Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024

Il presidente 92enne, al potere dal 1980, festeggia il compleanno spendendo 800mila dollari in un Paese dove si vive con 2 al giorno

Lorenzo Simoncelli

Una torta gigante con la forma dell’Africa e, poesie, canti rivoluzionari e l’ennesima staffilettata all’Occidente. Così Robert Mugabe, il capo di Stato più vecchio al mondo, ha celebrato il suo 92esimo compleanno. Una festa da 800mila dollari a Masvingo, sud dello Zimbabwe, una delle zone più colpite dalla siccità causata da El Niño.

Un Paese in bancarotta

Manca l’acqua, gli animali muoiono disidrati e le riserve di mais scarseggiano. Un’emergenza alimentare che coinvolge 3 milioni di zimbabwani arrivati a nutrirsi con bacche selvatiche pur di placare i morsi della fame. Secondo Eddie Cross, storico parlamentare dell’Mdc, l’unico partito all’opposizione, bisogna importare 120mila tonnellate di mais al mese per sfamare la popolazione. Un’operazione da 1 miliardo di dollari, troppi per le casse dello Zimbabwe, prosciugate da 36 anni di governo Mugabe. Ecco allora l’estrema richiesta di soccorso alla comunità internazionale, ma non a tutti costi. «Se gli aiuti sono vincolati alla legalizzazione dei matrimoni gay nel nostro Paese – ha tuonato dal palco il “vecchio Bob” – non li vogliamo».

Ancora al comando

L’ennesima dimostrazione che, a 92 anni suonati, nonostante ripeta gli stessi discorsi in Parlamento, scompaia per settimane dalla scena pubblica e cada dal palco dei comizi, Robert Mugabe è ancora il signore dello Zimbabwe. Guida il Paese africano ininterrottamente dal 1980, quando «The Old Man», uno dei tanti soprannomi affibbiatigli, cacciò gli odiati bianchi inglesi dall’ex-Rhodesia. Un’impresa che, ancora oggi, gli vale il rispetto dei suoi quasi coetanei colleghi africani. Presidenti ultrasettantenni, da decadi al potere, sempre più distanti da una popolazione che ha in media 18 anni ed ancorati ad una retorica anti-coloniale che vede in Mugabe un’icona indiscussa. «Sono ovunque, se non fisicamente, attraverso Ong, spie, anche con gruppi armati. Ci raccontano che vengono per aiutarci. Ma come?» - ha tuonato il «vecchio Bob» con la sua tipica retorica anti-occidentale durante l’ultimo discorso da Presidente dell’Unione Africana.

Gli aiuti dell’Occidente

In estasi diplomatici e presidenti accorsi da ogni angolo del Continente per salutarlo. Gelati i rappresentanti della tanto odiata «Europa colonialista», che nel quartier generale dell’Ua ad Addis Abeba hanno dovuto assistere all’ennesimo show di Mugabe da spettatori paganti. Solo lo scorso anno, l’Ue ha stanziato 234 milioni di euro in aiuti umanitari per sfamare la metà dei 13 milioni di zimbabwani che vive ancora con meno di 2 dollari al giorno. Tuttavia, Bruxelles ha da poco confermato il divieto d’ingresso in qualsiasi Paese dell’Unione a Mugabe e consorte e l’embargo sul commercio di armi. Relazioni tese, ma a 15 anni dall’indigenizzazione delle terre, che ha costretto i contadini bianchi di origine inglese a cedere i campi ai neri locali, con conseguente crollo della produzione di mais e tabacco, lo Zimbabwe è in piena emergenza. E questa volta i nuovi amici di Mugabe, i cinesi che a suon di yuan si sono comprati quasi l’intero Paese, sembrano stanchi di finanziare progetti i cui soldi finiscono regolarmente nelle casse della cerchia magica dei veterani che hanno liberato lo Zimbabwe dagli inglesi. Intanto all’ombra del vecchio padre-padrone la lotta per la successione è già iniziata.

La moglie Grace, 40 anni più giovane, è stata capace negli ultimi tempi di abbandonare la figura di «first lady» e scalare i vertici dello Zanu-Pf (Zimbabwe African National Union Patriotic Front), il partito di Mugabe. Dall’altra parte il «Team Lacoste», così soprannominato per la leadership di Emmerson Mnangagwa, detto «il Coccodrillo», stalinista e rappresentante della vecchia guardia dei veterani nella lotta per la liberazione. Per le strade dissestate di Harare, capitale di uno Stato economicamente fallito, in cui circolano solo più monete straniere, la gente aspetta la morte di «The Old Man».

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
La Stampa, 29 Febbraio 2016