retorica o per prendere un applauso perchè vedo già un grande affetto e quindi non ce ne bisogno, ma il fatto di sentire questo mestiere non deriva soltanto da quello che hai innato e da una passione, fare il mestiere che tu ami ti fa superare qualsiasi difficoltà ... , ma anche dall'esempio, perchè l'esempio è fondamentale. Io quando sono cresciuto in magistratura ho visto quelle persone ... il giorno prima della morte di Falcone io vidi Falcone che veniva a prendere la moglie che stava facendo gli scritti in magistratura ... sono cose che tu ti porti dentro ed è nei momenti di difficoltà che scatta questo seme, quindi penso che se noi continuiamo a fare dei ragionamenti, continuiamo a lavorare e ognuno nel suo piccolo riesce a portare avanti una testimonianza di verità e di giustizia le cose possono cambiare ...  perciò ho deciso, qualunque cosa accada, di continuare questa lotta per il diritto, io così la chiamo, all'interno della magistratura, io sono  convinto che questo possa servire, magari non tanto a me che pago un prezzo alto, ma ad altri. La cosa più grave secondo me di questa decisione del Consiglio della Magistratura non è tanto di aver sanzionato me, che tutto sommato, che difendevo? ... Un posto in Calabria? Non sono neanche calabrese ... ma sotto il profilo dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura cioè un magistrato che da fuori va a lavorare in un territorio intriso di collusioni interne alla magistratura, si crea un consenso forte dell'opinione pubblica, c'è la fila di persone che per la prima volta viene a testimoniare e il segnale che viene dato è “tu vieni punito perchè non hai informato il procuratore che magari era colluso con quell'altro...” tutte cose che stanno venendo fuori ... allora questo è un segnale devastante non solo per quei magistrati che vogliono lavorare ma per la popolazione, quel senso di sgomento e quindi la fiducia non può che ridarla non solo la sensibilità democratica delle persone ma proprio i magistrati, e perciò ho aperto questo intervento dicendo io ho fiducia che la magistratura ristabilisca una parte di verità ... quella parte di magistratura sana, perchè la magistratura è divisa ... ci sono più magistrature, a me non piace sentir parlare della magistratura tutta insieme, tutta compatta, non è così, anzi c'è una parte rilevante di magistratura che va contrastata, ovviamente con gli strumenti previsti dall'ordinamento democratico. Io vi ringrazio di avermi dato questa grande forza, perchè venire qua per me in questi giorni che indubbiamente e oggettivamente non sono stati facili mi danno una grande forza, un grande entusiasmo e una rinnovata capacità di lottare”.

Al forte intervento dell'attesa relazione del Giudice De Magistris seguono le parole di Anna che presenta il prossimo relatore: “Il nostro direttore ha già accennato al libro di recente uscita del dottor Scarpinato e del collega Saverio Lodato “Il ritorno del Principe”, ci preme moltissimo sottolineare l'importanza di questo testo che a nostro avviso contiene molte delle risposte alle tante domande di verità e giustizia che sono state mosse questa sera”.

Il Dottor Roberto Scarpinato prende quindi la parola: .”.. Di fronte allo sfascio morale e istituzionale che è stato descritto da quelli che mi hanno preceduto mi capita di chiedermi che senso hanno avuto le morti di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone e tanti altri come loro ... certo abbiamo inferto duri colpi alla mafia militare, i capi più prestigiosi sono in carcere,  si registrano fenomeni inediti come  la nascita di addio pizzo, alcune prese di posizione della Confindustria ... ma non possiamo certo nasconderci che non ci troviamo dinanzi a fenomeni di massa ma a fenomeni di élite, ad avanguardie culturali, a minoranze ...  intanto in quartieri popolari degradati, dimenticati da Dio e dagli uomini, tranne che nel periodo delle elezioni, continuano ad essere una fucina inesauribile di manovalanza mafiosa, la staffetta tra mafiosi arrestati  che entrano nel carcere e quelli che escono dal carcere per espiazione pena garantisce ... una continuità della presenza del comando mafioso sul territorio... dobbiamo prendere atto che una politica criminale che si limiti a contrastare soltanto la mafia militare è destinata a rivelarsi perdente nel tempo perchè la mafia militare è soltanto il sottoprodotto di un sistema sociale basato sulle ingiustizie, sulla sopraffazione dei prepotenti e dei furbi sui fragili, sulla rapina delle risorse pubbliche destinate allo sviluppo e al lavoro. Quindi se non si attacca alla radice questo sistema di potere, di cui quello mafioso è soltanto un sottoprodotto e una componente, credo che saremo condannati ad una eterna ... guerra tra guardie e ladri che dura dall'unità d'Italia ad oggi con alterne vicende, con il periodo costante che accada quel che accada a un giardiniere che voglia creare un giardino all'interno della giungla, appena il giardiniere si distrae o smette di lavorare, la giungla, espandendosi naturalmente,  riprende il terreno che era stato destinato al giardino. Tutto ciò per dire che se vogliamo interrogarci sul presente e sul futuro della mafia non possiamo fermarci ai soliti Lo Piccolo, Matteo Messina Denaro, Provenzano ... i Lo Piccolo, i Matteo Messina Denaro, i Provenzano di ieri, di oggi e di domani passano, il sistema di potere che li produce resta, questo è il punto ... non possiamo consolarci guardando i pezzi di giardino che abbiamo costruito a prezzo di tanto sangue, dobbiamo anche avere il coraggio, la forza morale di guardare in faccia la giungla che di giorno in giorno cresce intorno a noi, e con l'espressione giungla...  intendo riferirmi all'ormai galoppante degenerazione del potere democratico fondato sul privato della legge in potere autoritario svincolato dal rispetto della legge ... tanto più il potere pubblico si democratizza e si legalizza, tanto più queste forme criminali regrediscono, viceversa tanto più il potere pubblico si assolutizza e si sottrae ad ogni forma di controllo, tanto più mafia e corruzione sono destinate a crescere, quindi questo rapporto di interdipendenza non ci deve mai sfuggire... Ora, non credo di dover spiegare alle persone che sono presenti in questa sala la deriva patologica del potere in Italia, è stata accennata da coloro che mi hanno preceduto, è un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti, alcuni come Giovanni Sartori sul Corriere della Sera ha parlato della trasformazione della democrazia in un sultanato personale ... tutta la Costituzione è sotto scacco, anche nella sua prima parte, quella sui diritti fondamentali, il principio di sovranità non esiste più, i cittadini non possono scegliere i loro parlamentari che sono nominati da un ristrettissimo gruppo di oligarchi nel chiuso delle stanze, non esiste più il principio della separazione dei poteri, il Parlamento non è più la camera dei deputati ma è l'anticamera del governo, è una camera di rattifica di leggi che non sono congegnate e decise nelle commissioni parlamentari ma sono molto spesso pensate in luoghi privati, studi professionali di avvocati di grido di imputati eccellenti, il principio di eguaglianza dinanzi alla legge è stato vanificato, si procede a tappe forzate alla costruzione di un diritto della diseguaglianza, plotone di esecuzione nei confronti degli ultimi della scala sociale, divenuti capri espiatori tutti i beni nazionali e fuori domestici e addomesticati per i potenti e potrei continuare. Alcuni sostengono che in sostanza stiamo assistendo ad una progressiva mafiosizazzione delle forme di esercizio del  potere in Italia come se il metodo mafioso si stesse trasferendo dalle piazze, dalle strade nelle istituzioni ... in decine e decine di processi dal nord al sud quello che viene fuori è l'esistenza di un Italia che sembra un reticolo di associazioni criminali di cui fanno parte esponenti della nomenclatura del potere, le quali operano con metodologie mafiose. Ascoltare le conversazioni che vengono intercettate in questi procedimenti è estremamente illuminante, non si capisce se sta parlando un mafioso con la coppola storta o chi altri e siccome qui c'è il collega De Magistris io vorrei leggervi per esempio una intercettazione che è stata registrata nel corso dell'inchiesta “Why not”. Un colletto bianco riferendosi a De Magistris dice “Ora gliela facciamo pagare, lo dobbiamo ammazzare, no gli facciamo causa civile per risarcimento danni e ne archiviamo la gestione alla camorra napoletana ...”. Il Giudice prosegue citando altre intercettazioni relative ad altre inchieste “L'ascolto di queste conversazioni” ci spiega “è estremamente interessante perchè ci accorgiamo nella diffusione del metodo mafioso all'interno del mondo dei colletti bianchi che cambiano gli strumenti delle intimidazioni, dell'assoggettamento, invece dell'omicidio, della pistola puntata alla tempia si utilizzano altri metodi incruenti ma altrettanto efficaci, vi sono mille modi per distruggere la vita di una persona per piegarla, per gettarla nel discredito ... narcotizzati come siamo tutti quanti dalla borgata mediatica, per cui quella della mafia è una storia di bassa macelleria criminale intessuta di squagliamento di cadaveri e di altre cose di questo genere e dimentichiamo che la descrizione legale del reato di mafia non contempla la violenza materiale e l'uso delle armi, io ve la vorrei leggere se me lo consentite”. Il magistrato