Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024

Indice articoli

 
Etica del potere

Gli studiosi di economia e finanza italiana, nonchè i maggiori protagonisti, raccontano che la finanza cattolica, ribattezzata finanza bianca, nacque per contrastare l'ascesa e il potere della finanza laica massonica.
In effetti in Italia il concetto stesso di sistema bancario giunge in netto ritardo rispetto al resto d'Europa. Come spiega il già citato ''Finanza Bianca'' di Giancarlo Galli, quando si decreta l'unità d'Italia nel 1861 con capitale Torino, Cavour è costretto a finanziarsi dagli Hambro e dai Rotschield per costruire la rete ferroviaria.
Sarà poi Giolitti a fondare la prima Banca Commerciale Italiana nel 1894 avvalendosi comunque della professionalità di due banchieri israeliti mitteleuropei: Otto Joel e Federico Weil. La banca infatti nasce consorziando 6 banche tedesche, 3 svizzere, 3 austriache e 2 francesi.
Il sistema bancario italiano è in questo periodo - scrive Galli - ''un complesso intreccio di alleanze, di solidarietà, d'interessi, in cui sono pienamente coinvolti i potentati finanziari internazionali, con i loro addentellati ebraici nonchè, per diffusa convinzione, massonici''.
Ed è proprio per contrastare ''lo strapotere finanziario laico-massonico'' che nasce il Banco Ambrosiano e con lui il presunto dilemma dei cattolici tra Dio e dio denaro.
In effetti le distinzioni nette non sono la caratteristica principale del mondo cattolico, persino questa pretesa presa di distanza dall'oscura massoneria.
Benchè il canone 2335 del Codice di Diritto Canonico decreti che nessun prelato possa essere affiliato alla massoneria, la storia racconta altri fatti.
Al centro dell'attenzione torna ancora il cardinal Marcinkus. Secondo quanto denunciato dal giornalista Mino Pecorelli sulla sua temutissima rivista ''OP, osservatorio politico'' il 21 agosto 1967 l'atipico presidente dello Ior è entrato a far parte della massoneria con il numero di matricola 43/649 con il soprannome di Marpa. In una lista pubblicata il 3 novembre 1978 il suo nome appare affiancato a quello di Jean Marie Villot, segretario di stato della Santa Sede (matricola 041/3 soprannome Jeanvi), Agostino Casaroli, capo del Ministero degli esteri della Santa Sede (matricola 41/076 soprannome Casa), Sebastiano Baggio, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano (matricola 85/2640 soprannome Seba), Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Palermo (matricola 234/07 soprannome Salpa), don Virgilio Levi direttore dell' ''Osservatore Romano'' (matricola 241/3 soprannome Vile), Roberto Tucci, direttore della radio Vaticana (matricola 42/58 soprannome Turo) e il braccio destro di Marcinkus Donato De Bonis (matricola 321/02 soprannome Dondebo).
Quest'ultimo rimarrà dominus incontrastato della finanza vaticana anche dopo l'era Marcinkus e considerato il vero antagonista occulto di Angelo Caloia nel suo progetto di riformare la banca vaticana.
Sottolinea infatti Galli: ''Aveva l'ufficio più bello e ci passavano personalità più diverse. Era di casa monsignor Fiorenzo Angelini, ora cardinale, Francesco Cossiga lo chiamava Donatino, Giulio Andreotti lo teneva in massima considerazione. Monsignor De Bonis aveva rapporti con tutta la Roma che contava, politica e mondana. Aristocratici, finanzieri e artisti come Sophia Loren. Questo spiegherebbe perchè fra i conti accesi presso la banca si trovassero anche quelli di personaggi laici che dovettero confrontarsi con la giustizia italiana. Doveva bastare un cenno del monsignore per aprire un conto presso l'istituto vaticano, più riservato di quelli svizzeri, una sorta di paradiso (finanziario e fiscale) in terra...''.
L'accusa di appartenenza del gotha del Vaticano alla massoneria non provocò alcuna reazione da parte della Santa Sede che, sempre senza preoccuparsi di smentire alcunchè e nemmeno di fornire spiegazioni, relegò l'intera faccenda nell'elenco delle dicerie malevole.
Sta di fatto che Mino Pecorelli fu assassinato il 20 marzo dell'anno successivo e che gli eventi che coinvolgeranno lo Ior confermeranno, almeno in parte, le inquietanti e sempre puntuali informazioni del giornalista.
