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iorvat200ITDAL CIELO ALLA TERRA


SEPOLCRI IMBIANCATI

BANCA DEL VATICANO: SEPOLCRI IMBIANCATI E RAZZA DI VIPERE.
LEGGETE!
LEGGETE E MEDITATE SULLE NOTIZIE ALLEGATE E PONETE A VOI STESSI LA SEGUENTE DOMANDA: CRISTO, IL FIGLIO DI DIO, QUALE POSIZIONE ASSUMEREBBE DI FRONTE ALLO SCEMPIO CHE I SUOI SACERDOTI STANNO PERPETRANDO ALL'INTERNO DELLA CHIESA CATTOLICA APOSTOLICA ROMANA?
IL MESSIA  GESÙ CRISTO DISSE:  “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Matteo 5, 37).
LA NOSTRA È STATA UNA VOCE CHE HA GRIDATO NEL DESERTO PER MOLTI DEI VOSTRI ANNI. QUANTE, QUANTE VOLTE VI AVEVAMO RIVELATO CHE IN VATICANO RISIEDE UNA DELLE TESTE DELL'ANTICRISTO, L'IDRA DAI MILLE VOLTI?
AVETE FATTO ORECCHIO DA MERCANTE E AVETE DERISO I NOSTRI MESSAGGERI, ORA PRENDETE ATTO CHE NOI ANNUNCIAVAMO VERITÀ SCOMODE E TERRIBILI.
LA NOSTRA TRISTEZZA ED IL NOSTRO SDEGNO NON SONO SOLO PER IL TRADIMENTO COMMESSO DAI PIÙ POTENTI  VERTICI DELLA CHIESA CATTOLICA APOSTOLICA ROMANA, PER L'OMERTÀ, LA DEBOLEZZA ED IL SILENZIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI, MA È ANCHE E SOPRATTUTTO PER LA MANCANZA ASSOLUTA DI DISCERNIMENTO DEI MILIONI DI FEDELI DELLA CHIESA CATTOLICA: UOMINI, DONNE, GIOVANI E ANZIANI CHE NON REAGISCONO E NON CHIEDONO GIUSTIZIA CONTRO I TRADITORI DI CRISTO.
I NOBILI SENTIMENTI, NON PRIVI DI ERRORI, DI OMISSIONI E DI INTERESSI PERSONALI, POSTI IN ESSERE DAL DOTTOR GOTTI TEDESCHI NELLA SUA CORAGGIOSA TESTIMONIANZA A FAVORE DELLA VERITÀ POSSONO RIPETERE UNA STORIA GIÀ VISSUTA NEL VATICANO E NELLE SUE STANZE. UNA STORIA DI MORTE, OMICIDI, TRADIMENTI, BESTEMMIE E NEFANDEZZE. LA VITA DI GOTTI TEDESCHI È IN PERICOLO, VA PROTETTA ED INCORAGGIATA LA SUA TESTIMONIANZA. DOVREBBE ESSERE IL NUMEROSO POPOLO CATTOLICO A FARE DA SCUDO ALLO SCOMODO TESTIMONE. INVECE  ANCORA UNA VOLTA IL POPOLO CADE IN BALIA DEL MALIGNO  BALLANDO  E FESTEGGIANDO DI FRONTE AL NUOVO VITELLO D'ORO “Egli li ricevette dalle loro mani e li fece fondere in una forma e ne ottenne un vitello di metallo fuso. Allora dissero: “Ecco il tuo Dio, o Israele, colui che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!”. Ciò vedendo, Aronne costruì un altare davanti al vitello e proclamò: "Domani sarà festa in onore del Signore” (Esodo 32, 4-5). Il giorno dopo Mosè disse al popolo: "Voi avete commesso un grande peccato; ora salirò verso il Signore: forse otterrò il perdono della vostra colpa”. Mosè ritornò dal Signore e disse: "Questo popolo ha commesso un grande peccato: si sono fatti un dio d'oro. Ma ora, se tu perdonassi il loro peccato... E se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto!”. Il Signore disse a Mosè: " Io cancellerò dal mio libro colui che ha peccato contro di me. Ora va', conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà; ma nel giorno della mia visita li punirò per il loro peccato”. Il Signore percosse il popolo, perché aveva fatto il vitello fabbricato da Aronne.” (Esodo 32, 30-35).
UN POPOLO CHE, A PARTE L'ECCEZIONE DI POCHI FEDELI A CRISTO, NON VUOLE ENTRARE NEL REGNO DEI CIELI MA VUOLE  ESSERE COMPLICE DEGLI SCRIBI E FARISEI DEL VATICANO. ESSI SONO SIMILI, ANZI, PEGGIORI DI COLORO AI QUALI CRISTO PUNTÒ IL SUO INDICE...  “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci” (Matteo 23,13).
MA IL TEMPO È VENUTO E GESÙ CRISTO È SULLA VIA DEL RITORNO. I POTENTI SCRIBI E FARISEI DEL VATICANO SARANNO FRUSTATI DALLA VERGA DI FERRO DEL FIGLIO DELL'UOMO E SCACCIATI DAL TEMPIO DI DIO, DALLA CASA DI PREGHIERA CHE LORO, CARDINALI, VESCOVI E PAPI, HANNO TRASFORMATO IN UNA SPELONCA DI LADRI, ASSASSINI, MAFIOSI, CORROTTI E PEDOFILI.
LODE AI VERI MISSIONARI DELLA CHIESA CATTOLICA, AI VERI FEDELI E TESTIMONI DELL'OPERA DI CRISTO. A LORO E A TUTTI I GIUSTI SARÀ DONATO IL REGNO DI DIO IN TERRA.
PACE A VOI TUTTI!