legge quindi la definizione: “L'associazione di tipo mafioso, quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione, del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo, di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti, servizi pubblici, per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se o per impedire o ostacolare il libero esercizio del voto e così via dicendo” e continua nell'analisi “nessuno squagliamento di cadaveri, nessuna pistola, questo è il metodo mafioso. La diffusione del metodo mafioso a tutti i livelli, dalle strade alle piazze, ai colletti bianchi, all'esercizio del potere pubblico è una sorpresa soltanto per chi non conosce questo Paese ... perchè solo chi non conosce la storia italiana può credere che il metodo mafioso sia una creatura delle classi popolari, di personaggi come Riina e Provenzano, non è così, il metodo mafioso non lo hanno inventato loro, l'hanno inventato le classi dirigenti di questo Paese”. Il Giudice Scarpinato prosegue con una carrellata storica che ripercorre gli eventi che avvallano la sua teoria e continua “Oggi, così come è avvenuto ai tempi del fascismo ... i sicari, i mafiosi dell'ala militare, gli specialisti della violenza materiale non sono più necessari come prima, il principe può permettersi di praticare la violenza alla luce del sole, ha la forza e il consenso per farlo, che cosa fare, tenere forte su alcuni punti fermi: Giù le mani dalla Costituzione! Fino a quando esisterà quella Costituzione sarà sempre possibile a un Giudice che abbia un minimo di schiena dritta di portare dinanzi alla corte costituzionale una legge vergogna, quando perderemo quella Costituzione io credo che non avremo più nessuna difesa, il secondo punto è chiedere all'Europa  di non lasciare  che questo Paese diventi se stesso, prendetevi cura di noi se possibile commissariateci, fate quello che potete. Per il resto, e qui concludo, chi ha il dono della fede può fare affidamento alla fede ... io che sono un povero laico non posso che fare mia una celebre frase di Francis Scott Fitzgerald  che diceva -Si dovrebbe comprendere che le cose sono senza speranza ed essere tuttavia decisi a cambiarle-”. Un applauso accompagna il termine della bellissima relazione del Giudice Roberto Scarpinato che ha lavorato accanto a Giovanni Falcone ed stato fra l'altro Pubblico Ministero nel processo a Giulio Andreotti per partecipazione in associazione mafiosa. Si è occupato dell'inchiesta denominata "Sistemi Criminali" un'indagine sui legami tra mafia e movimenti eversivi di destra e logge segrete,  attualmente alla Dda di Palermo coordina il pool che si occupa delle misure di prevenzione (ha confiscato milioni di euro a importanti boss mafiosi).

Anna  consegna quindi il testimone al Giudice Antonio Ingroia chiedendogli di spiegare il significato della frase “la seconda Repubblica è nata sul sangue di Falcone e Borsellino” titolo preso in prestito da una sua dichiarazione: “Mi tocca un compito difficile primo dare una risposta alla sua domanda la seconda risollevare il morale della platea dopo l'intervento del mio amico Roberto Scarpinato ... Io non credo che noi siamo di fronte ad un sistema di potere mafioso invincibile, immutabile che si perpetua sempre nello stesso modo, noi siamo di fronte ad un sistema di potere criminale forte che ha contrassegnato la storia del nostro Paese, che ha a che fare con ampi settori della classe dirigente del nostro Paese ma colgo anche delle linee evolutive e positive ed importanti che non dobbiamo neanche noi sottovalutare altrimenti sbaracchiamo ed evitiamo di incontrarci per la decima volta l'anno prossimo. Peraltro ringrazio AntimafiaDuemila per avermi invitato ancora una volta, oramai sono un habitué di questi nostri incontri. Luigi De Magistris prima dell'incontro, è la prima volta che viene a questo nostro appuntamento ricorrente, mi chiedeva che tipo di manifestazione è quella alla quale andiamo oggi a partecipare e io ho detto: è una manifestazione importante, che oramai è diventata sempre più importante di anno in anno, che per certi versi rappresenta un momento cruciale alla fine della stagione, siamo alle soglie del periodo delle ferie in cui si fa un po' il bilancio della situazione ed io credo che è un momento che ci consenta anche di avere il polso della situazione. Ricordo che l'anno scorso parlammo del fatto che c'è il rischio di incontrare sempre gli stessi volti, che fosse quindi un discorso il nostro intervento tra amici e persino forse poco produttivo perchè si trattava di convincere chi non ha bisogno di essere convinto. ... ma anche grazie all'intervento di questo splendido ragazzino che ha costituito questa sua associazione e credo che a parte lui