L'ombra della massoneria infatti si estende sin all'interno delle più segrete stanze vaticane. Rendina sostiene che Umberto Ortolani stratega della loggia P2 di Licio Gelli a metà giugno del 1963 mise a disposizione del cardinale Giacomo Lercaro una delle sue ville di Grottaferrata dove si sarebbero riuniti una serie di vescovi che sostennero la candidatura, poi vincente, del cardinale di Milano Montini, Paolo VI.
È poi ormai provato da anni e anni di indagini condotte accuratamente da ultimo dal sostituto procuratore Luca Tescaroli che Sindona e Calvi strinsero il proprio sodalizio criminale proprio tramite Gelli e che, attraverso i comuni collegamenti con la massoneria e l'alta finanza, nelle casse vaticane e ambrosiane circolavano i soldi della mafia.
Nella Cisalpine Overseas Bank, fondata da Calvi, Sindona e Marcinkus alle Bahamas, e nel cui consiglio di amministrazione figura Licio Gelli vengono infatti stoccati i fondi neri e riciclato il denaro sporco. Un procedimento, questo del riciclaggio, che avviene in tre tempi secondo quanto scrive il giudice Ferdinando Imposimato che a lungo ha indagato su questi temi: ''Per primi i capitali della mafia, di partiti politici e grandi industrie sono versati nelle banche di Sindona. In un secondo momento passano allo Ior, che trattiene gli interessi, e quindi vengono trasferiti, con l'aggiunta di soldi della Santa Sede, nelle banche estere di Sindona, la Franklin Bank di New York e le sue filiali alle Bahamas e a Panama''.
Imposimato pagherà molto caro il suo coraggio con l'assassinio di suo fratello Francesco ad opera della banda della magliana, coinvolta in tutta la vicenda, l'11 ottobre 1983.
Il denaro sporco viene utilizzato per precisi scopi: il finanziamento di governi dittatoriali a seconda delle esigenze politiche e la compravendita di beni immobili.
Secondo più fonti e inchieste tra cui quella del giornalista Paolo Ojetti, pubblicata sulla rivista Europeo, l'immenso patrimonio della chiesa che occupa circa un quarto di Roma, come abbiamo avuto modo di constatare nelle pagine precedenti, deriva perlopiù dalle transazioni illegali di mercato degli anni Settanta. La Santa Sede quindi, sintetizza Rendina, attraverso lo Ior e il denaro sporco gestisce quella che risulta essere in fondo l'impresa più legale perchè apparentemente compiuta alla luce del sole, ovvero la compravendita di immobili dentro Roma. Che come abbiamo visto non pagano tasse o vengono assegnati a nomi di comodo di enti religiosi alcuni dei quali nascono e muoiono nel giro di pochi anni mentre altri diventano lucrosi affari.
Quando papa Wojtyla ad Agrigento nel 1993 condannò con parole molto severe i mafiosi scomunicandoli - racconta Marino Mannoia - i boss, che portavano i loro soldi in Vaticano -si risentirono e maturarono così l'idea di far esplodere le bombe vicino alle chiese romane.
Al progetto stragista di quegli anni Cosa Nostra avrebbe agito in concertazione con altre entità compresa la massoneria da intendersi non tanto come deviata o meno, ma proprio come luogo di incontro tra soggetti che rappresentano determinati poteri ed interessi disposti a ricorrere a qualsiasi mezzo pur di raggiungere il proprio fine.
E allora è lecita la domanda: può essere concepibile una funzione etica del potere?
Negli esclusivi club dei decisori sono sicuramente convinti di sì anche perchè a muovere le pedine sono loro stessi.
Lo sbandierano ai 4 venti le migliaia di militanti di Comunione e Liberazione che accolgono sempre in festante tripudio al gran raduno di Rimini il senatore a vita Giulio Andreotti, il ''grande statista'' che, come ha definitivamente confermato la Cassazione, trattò con la mafia anche al prezzo della vita di Pier Santi Mattarella. Non sono da meno i cosiddetti Memores Domini, braccio d'acciaio di Cl, di cui un illustre rappresentante, il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni, è finito al centro di uno scandalo per le presunte irregolarità dell'operazione delle Nazioni Unite Oil for Food, petrolio in cambio di cibo durante l'embargo Iracheno, diventata la solita ghiotta occasione per far fioccare mazzette.
Ne era certo anche Escrivà de Balaguer che all'interno dell'Opus Dei ha raccolto il fior fiore dei protagonisti della storia politica-economica contemporanea d'Italia e d'Europa.