DAL CIELO ALLA TERRA
Per bocca di un Servo dei servi di Cristo.

Sant' Elpidio a Mare (Italia)
9 giugno 2012. Ore 14:29
Giorgio Bongiovanni
Stigmatizzato

 

Mafia e Vatican Connection: articoli correlati all'interno

IL BANCHIERE SOTTO CHOC: “HO PENSATO CHE QUALCUNO FOSSE VENUTO A SPARARMI”

Di Andrea Tornelli

PIACENZA. L’ ampio cortile interno, così simile a un chiostro dei palazzi vaticani, era ancora avvolto nell’oscurità alle 5.25 di ieri mattina, quando Ettore Gotti Tedeschi, con la valigia in mano, ha sceso l’ultimo gradino del grande scalone e si è avviato verso la macchina. Doveva partire per Milano, come al solito prima dell’alba. Cinquanta minuti di viaggio, lettura dei giornali, messa quotidiana alle 8. Poi nel pomeriggio, doveva prendere un treno per Roma. Tra le carte che portava con sé, anche un documentato memoriale che avrebbe voluto consegnare a Benedetto XVI, per ricostruire le ultime vicende che hanno portato al suo clamoroso licenziamento dallo Ior.

Appena arrivato all’automobile, li ha visti: quattro uomini lo stavano aspettando. Il maresciallo ha infilato la mano nella giacca, per estrarre il distintivo da carabiniere. Questione di un attimo. «Ho creduto che fossero venuti a spararmi...».

L’ormai ex banchiere di Dio, per una frazione di secondo ha temuto il peggio. Gli hanno mostrato l’ordinanza per la perquisizione, gli hanno fatto capire che doveva cambiare i suoi programmi per la giornata, rinunciando alla trasferta romana. Gotti Tedeschi, con il volto terreo, ha letto velocemente quel foglio. Poi ha urlato il nome della moglie: «Francesca!».

Due settimane fa, la clamorosa sfiducia del board della banca vaticana, seguita da un comunicato durissimo e per nulla in linea con lo stile della Santa Sede. Un comunicato moralmente e professionalmente devastante. E ora questa nuova, inaspettata tegola sulla testa. Perquisizione, ma senza essere indagato. L’inchiesta della Procura di Napoli non ha nulla a che vedere con le vicende della banca vaticana. «Quando è salito, accompagnato da tre carabinieri era sconvolto – racconta alla Stampa la moglie del banchiere, una signora distinta e affabile – per fortuna che io ho mantenuto la calma. Mi ero svegliata alle quattro, senza riuscire più ad addormentarmi. Avevo detto il rosario. Ero davvero serena».