oggi si veda in giro qualche faccia nuova ed il fatto che si sia comunque anche oggi in tanti e con questa sete espressa dalla sua solita energia da Salvatore Borsellino, questa sete di verità e giustizia che c'è nel Paese e anche la sete di legalità che credo si sia espressa anche in Piazza Navona, mi fa essere, non dico ottimista ma fiducioso del fatto che il riunirsi oggi e il lavoro che noi facciamo quotidianamente è tutt'altro che inutile ma ... io credo ci sia una dimostrazione tangibile di questo”. Il Giudice Ingroia citando la frase di Leonardo Sciascia di cui parlava prima il Giudice Scarpinato, Lo stato non può processare se stesso, riferito a quei tempi, sottolinea il suo pensiero  sull'essenza di questa frase spiegandone i motivi: “Io credo che il problema è stato quello che il cosiddetto scontro tra politica e giustizia e i vari progetti di riforma e altri che si profilano all'orizzonte nascono proprio dal fatto che lo Stato ha cominciato a processare se stesso e non solo ha cominciato a processare se stesso portando sul tavolo degli imputati degli uomini appartenenti a quella classe dirigente cui faceva riferimento Roberto Scarpinato ma alcuni componenti di quella classe dirigente sono stati anche condannati, talvolta condannati con sentenza definitiva e taluno addirittura assicurato alle patrie galere. Questo è stato il fatto nuovo degli ultimi venti anni ed è il fatto nuovo che fa si che ci sia  bisogno di una legislazione nuova che estenda l'area di impunità e restringa l'area di punibilità. Un tempo l'area di impunità era estremamente larga, non c'era bisogno della legge perchè c'era la magistratura che assicurava l'area di impunità per i potenti e c'era già una magistratura che applicava la legge in modo disuguale, debole con i forti e forte con i deboli. La magistratura è cambiata, diciamo Paolo Borsellino e Giovanni Falcone arrivano peraltro in un momento anche di maturazione all'interno della magistratura ... per esempio la storia del procuratore di Palermo Costa , ucciso dalla mafia perchè non sostenuto dai suoi stessi sostituti, perchè firmò un famoso ordine di cattura nei confronti della mafia che i suoi sostituti si rifiutarono di firmare ed era solo, e per questo venne ucciso. Paolo Borsellino e Giovanni Falcone riuscirono a costituire un pool, già in una situazione migliore rispetto ai magistrati soli che l'avevano preceduto, un pool che era un manipolo di magistrati dentro un palazzo di giustizia ostile ma ci sono stati poi gli allievi di Falcone e Borsellino che hanno operato in una situazione un po' più favorevole. Non che improvvisamente il Palazzo di Giustizia di Palermo sia diventato il luogo migliore del mondo ma sicuramente il Palazzo di Giustizia dove abbiamo operato noi è stato migliore di quello in cui operò Falcone e Borsellino e questo si è determinato al di là della situazione palermitana, si è andata diffondendo a livello nazionale. Abbiamo avuto una magistratura che ha cominciato ad osare, cioè ha osato processare i potenti, continua ad osare a processare i potenti e quindi in questo senso quella magistratura rappresenta quello Stato che processa altri pezzi anche di quello stesso stato e quindi ecco che non basta più una magistratura che applica la legge in modo disuguale occorre una legge disuguale, occorre un vulnus al principio costituzionale di eguaglianza che si introduce attraverso vari interventi. Leggo sui giornali, e questo è l'altro capitolo, il potere di controllo che bisogna definitivamente circoscrivere, imbavagliare, leggo sui giornali nazionali ultimamente che la magistratura sarebbe soddisfatta così intitolava uno delle più importanti testate nazionali, dopo la modifica della legge blocca processi che dopo aver assicurato sostanzialmente l'approvazione del lodo Alfano è stato revisionato, i titoli sui giornali “magistrati soddisfatti”. Sappiamo che la maggior parte di italiani leggono solo i titoli dei giornali quindi gli italiani oggi pensano che i magistrati sono soddisfatti, io vorrei dire ... che aihmé non ci sono ragioni perchè i magistrati  oggi possano essere soddisfatti, non lo possono essere perchè in corso di accelerata approvazione una legge, la cosiddetta lodo Alfano che secondo illustri costituzionalisti ... costituisce un ulteriore vulnus al principio costituzionale di eguaglianza peraltro con una opportunità rispetto ai processi in corso quantomeno discutibili, non credo che i magistrati possano essere soddisfatti perchè c'è all'orizzonte una riforma delle intercettazioni telefoniche che colpisce nel contempo l'efficienza investigativa e il diritto all'informazione che hanno tutti i cittadini, quel diritto all'informazione che hanno i cittadini al di là del dovere di