Se in linea teorica qualsiasi cosa sia indirizzata per il reale bene comune possa rispondere ai dettami cristiani i ''frutti'' in base ai quali si dovrebbe giudicare dimostrano che si è molto lontani dall'ottenere un tale risultato anche quando ci si impegna con le migliori intenzioni.

Silenzio e Follia

Gianmario Roveraro era un uomo riservatissimo.
Sovrannumerario dell'Opus Dei aveva fatto del riserbo e della discrezione il tratto distintivo della propria vita privata e professionale.
Serio, rigoroso e intelligente viveva la sua ambizione in modo misurato e accorto. Campione di atletica, che dovette abbandonare per un infortunio, dedicò la sua vita ad esplorare i settori più avveniristici del mondo della finanza. Nella sua lunga carriera si misurò con concorrenti italiani e esteri concedendosi qualche azzardo e correndo i rischi del mestiere. A volte perse, a volte vinse, ma il suo operato non andò mai sopra le righe. Sebbene operasse in un ambiente spregiudicato era da tutti considerato affidabile e si era guadagnato il rispetto di amici e nemici. Per questo la sua tragica ed efferata morte appare ancora più misteriosa.
La sera del 5 luglio 2006, due notti prima della finale dei mondiali di calcio tra Italia e Francia, Roveraro sta rientrando a casa dopo una riunione dell'opera. Fa ancora molto caldo nonostante siano le 21:30 di sera. Mentre cammina lentamente cercando di prendere un po' d'aria due uomini lo colpiscono alla testa e lo caricano su un'auto, una Fiat Doblò e, legato, lo portano in un casello idraulico in una frazione di Albareto vicino Modena.
I sequestratori non sono professionisti. Sono Filippo Botteri, Marco Baldi ed Emilio Toscani. La mente del sequestro è il primo e le versioni di quanto racconterà sono al centro del mistero.
Botteri e Roveraro si conoscono bene. Fino a poco tempo prima avevano lavorato insieme ad un affare importante che però era andato male. Roveraro aveva perso 300 mila euro provenienti dai conti personali della famiglia e come per ogni difficoltà che aveva dovuto affrontare nella vita aveva reagito con compostezza. Per Botteri invece la questione era molto più grave e complicata.
Giovane imprenditore parmense, figlio di un'importante donna d'affari, Laetitia Botteri, e di un padre che non ha mai conosciuto se non in tarda età vede in Roveraro un punto di riferimento e un'ottima occasione di successo e riscatto da una gioventù inconcludente e un po' scapestrata.
L'occasione viene dall'Austria dove il finanziere, uno dei due soli in Italia in grado di farlo, sperimenta una nuova formula economica: l'Mtn, il Medium Term Notes.
In pratica si tratta di un complesso e delicato sistema di piccoli investimenti che grazie alla ''leva finanziaria'' rendono notevoli guadagni in un tempo abbastanza limitato.
Botteri è entusiasta dell'opportunità offertagli da Roveraro e si prodiga per rastrellare quanti più investitori possibili. Grazie alla fiducia di cui gode negli ambienti altolocati della sua zona investe e fa investire circa due milioni di euro.
Dopo non molto tempo è chiaro che qualcosa non va. I ritorni sperati non ci sono, anzi si necessitano ulteriori capitali. Che sia Roveraro che Botteri versano, ma la situazione non fa che aggravarsi e il giovane imprenditore comincia a subire le pressioni dei suoi creditori che vogliono vedere i risultati delle proprie esposizioni.
Nel racconto dello stesso Botteri il denaro che doveva essere investito in Austria veniva ritirato da due emissari di Roveraro che venivano a prendere le banconote, le infilavano nelle 24 ore e le trasportavano oltre confine. Ai due, conosciuti come Gianni e Claudio e nulla più, il giovane emiliano aveva consegnato 3 miliardi di lire e 800 milioni di sua proprietà senza avere in cambio alcuna pezza di riscontro, ovviamente. Si fidava, erano uomini di Roveraro.
Per questo quando capisce di non poter più venire in possesso dei suoi investimenti e soprattutto di quelli di tutti coloro cui aveva proposto l'affare garantendo personalmente Botteri ritiene Roveraro responsabile del suo tracollo.
Così pianifica il rapimento con l'aiuto dei due complici, semplici amici che aveva aiutato in passato e che volevano restituirgli il favore. Del resto si trattava di ottenere dal finanziere due milioni di euro in riscatto e basta.
