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IL GOVERNO DI KARZAI ACCUSA: GLI AIUTI SONO SPRECATI
La crociata delle Ong contro caos e truffe


Si fa presto a dire Ong, ossia Organizzazioni Non Governative. Da dieci anni a questa parte in Afghanistan è cresciuta a dismisura la presenza delle associazioni umanitarie internazionali e praticamente nessuno riesce a sapere nemmeno quante siano, tantomeno che cosa facciano. Forse è giusto che sia così: come dice il loro stesso nome, le associazioni umanitarie non dipendono dai governi, nascono dal basso, qualche volta sono dei giganti, spesso sono piccole realtà di persone animate di buona volontà che prendono e partono alla volta delle aree sfortunate del mondo.
«Ma in Afghanistan è un problema di prima grandezza», spiega un diplomatico bene addentro alla realtà locale. «Da anni si vorrebbe un coordinamento, per evitare almeno duplicazioni e spese inutili. Ma persino fare l’elenco delle Ong presenti è stato un lavoro che si è rivelato impossibile».
Un elenco dovrebbe (e si sottolinea il condizionale: dovrebbe) trovarsi presso il ministero dell’Interno afghano. Ed è anche questa una novità degli ultimi anni, perché a un certo punto il governo Karzai si arrabbiò di brutto con gli occidentali, militari e umanitari, agenzie dell’Onu comprese, in quanto i finanziamenti promessi non arrivavano mai e quel poco che veniva realmente stanziato era assorbito dagli occidentali medesimi. Karzai s’imbufalì, insomma, e venne fuori una legge che obbligava le Ong a registrarsi presso il governo locale e a documentare il numero dei propri dipendenti, specificando quanti erano i locali e quanti gli stranieri. La registrazione dovrebbe funzionare anche a fini fiscali. Ma anche così molte Ong sfuggono ai controlli. E praticamente il caos continua.
Non aveva tutti i torti, Karzai. Un paio di anni fa, l’associazione umanitaria inglese Oxfam dimostrò, carte alla mano, che su 25 miliardi di dollari promessi dalle nazioni occidentali per la ricostruzione dell’Afghanistan, circa la metà erano rimasti sulla carta e il 40% di quanto realmente stanziato era tornato ai donatori sotto forma di consulenze e di stipendi per il personale straniero.
Ad accrescere la confusione, poi, ci si sono messi i furbi. Siccome le Ong non pagano tasse, sono sorte centinaia di finte associazioni afghane che in pratica sono semplici imprese. Anche in questo campo si promette pulizia, ma da un governo considerato tra i più corrotti al mondo c’è poco da sperare. Esiste però dal 1988 a Kabul un’agenzia per il coordinamento degli aiuti allo sviluppo, in sigla Acbar (Agency Coordinating Body for Afghan Relief), un’associazione di associazioni, che riunisce 110 Ong operanti davvero sul territorio. Ebbene Acbar lamenta che al contrario di quanto si creda, «solo il 9% degli aiuti internazionali transita attraverso le Ong e altre organizzaioni no-profit. Il 71% è speso dalle Nazioni Unite, dai Prt dell’Alleanza atlantica e in appalti da ditte private nel campo dell’agricoltura, della logistica, delle costruzioni e della sicurezza. Quest’ultimo settore da solo assorbe il 45% degli aiuti».
LA STAMPA 8 AGOSTO 2010