cronaca dei giornalisti ... che ha consentito a tanti giornalisti di svelare le magagne dei tanti porti delle nebbie del passato e non vorremmo dover ritornare ai porti dalle nebbie dei palazzi di giustizia italiani che è questo quello che si vuole, che si torni a quella magistratura dei bei tempi andati che era pronta ad usare la mano pesante soltanto nei confronti dei deboli e la mano assai leggera nei confronti dei potenti. Dovremo quindi essere soddisfatti, dovremo essere soddisfatti perchè sono stati tagliati i fondi alla sicurezza e alla giustizia, dovremo essere soddisfatti perchè per placare invece l'esigenza di sicurezza dei cittadini si bloccano scorciatoie pericolose come quello dell'impiego dell'esercito nelle città, per non parlare della questione impronte digitali, dovremo essere soddisfatti perchè all'orizzonte non c'è una, che sia una riforma legislativa che intervenga sul vero male della giustizia italiana che è quella dei tempi della giustizia mentre tutte le riforme degli ultimi anni hanno avuto forse non casualmente l'effetto di allungare i tempi della giustizia per poter poi scaricare sulle spalle dei magistrati la responsabilità agli occhi dei cittadini dei tempi lunghi, intollerabili della giustizia stessa. Dovremo essere soddisfatti perchè non si vede all'orizzonte nessuna seria volontà di intervenire in materia appunto di legislazione antimafia, altro che testo unico antimafia, testo unico antiriciclaggio, testo unico anti usura, dovremo essere insomma soddisfatti perchè c'è questa individuazione della magistratura, di questi magistrati sovversivi come obiettivo principale, glorificando, come ricordava Salvatore Borsellino, come eroi, mafiosi conclamati, quando nello stesso momento la camorra torna a sparare, uccidendo imprenditori che in quelle terre si sono ribellati al racket delle estorsioni. La ‘ndrangheta acquisisce un ruolo sempre più di spicco nel mercato mondiale della droga e crea sul territorio nelle collusioni con i poteri pubblici quello stesso modello di sistema di potere criminale e mafioso già collaudato in Sicilia negli anni passati, dobbiamo essere soddisfatti se in tutto questo la mafia siciliana da una parte si dedica sopratutto agli affari, alla mafia finanziaria, alla mafia che torna dai salotti buoni della società siciliana e torna a nuove-vecchie alleanze con la massoneria, dobbiamo essere soddisfatti dunque soltanto perchè si è attenuato il cosiddetto decreto blocca processi e quindi come quel pedone investito da un autocarro che si ritrova all'ospedale e magari deve ringraziare l'autista del tir che gli è saltato addosso soltanto perchè ha frenato all'ultimo metro e non lo ha definitivamente ucciso, io non credo che si possa essere né soddisfatti, né in alcun modo ottimisti sul nostro prossimo futuro ma benché siamo in presenza di notizie che si succedono ogni giorno che non ci danno motivo né di essere soddisfatti, né di essere ottimisti, facevano riferimento Salvatore Borsellino e anche Roberto Scarpinato alle inefficienze e alle insufficienze che vengono da certe scelte, da certe decisioni del consiglio superiore della magistratura, non mi sottraggo ad un tema così spinoso, e in effetti l'occasione della presenza di Luigi De Magistris ci deve anche fare riflettere su alcune singolarità, sulla singolarità comunque della mano pesante che il consiglio superiore della magistratura ha usato contro Luigi De Magistris vittima di un provvedimento di avocazione da parte della procura generale che ha un sapore d'altri tempi rispetto al quale mi sembra che il consiglio superiore della magistratura nulla o poco abbia fatto e quello stesso consiglio superiore della magistratura che come vi ricordava pocanzi Salvatore Borsellino in nome di discutibile logiche correntizie di schieramento ha deciso sostanzialmente sull'altare delle logiche di correntizie di schieramento di sacrificare il nome, la storia personale e la storia professionale di un uomo come Alfredo Morvillo che era destinato al posto che fu di Paolo Borsellino. E voglio dire, sicuramente pare una beffa ma non è una beffa che la decisione sia venuta proprio in questi giorni che si ricorda via D'Amelio. Certo non ci sono ragioni e motivi per essere soddisfatti ma ciò nonostante io colgo quelle linee di evoluzione che dicevo, indagini come quelle che si sono fatte, processi come quelli che si sono fatti a Palermo negli anni '90 e che hanno portato non soltanto ad arresti dei latitanti ma a portare alla sbarra potenti, talvolta ottenendone la condanna, sono fatti inediti, indagini come quelle che abbiamo visto in altre parti d'Italia ... sono cose che dimostrano che c'è una parte dello stato, ma voglio dire c'è una parte dell'Italia, che in nome