Ed è qui infatti che si ferma il racconto di Baldi e Toscani poichè il drammatico epilogo è tutto solo nelle parole di Botteri. Che confessa in un primo momento di aver portato Roveraro in aperta campagna per chiarire definitivamente i loro accordi e cercare di avere indietro il proprio denaro. Roveraro però ad un certo punto lo avrebbe minacciato di fargliela pagare e quindi Botteri, persa la testa, gli avrebbe sparato un colpo alla nuca. L'orrore non finisce qui. Il giovane infatti sarebbe poi tornato sul luogo del delitto aiutato dai suoi complici e con il macete avrebbe fatto a pezzi il cadavere del finanziere per poi sparpagliarne i pezzi in sacchi neri tra i campi. L'uso del condizionale in questa ricostruzione è d'obbligo poichè il reo confesso ha fornito più di una versione dei fatti. Dopo numerosi interrogatori rivela ai magistrati che il finanziere sarebbe stato d'accordo a farsi sequestrare. Di fronte all'incredulità dei magistrati e persino dei suoi avvocati che già si erano occupati del finto sequestro Sindona sostiene che Roveraro si trovava in una situazione difficile che non gli aveva mai spiegato nei dettagli, ma che aveva necessità di creare una situazione in cui costretto poteva fare delle rivelazioni compromettenti.
''Siccome lui era un cattolico fervente e convinto fino al limite dell'integralismo lui praticamente aveva appoggiato qualcosa per motivi che non mi ha mai detto...era tormentato dal dilemma...da un'ossessione''...
Il dramma invece si sarebbe scatenato quando Roveraro improvvisamente gli disse di non volerne fare più nulla e anzi gli avrebbe detto: ''Non me ne frega più niente, voglio andare a casa, vi rovino tutti''. Botteri, preso da un raptus di rabbia, gli avrebbe così sparato.
I magistrati non crederanno mai a questa versione che però il giovane assassino continuerà a difendere strenuamente.
Per quanto non possa considerarsi attendibile vanno ricordate le parole della moglie di Roveraro Silvana Canepa che nonostante le telefonate rassicuratrici del marito capì subito che qualcosa non andava, dato che mai prima di quel momento Gianmario aveva tenuto un comportamento così inspiegabile e fuori dalle sue rigidissime abitudini.
Nel processo esplorativo delle possibili ipotesi i magistrati non hanno lasciato nessuna pista impraticata. A partire da una dichiarazione rilasciata da Todescato, uno degli attori dell'affare Austria, secondo cui Botteri gli avrebbe confidato che Roveraro riciclava i soldi della mafia in Sicilia. In una precedente dichiarazione invece il riciclaggio sarebbe avvenuto per conto della stessa Opus Dei.
Non si è trovato nessun riscontro ad un'accusa così pesante se non il fatto che il finanziere si era occupato della liquidazione del gruppo immobiliare Rappa a Palermo. Vincenzo e Filippo Rappa sono indagati per riciclaggio del denaro per conto di capimafia del calibro di Raffaele Ganci, Francesco Madonia e Giovanni Brusca.
Questo lavoro aveva causato non poche angosce in Roveraro che addirittura aveva lasciato l'incarico prima di portarlo a termine. Mentre ancora non si è accertato il reale quadro in cui è maturato il delitto, Botteri, dichiarato in grado di intendere e volere, è stato condannato all'ergastolo con isolamento diurno per 8 mesi nel dicembre del 2008.

La perversione del potere

''Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!'' (Mt 18, 6-7)
Con tutto il suo portato di storia secolare e pesanti fardelli la Chiesa Cattolica si presta ad affrontare le nuove sfide del millennio.
Si può dire che il ventesimo secolo per la religione cattolica si sia concluso con la spettacolare veglia in mondo visione che ha riunito tutti i fedeli al capezzale di Giovanni Paolo II (Wojtyla 1978-2005) fino all'ultimo respiro. Il vaticano illuminato da migliaia di candele è stata l'ultima scenografia di grande effetto costruita attorno ad un papa molto criticato in gioventù, ma osannato come un santo negli ultimi anni della sua vita.
L'inizio stesso del suo pontificato è contrassegnato da un mistero, la morte del suo predecessore, papa Giovanni Paolo I (Luciani 1978), rimasto al soglio pontificio per soli 33 giorni. Deceduto in seguito ad arresto cardiaco -sostiene la versione ufficiale -avvelenato, affermano con certezza storici e investigatori che individuano il movente del delitto nella ferma intenzione del pontefice di attuare alcune riforme nette all'interno del Vaticano a partire dai vertici dello Ior.