di quella sete di Verità e Giustizia è disposta ad applicare il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge senza ammettere eccezioni. Io credo che quell'Italia che rappresentate anche voi e i tanti Italiani che erano ad esempio in piazza Navona sia una dimostrazione che c'è un'Italia che ci crede e c'è un Italia che ha soltanto bisogno di avere voce e rappresentanza, ma questo non compete ad un magistrato. Grazie”. La relazione del dottor Ingroia, delfino del Giudice Paolo Borsellino, termina tra gli applausi del pubblico. Il Giudice Antonio Ingroia ha lavorato accanto a Paolo Borsellino, è stato fra l'altro Pubblico Ministero nel processo al senatore Marcello dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa (condannato in I° grado a 9 anni) e nel processo a Bruno Contrada per concorso esterno in associazione mafiosa, attualmente è Pm nel processo a Salvatore Riina per l’omicidio di Mauro De Mauro. La caporedattrice del giornale AntimafiaDuemila dando la parola alla rappresentanza politica presente tra i relatori, l'onorevole Giuseppe Lumia, si riallaccia alle parole del Giudice Ingroia precisando che la società civile è chiamata a fare la sua parte ma sottolineando  la seria difficoltà ad individuarne una rappresentanza all'interno della politica e da questo la disillusione e la delusione dei cittadini: “Noi da sempre” continua “apprezziamo il suo lavoro, lei è rimasto uno dei pochi credibili ancora, per quanto riguarda le questioni della lotta alla mafia e anche altri temi importanti quindi ci serve sapere il suo punto di vista, visto che lei siede dall'altra parte della barricata, se così la possiamo chiamare, spesso in compagnie non commendevoli, se così le possiamo chiamare”. Il Senatore Giuseppe Lumia prende quindi la parola esponendo al pubblico, ancora numeroso in sala, l'ultima relazione “ Mi capita spesso, quando vado in giro per la Sicilia e per il nostro Paese, di ascoltare appunto affermazioni di questo tipo -Grazie Lumia, meno male che ci sei, sei uno dei pochi- e una normale reazione umana dovrebbe un po' compiacersi, vi dico la verità, non mi compiaccio per niente, perchè questo è appunto il segno di una sconfitta della politica, è il segno del limite grave in cui versano oggi le nostre istituzioni democratiche ma è il segno ancora più grave di una assenza di respiro progettuale... è un'occasione preziosa questa, per fare anche questo lavoro di scavo, di messa a punto, di verifica, anche spietata se necessario”. L'onorevole Lumia si sofferma su due differenti modi di individuare la mafia: la mafia è un male derivato oppure la mafia è un male in se, “Se la mafia è un male derivato” dice  “è chiaro che possiamo mettere tra parentesi il lavoro fatto in questi anni e possiamo senz'altro sospendere un'azione mirata, progettuale, specifica contro la mafia e naturalmente dedicarci a questi grandi mali mondiali che dovremo risolvere prima di occuparci nel nostro Paese di questa presenza mafiosa. Poi noi in Sicilia siamo bravissimi a fare una lettura e una traduzione nostra storica di questo approccio, l'imprenditore perchè deve denunciare oggi? E un male derivato! E' il sistema, spiegano, è così, è stato sempre così,  cambiate il sistema e non pago più. Libero Grassi sfatò e mise in crisi questo approccio  ... dicendo -io non pago e tu imprenditore non devi pagare – e fu una cosa che mise in crisi il sistema industriale e la soluzione fu eliminare Libero Grassi perchè nel mondo del sistema delle imprese sfidò i suoi colleghi sostenendo che la mafia era un male in se” prosegue il Senatore con gli esempi del lungo lavoro di Falcone e Borsellino e dei grandi risultati ottenuti perchè avevano considerato la mafia come un male in se. Certo, specifica il Senatore, che comunque è un male derivato ma chiarisce che considerandolo tale si rischia di vanificare tutti gli sforzi fatti, tutti i risultati ottenuti fino ad oggi. Prosegue parlando della cosiddetta primavera di Palermo, il Palermo del dopo stragi dove vi fu una forte  reazione della società civile, un forte desiderio e una forte volontà di cambiamento. “Ci fu una reazione magnifica perchè si saldarono due componenti qui in Sicilia, la capacità di rompere i giochi della politica e della cultura siciliana e quindi avere un punto di vista che narrava un altra Sicilia, la primavera di Palermo fu questa, potere sognare, immaginare, immettere nelle nostre vene un altra idea di società, un altra idea di regolare i rapporti tra gli uomini, un altra idea di essere cittadino nel rapporto con le istituzioni, un altra idea di essere classe dirigente dentro le istituzioni democratiche ... osare altro ... si ottennero dei risultati ma ci fu un limite non sapemmo coniugare la