Papa Wojtyla invece non solo lasciò intatte le gerarchie vaticane ma, come abbiamo visto, si avvalse delle spericolate relazioni di monsignor Marcinkus per contrastare il minaccioso espandersi del comunismo con ogni mezzo.
Scongiurato il pericolo, la biografia di questo papa si è tinta di ''gesta eroiche'' come il già citato richiamo alla conversione dei mafiosi ad Agrigento e ha adombrato eventi tragici come la condanna della teologia della liberazione e l'appoggio alle feroci dittature latinoamericane.
Uno dei maggiori accusatori di papa Wojtyla, il celebre scrittore inglese David Yallop, nel suo recentissimo libro ''Habemus papam'', ricorda di quando Wojtyla si affacciò al balcone per benedire la folla in compagnia dei sanguinari Videla e Pinochet, mentre padre Romero e i tanti preti e suore che si schieravano dalla parte dei più indifesi venivano assassinati in silenzio.
Yallop non esita a definire Giovanni Paolo II un grande attore (come in effetti da giovane era), un uomo di grande carisma, l'ideale per architettare una perfetta operazione di marketing.
''Tutti ricordano la sua immagine -spiega alla giornalista della rivista argentina ''Noticias'' Liliana Morelli -ma nessuno i suoi discorsi. L'uomo era amato, il messaggio ignorato.'' Secondo lo scrittore i cattolici che seguono le sue prescrizioni di fede in fatto di aborto, divorzio, contraccezione e altri temi di estrema attualità sarebbero ben pochi rispetto a coloro che ne conservano nella memoria un'icona misticheggiante.
Il processo di beatificazione di Giovanni Paolo II è stato avviato immediatamente dopo la sua morte e sono innumerevoli e continui i racconti che attestano di eventi miracolosi legati alla sua persona. A contribuire all'edificazione della beata figura, secondo Rendina, sarebbe stato utilizzato anche il terzo segreto di Fatima e la sua presunta rivelazione rilasciata in pompa magna nel 2000 dalla Congregazione della dottrina della Chiesa presieduta da Ratzinger.
La visione di Lucia, tenuta occulta per decenni in violazione della espressa richiesta della Vergine che chiedeva di renderla nota nel 1960, sarebbe la previsione dell'attentato al papa avvenuto a Roma nel 1981 ad opera del terrorista turco Ali Agca.
In realtà, secondo i molti studiosi che si sono occupati per anni del segreto di Fatima, e tra i quali mi permetto di annoverarmi, il messaggio è incompleto. Manca infatti assieme alla trascrizione della visione della giovane pastorella il messaggio della Madonna che invece accompagna le due precedenti visioni e che contemplerebbe eventi ben più gravi per il futuro dell'uomo di quanto non sia accaduto al papa.
E' vero invece che sia sull'attentato al pontefice sia sull'intrigo tra mafia, quella turca dei lupi grigi stavolta, affari sporchi e interessi politici che delinea il quadro di mandanti e moventi non si è mai fatta luce.
Ombre che volenti o nolenti impediscono alla luccicante immagine di questo papa di splendere come si vorrebbe.
In ogni caso non deve essere comunque facile per il suo successore suscitare ugual clamore e soprattutto essere amato dal popolo dei cattolici che, seppur vasto, pare assottigliarsi col tempo.
A dire la verità non sembra che Benedetto XVI (Ratzinger 2005) sia granchè preoccupato del consenso visto che le sue prime direttive in materia di questioni sociali (contraccezione e fine vita) e persino dottrinali, come la celebrazione della messa in latino, siano state del tutto impopolari e giudicate anche dai fedeli veramente troppo conservatrici.
Oltre ad un'eredità di fama davvero ardua da eguagliare, papa Ratzinger si è trovato a dover affrontare, proprio in questo periodo, uno degli scandali più delicati e difficili da gestire nella storia della Chiesa Cattolica. Sepolta da un muro di omertà per secoli la piaga dell'abuso sessuale ai danni di minori perpetrato da un numero notevole di prelati è scoppiata alla fine in tutta la sua purulenza. Da Giovanni XXIII fino a Giovanni Paolo II l'unico atteggiamento ufficiale è stato sempre quello di coprire il colpevole e di spostarlo di diocesi in diocesi in modo da tenerlo al riparo dalle già rare denunce che una volta erano considerate tabù insormontabile.
Il fenomeno è esploso soprattutto negli Stati Uniti dove lo scandalo ha coinvolto i vertici stessi delle diocesi: vescovi, arcivescovi, cardinali, parroci noti e influenti si sono visti accusare del più orrendo dei crimini: la pedofilia.