dimensione della legalità con quella dello sviluppo ... legalità e sviluppo insieme, questa è la sfida che oggi abbiamo per avere una moderna antimafia. Anzi si pensa che chi come me accentua eccessivamente la lotta alla mafia rischia di essere una pietra d'inciampo ... facciamo un esempio sulla necessità di costruire alleanze ma per esempio potrei diventare una pietra d'inciampo se bisogna fare un alleanza con Cuffaro, lì divento un problema e quindi se si accentua questa dimensione è chiaro che posso diventare un ostacolo, tant'è vero che appunto per poco non ci si riusciva e non venivo neanche candidato”. Un applauso sostiene la serietà e il difficile compito del Senatore Lumia. “.. stiamo insieme e costruiamo insieme ... non ci dimentichiamo che la mafia è un soggetto economico finanziario tra i più importanti delle nostre società se è vero che per difetto mobilita un fatturato di 100 miliardi l'anno, ma di cosa stiamo parlando? ... la mafia storicamente mette avanti il lato che gli conviene, quello militare, quello economico finanziario, quello politico, quello culturale ...  L'antimafia deve imparare a fare  sistema altrimenti non può stare al passo con la capacità sistemica che le mafie hanno, si deve unire chi fa antimafia militare, politica, culturale ... dobbiamo passare dall'antimafia del giorno dopo, all'antimafia del giorno prima e questo si può fare solo se questa diventa una grande priorità. Allora all'interno della politica la selezione delle classi dirigenti ... si deve misurare attraverso questo grande criterio, è una priorità la lotta alla mafia? SI. Bene Consenso, sostegno sei un buon dirigente. Non è una priorità la lotta alla mafia? Mi dispiace non sei un buon dirigente non meriti il mio consenso non penso che puoi avere la mia fiducia. Proviamo a organizzare un rapporto valutativo con la politica attraverso questo criterio e vediamo cosa esce fuori... Fino a quando non regoleremo i conti con le stragi, questa seconda Repubblica non avrà la forza, l'energia ... per organizzare una nuova fase della vita democratica del nostro Paese, dobbiamo fare i conti anche con l'agenda rossa, dobbiamo fare i conti anche con i servizi che erano a Monte Pellegrino ... deve fare i conti la magistratura e mi auguro che la magistratura siciliana abbia il coraggio di fare quello che ha fatto la magistratura di Milano sul caso Abu Omar, di andare a sequestrare con atto giudiziario le carte dentro i servizi, per stabilire cosa realmente lì c'era o non c'era. E mi auguro e mi batterò, e qui c'è in gioco la mia responsabilità, di fare in modo che la Commissione Parlamentare Antimafia, ha ragione qui Roberto, abbia il coraggio che ha avuto una volta, e non lo cito perchè in quel momento ero presidente, quello che ha saputo fare con il caso Impastato, quando per la prima volta nella storia della nostra democrazia la commissione antimafia accertò con la sua autorevolezza, con i suoi vasti poteri di indagine che lì ci fu depistaggio e quindi per la prima volta nella storia della nostra democrazia si seppero individuare le responsabilità politico istituzionali, al di là di quelle penali che spettano appunto alla magistratura individuare. È una sfida aperta. Forte. Ognuno la giochi dove si trovi. C'è lavoro e fatica per tutti”. Il Senatore Lumia termina così la sua relazione, sempre impegnato nella lotta contro la mafia, è stato Presidente nella Commissione Parlamentare Antimafia, su di lui era stato progettato un attentato mafioso che per fortuna non è stato portato a termine, oggi senatore del partito democratico eletto in Sicilia. La capo redattrice Anna Petrozzi passa la parola al direttore di AntimafiaDuemila per la chiusura della serata.
Giorgio Bongiovanni ringrazia il pubblico e chiude il convegno con una provocazione che ha il sapore della difficile realtà che si sta vivendo nel nostro Paese “Non so se la magistratura potrà fare quello che Giuseppe Lumia ha chiesto, soprattutto se nomineranno il “saggio” Cossiga come quello che deve fare la riforma della giustizia, penso in questo caso che i magistrati non potranno fare niente. Grazie e un abbraccio a tutti”.

E' oramai quasi mezzanotte, Giorgio insieme ai relatori e tutta la redazione di AntimafiaDuemila si recano a cena durante la quale si approfitta per proseguire e approfondire i delicati dialoghi sul tema trattato nel corso dell'incontro. Abbiamo il grande piacere di salutare il carissimo Manfredi Borsellino venuto con la moglie Valentina alla conferenza con il quale Giorgio si dà appuntamento per il giorno successivo dove lo incontreremo nell'aula magna del Palazzo di Giustizia per la manifestazione dell'Associazione nazionale magistrati, alla commemorazione della strage di via d'Amelio.