Le statistiche sono impietose

Dagli studi condotti sulle vittime, ma anche sui carnefici, soprattutto da psicologi e psichiatri il numero complessivo dei giovani violati negli Usa tra il 1950 e il 2004 oscillerebbe tra i 40.000 e i 60.000, mentre i sacerdoti, ''solo'' quelli dichiarati colpevoli sono 5214. Sono ovviamente conti molto complicati e di difficoltosa definizione se si considera l'enorme sacrificio che per la maggior parte degli abusati significa parlare e raccontare.
Occorrono però due precisazioni, la prima è che gli abusi non avvengono solo all'interno della Chiesa Cattolica, sebbene detenga il macabro primato: denunce sono state sporte anche nei confronti di rabbini ebrei, ministri mussulmani, monaci buddisti e maestri Hare Krishna.
La seconda può sembrare una inutile sottolineatura ma è giusto specificare che le vittime sono per la maggiore ragazzi maschi di età compresa tra gli 11 e i 17 anni, cioè in età pre-post puberale, per ciò i loro carnefici vengono definiti efebofili.
Un dettaglio a quanto pare non trascurabile per comprendere i profili criminali tracciati dai molti esperti clinici e terapeuti che hanno esaminato le migliaia di casi.
Stando a quanto emerge dagli studi le origini di questa orribile devianza sono da ricercarsi in molteplici e diverse direzioni che ovviamente non esploreremo in questa sede.
Se da una parte sono dovute a violenze subite in età infantile, dall'altra la tendenza agli abusi sarebbe da ricercare nella proibizione imposta a giovani seminaristi attraverso la castità proprio in quell'età che tanto li attrae sessualmente una volta diventati uomini.
La scelta di giovani in età puberale sarebbe dovuta proprio a un'identificazione con le vittime considerate sostanzialmente, a livello sessuale, dei pari.
Al contrario per le vittime il fatto che ad abusare di loro sia il parroco, in molti casi un sostituto del padre, in altri un amico di famiglia, li paralizza e li spinge a tenere dentro di sè un segreto terribile per anni. I danni fisici e psicologici subiti dai bambini vittime di questo tipo di abusi sono gravissimi e spesso irreversibili.
Se quindi per qualche sacerdote potrebbe valere una seppur minima attenuante che deriva da una patologia è tutt'altra cosa la violenza che deriva dalla posizione di potere e inevitabile senso di impunità di cui la maggior parte dei prelati violentatori gode.
Secondo Mauro Pesce che ha scritto l'introduzione all'edizione italiana del libro ''Atti Impuri, la piaga dell'abuso sessuale nella Chiesa Cattolica'' (ed. Raffaello Cortina) il fatto che il prete cattolico si ponga come unico intermediario e interprete del rapporto del fedele con Dio lo colloca in una posizione privilegiata che può indurre il credente a ritenerlo come un'autorità intoccabile nei confronti della quale può nutrirsi un sentimento di inadeguatezza, inferiorità e infine dipendenza.
L'autore suggerisce un paragone tra il sacerdozio cattolico e il predicare itinerante di Gesù Cristo che transita in ogni luogo, senza bene alcuno nè fissa dimora che offre un rapporto con Dio tramite il perdono dei propri peccati e la formazione di una personalità indipendente che trova in se stessa la sorgente della vita spirituale. ''Gesù non sta mai a lungo in una casa, presso una famiglia.
Congeda in fretta le folle che si radunano attorno a lui. (...) In questo modo dopo la sua rapida apparizione le persone vengono lasciate alla loro responsabilità e alla loro libertà''. La tentazione del potere materiale e psicologico sul prossimo è una caratteristica delle gerarchie ecclesiastiche che considerandosi ''altro'' rispetto alle genti si ritengono al di sopra delle leggi e delle regole approfittando a piene mani della loro extraterritorialità a questo punto non solo vaticana, ma anche pienamente soggettiva e individuale.
Nella prefazione al succitato libro una delle curatrici Mary Gail Frawley-O'Dea spiega, come già espresso nel suo saggio dall'eloquente titolo ''la Perversione del potere'', che la maggior parte degli osservatori sono concordi nel ritenere che lo scandalo degli abusi sessuali negli Stati Uniti abbia avuto origine in Louisiana a Henry, quando nel 1983 Padre Gilbert Gauthe fu accusato di molestie. Un caso emblematico di un prete carismatico e dinamico impegnato soprattutto con i giovani, specialmente maschi tra gli 11 e i 15 anni, che nutrono nei suoi confronti rispetto e fiducia. Una volta conquistato, un ragazzo viene introdotto al rapporto sessuale. Se il crimine viene scoperto e denunciato dalla vittima stessa le conseguenze possono essere di due tipi.