In questa sede, il giorno dopo, Giorgio presenzia alla relazione del Presidente dell'Associazione Magistrati e di altri Sostituti Procuratori dove abbiamo il piacere e l'emozione di ascoltare il Pm Antonino di Matteo, amico di Giorgio dall'inizio della nascita di AntimafiaDuemila. Antonino Di Matteo è stato fra l'altro Pubblico Ministero nel processo per la strage di via d'Amelio che è costata la vita al giudice Paolo Borsellino e ai 5 agenti della sua scorta, si è occupato della prima fase dell'inchiesta sull'ex presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro (condannato recentemente a 5 anni per aver favorito singoli mafiosi), attualmente è Pm nel processo che vede alla sbarra il generale dei carabinieri Mario Mori e il colonnello Obinu per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995. Il Giudice Di Matteo ricorda, durante il suo intervento, i suoi primi anni in magistratura, l'indelebile ricordo dell'entusiasmo e dell'emozione del primo incontro con Paolo Borsellino e via, via il succedersi degli avvenimenti che coinvolsero anche la sua vita, la sensazione di sgomento e di angoscia nel momento che apprese la notizia della strage. Un magistrato retto e trasparente che racconta nel corso degli anni come le istituzioni abbiano rallentato il passo, addirittura retrocedendo e bloccando il procedere di inchieste nel procinto di giungere su piani troppo alti. “Mi chiedo che Paese è quello in cui la gran parte dei cittadini viene privata della conoscenza di fatti gravissimi emersi nel corso di indagini e processi sulla strage...
Abbiamo apprezzato l’effettiva indipendenza dal potere politico e da ogni altro potere, non nell’indipendenza soltanto declamata, l’indipendenza vissuta giorno per giorno con comportamenti concreti. Ho costatato la capacità di spiegare trascinando i più giovani che la lotta alla mafia non era affare esclusivo di magistrati e poliziotti ma doveva essere, com’è e deve essere, una lotta di popolo, una lotta di libertà e riscatto che deve coinvolgere tutti... Abbiamo scoperto e apprezzato sempre più in Paolo Borsellino il rifiuto di ogni forma di compromesso o furbo tatticismo... La grande lealtà nei confronti di tutti, colleghi, avvocati, collaboratori, perfino imputati che da molti, ne sono convinto, era interpretata anche come ingenuità del giudice Borsellino ma in realtà era l’espressione consapevole del suo essere, l’espressione consapevole e fiera del suo voler essere sempre comunque leale, diretto, chiaro ... Nonostante a molti non convenga Paolo Borsellino era questo. Era un magistrato che con la passione e il rigore morale che lo contraddistinguevano rappresentava il concretizzarsi del principio costituzionale della “legge uguale per tutti”. Principio oggi sempre più apertamente messo in discussione ... È a mio parere evidente l’intento di larga parte della politica di limitare il doveroso controllo di legalità della magistratura verso una ben individuata categoria di fatti in reato che non comprende i reati dei cosiddetti colletti bianchi. È a mio parere palese il tentativo di trasformare il Pubblico Ministero in un fedele impiegato dello Stato che deve indagare solo nelle direzioni indicate dal potere esecutivo di turno e solo quando il potere esecutivo di turno lo ritenga opportuno. Senza retorica io sono convinto che il vero rispetto del sacrificio di chi è morto credendo in valori oggi così violentemente messi in discussione, ci imponga l’assunzione di precise responsabilità, imponga a noi magistrati scelte precise, chiare e nette ... Ci impone di resistere con tutte le nostre forze ad una strisciante rassegnazione e demotivazione che comincia forse a serpeggiare e che rischia di pervadere la nostra categoria ... Ci impone a mio parere di non restare silenti per paura o per convenienza di fronte al tentativo di sovvertire o eludere i fondamentali principi costituzionali dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge ... Ci impone di preservare la nostra vera autonomia, quella che Paolo Borsellino viveva ogni giorno con i suoi comportamenti concreti, evitando noi stessi qualsiasi forma di collateralismo politico ed evitando perfino ogni condotta che possa fare semplicemente sospettare situazioni di questo tipo... Sono convinto e mi rivolgo in questo senso anche a Manfredi Borsellino, Rita Borsellino e a tutti i familiari di Paolo Borsellino, che noi possiamo continuare ad indossare con dignità e fierezza la stessa toga di Paolo Borsellino solo se ci comporteremo come lui si sarebbe comportato in questo particolare momento storico”.
Lasciamo la città di Palermo, una città al fronte, dove si combatte la guerra in prima linea, con nel cuore le parole e l'esempio della vita di questi uomini giusti, con nel cuore la famiglia di Paolo Borsellino, con il desiderio sempre più forte di voler combattere questa guerra sapendo che questa volta l'esito sarà diverso. Perchè non saranno soli.


Sonia Alea
Sant'Elpidio a Mare, 17 agosto 2008