Fino a qualche anno fa raramente la denuncia veniva presa in considerazione e la vittima veniva accusata di voler gettare ''fango sulla chiesa''; il suo peccato era considerato peggiore di qualsiasi altra cosa un prete potesse aver fatto e quindi veniva ridotto al silenzio o nel peggiore dei casi all'esclusione dalla comunità.
Nel buio delle sacrestie il sacerdote veniva invitato a non peccare più e dopo qualche tempo mandato altrove dove però rimaneva a contatto con altri giovani e la storia ricominciava da capo. Solo con il passare di molti anni e con la pressione pubblica sui vescovi affinchè prendessero provvedimenti seri e reali alcune dolorose testimonianze hanno scaturito un qualche effetto riuscendo ad ottenere almeno il patteggiamento con risarcimento.
Il merito di aver prodotto ampi squarci nel fitto muro dell'omertà clericale è in gran parte dovuto al lavoro dei mezzi d'informazione che sono stati in grado di svolgere il loro ruolo di controllo del sistema restituendo così uno spiraglio di speranza alle vittime.
Proprio grazie ai media e al coraggio delle vittime oggi lo scandalo ha assunto proporzioni gigantesche. Veniamo ai fatti più recenti.
Nel 2002 viene chiamato in causa il cardinale di New York, Edward Egan, che fino al 2000 aveva retto la diocesi di Bridgeport, nel Connecticut. E' accusato di aver coperto decine di casi di abusi sessuali perpetrati da sacerdoti che il cardinale si è limitato a destinare ad altri incarichi. Il suo successore si è dovuto accordare con le famiglie delle vittime per milioni di dollari.
Segue la vicenda del cardinale Bernard Law di Boston additato dal Boston Globe per aver protetto due sacerdoti pedofili dalla denuncia e dai processi che poi li hanno condannati.
Sul New York Times nelle ultime due settimane di marzo 2002 si legge: ''Almeno 55 sacerdoti in 17 diverse diocesi sono stati rimossi, sospesi o licenziati, tra i quali 6 a Filadelfia, 7 nel New Hampshire, 2 a St. Louis, 2 nel Maine, uno in Nord Dakota e 12 a Los Angeles. In particolare si segnalano il reverendo Michael Hands di Long Island, riconosciuto di avere avuto rapporti sessuali con un tredicenne nel 1999 e il 2000 e Anthony J, O'Connel, vescovo di Palm Beach in Florida denunciato per aver molestato un seminarista nel Missouri negli anni Settanta che si è dimesso e per il quale la diocesi ha pagato un risarcimento di 125.000 dollari''.
Tra il 2005 e il 2007 salgono alla ribalta della cronaca altri casi agghiaccianti. I giornali di Chicago attaccano il cardinale Francis George arcivescovo della metropoli e Presidente della conferenza Americana dei Vescovi Cattolici per non aver preso alcun provvedimento nei confronti di padre Daniel McCormack di cui si sono accertati i crimini. Si è scoperto poi che il vescovo era in effetti molto più impegnato a nascondere la storia raccapricciante di un altro sacerdote: Kenneth Martin colpevole di abusi su bambini. Nel 2007 viene reso pubblico un dossier su padre Nicholas Aguilar Rivera che ha violentato 26 ragazzini ed è stato fatto fuggire in Messico dal vescovo ausiliare di Los Angeles Thomas Curry dove ha seguitato col molestare innocenti.
Chiaramente non sono che alcuni semplici esempi e non riguardano solo gli Stati Uniti.
In Australia ha fatto scalpore il caso di due sorelle che hanno subito violenze da padre Kenin O'Donnel tra il 1988 e il 1993, una delle due ragazze si è suicidata mentre la seconda ha problemi con l'alcool e in seguito ad un incidente stradale ha riportato danni cerebrali.
Anche in Italia non sono pochi nè marginali i casi di violenze e abusi.
Nel 2004 Mauro Stefanoni, il parroco di Laglio, sul lago di Como, è stato processato e condannato, per aver abusato di un ragazzino affetto da ritardo mentale, a 8 anni di reclusione e al risarcimento di 180.000 euro.
Non molto tempo fa, nel settembre del 2007 la Repubblica ha pubblicato il provvedimento assunto dal Vaticano nei confronti di Don Lelio Cantini, parroco fiorentino, ''ritenuto responsabile di delittuosi abusi sessuali su alcune ragazze negli anni 1973-1987''. A margine è emersa una storia di orge e festini hard che avrebbero coinvolto addirittura il vescovo ausiliario di Firenze Claudio Maniago, insinuazioni che però non hanno trovato riscontro.
E' del marzo scorso la notizia delle dimissioni del vescovo irlandese John Magee, anch'egli colpevole di aver coperto abusi sessuali su minori, ed è particolarmente eclatante vista la caratura del personaggio. Infatti prima di occuparsi della diocesi di Cloyne, nel sud dell'Irlanda dove sono avvenute le decine di violenze, Magee è stato segretario privato di tre papi: Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II.
In particolare fu il primo sacerdote ad entrare nella stanza di papa Luciani il giorno del suo decesso e a dare l'allarme. Quando iniziarono a circolare le prime illazioni sulle reali cause della morte del pontefice, Giovanni Paolo II lo rimosse e lo destinò ad altro incarico anche perchè il vescovo fu tra i pochi a testimoniare che il defunto pontefice, durante la giornata precedente la morte, aveva accusato almeno due malori.
Lo scandalo irlandese è stato documentato in un dossier di 270 pagine fitte di racconti drammatici che coinvolgono 100 sacerdoti, 350 vittime e 40 anni di omertà assoluta scalfita da coraggiose denunce e il suicidio del parroco Sean Fortune incriminato per abusi.
L'ultimo grattacapo per la Chiesa Cattolica è arrivato direttamente sulla scrivania del papa che proprio in questi giorni ha deciso di inviare una ''visita apostolica'', cioè un'ispezione, presso la sede dei legionari di Cristo, una congregazione di diritto pontificio che avrebbe la missione di ''estendere il Regno di Cristo'' nella società. Nel 1988 il fondatore Marcial Maciel Degollado è stato accusato di abusi sessuali e persino di aver sedotto e derubato ricche ereditiere con alcune delle quali avrebbe addirittura avuto figli. Dal 2006 papa Ratzinger, invece di sottoporlo a processo canonico, gli ha imposto di ritirarsi in buon ordine a vita riservata e rinunciando ad ogni ministero pubblico.
L'atteggiamento dei vertici vaticani è proprio questo: evitare i processi e le punizioni, piuttosto, se proprio non se ne può fare a meno, meglio pagare. La corte di Cincinnati però, con una sentenza senza precedenti, ha dato il via libera a chiamare in giudizio la Santa Sede perchè ritenuta corresponsabile dei delitti commessi dai religiosi della diocesi di Louisville in Kentucky.
Nel solo anno 2008 la Chiesa Usa ha sborsato 436 milioni di dollari per risarcire le vittime da sommarsi ai 526 milioni dell'anno precedente.
Una cifra enorme, vergognosa nel suo essere spropositata, e allo stesso tempo assolutamente inadeguata per porre rimedio al dolore e alla devastazione provocate.
Il cardinale Roger Mahoney deputato dalla Santa Sede a cercar di gestire l'entità del danno ha assicurato che l'intera somma verrà corrisposta ricorrendo alle casse della chiesa, che sappiamo ben pingue, e dalla vendita di numerosi edifici.
In effetti possedere immani ricchezze può essere di grande aiuto in caso di emergenza e le colpe si possono facilmente lavare anche con la carta moneta.
Del resto la Santa Sede non sembra registrare nessun cedimento nemmeno in tempo di crisi. Rassicura il presidente dello Ior Caloia: ''Il nostro patrimonio è solido e non abbiamo carenze di liquidità. Abbiamo evitato ogni ricorso ai derivati e abbiamo fatto solo investimenti chiari, semplici, eticamente fondati''.

Conclusioni

''...Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove nè tignola nè ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perchè là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.'' (Mt6, 19- 21).

Ai laici vorremmo dire:

Gesù-Cristo è il più grande rivoluzionario che la storia dell'umanità abbia mai avuto.
Un rivoluzionario che ha trasformato il cuore dell'uomo, cresciuto nella violenza e nell'odio, in un cuore che anela alla pace, alla concordia, all'amore, alla giustizia.
Un rivoluzionario che poteva fomentare con il Suo carisma e con il Suo potere guerra, sangue e violenza, e che invece, con il sacrificio della Sua vita, ha rivelato ciò che è: l'amore.
''...Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici'' (Gv 15,12-13).