L’abitazione di via Verdi, a due passi dal teatro municipale, si trova nel cuore antico di Piacenza. Il salotto di casa è una galleria di quadri d’epoca, quasi tutti a soggetto religioso. Su uno dei tavoli, le foto dei cinque figli sono appaiate a quella che ritrae i coniugi Gotti Tedeschi a un’udienza con Papa Ratzinger. Sulla destra, una porta conduce al piccolo studio del banchiere. Una stanzetta triangolare, stretta, monacale, con uno scrittoio in legno scuro non più grande di un vecchio banco di scuola, e una finestra piccolissima di fronte. È pieno zeppo di giornali, articoli, riviste, testi di conferenze, agende. È in questo spazio angusto che durante il fine settimana, dopo aver spento il cellulare, il banchiere cattolico si è messo a ricostruire passo dopo passo i suoi tre anni alla presidenza dello IOR nella memoria che avrebbe voluto portare a Roma, convinto che la sua uscita di scena sia legata alle discussioni sulle nuove norme antiriciclaggio e alle vicende del tentato salvataggio dell’ospedale San Raffaele.

Ed è da lì che la perquisizione è iniziata. I carabinieri, in contatto telefonico pubblico ministero Vincenzo Piscitelli, hanno cominciato a rovistare ogni carta, in cerca di lettere o email scambiate con Giuseppe Orsi. Ne hanno trovata una nella quale l’amministratore delegato di Finmeccanica manifestava solidarietà a Gotti dopo la brusca interruzione del suo servizio Oltretevere. Entrambi piacentini, entrambi nati nel 1945, Gotti e Orsi si conoscono e si stimano da tempo e qualche volta si sono frequentati con le rispettive famiglie.

I militari inviati dalla Procura di Napoli hanno aperto le valigette ventiquattr’ore dove Gotti Tedeschi conserva meticolosamente da decenni le matrici dei suoi libretti di assegni. Poi hanno aperto una piccola cassaforte, dove insieme a un paio di gioielli erano conservati i rogiti delle case di famiglia.

Quando ormai il sole era spuntato, la perquisizione si è spostata per breve tempo nella casa di San Polo, paesino a dieci chilometri da Piacenza, dove la famiglia possiede una casa di campagna. Ma lì non c’è studio, né ci sono carte, tutto si è chiuso in fretta. Nel frattempo, i carabinieri si presentavano anche nell’ufficio milanese del banchiere, a due passi dal teatro della Scala, dove ha sede la rappresentanza del Banco Santander. Alle 10.30 la perquisizione nell’abitazione di via Verdi si è conclusa. Gotti è salito in macchina con gli investigatori ed è partito per Milano, dove Piscitelli lo attendeva per ascoltarlo. Alle 17.30 un SMS alla moglie, preoccupata per il protrarsi dell’interrogatorio: «Ho chiesto di interrompere, continuiamo domani. Mi riaccompagna a casa l’avvocato…».
La Stampa 6 giugno 2012

IOR, GOTTI TEDESCHI VOLEVA INVIARE IL DOSSIER AL PAPA
Ai pm le mail con Bertone e sui conti della mafia

ROMA — Aveva tre destinatari il memoriale preparato dal banchiere Ettore Gotti Tedeschi «se dovesse succedermi qualcosa». E una copia doveva arrivare al Papa attraverso monsignor Georg Gaenswein. In tutto sono circa duecento pagine: un'introduzione di due cartelle, decine e decine di mail e altri appunti inseriti tra gli allegati, alcune pagine dell'agenda personale che documentano incontri e colloqui. In quelle carte sono indicati «gli amici e i nemici» dell'ex presidente dello Ior.
Ci sono le richieste di aiuto presentate nei momenti di difficoltà a numerose persone, comprese quelle più vicine al Pontefice come monsignor Gaenswein. Ci sono i resoconti degli scontri avuti con il cardinale Tarcisio Bertone e soprattutto con il direttore generale dell'Istituto per le Opere di Religione, Paolo Cipriani. Perché anche durante l'interrogatorio con i magistrati romani — il procuratore Giuseppe Pignatone e l'aggiunto Nello Rossi — Gotti ha ribadito di essere sempre stato «osteggiato perché volevo la trasparenza, soprattutto su alcuni conti». Un riferimento neanche troppo velato ad alcuni depositi «cifrati» che potrebbero essere in realtà riconducibili a esponenti della criminalità organizzata. E proprio questo spiegherebbe i timori che Gotti ha esternato prima a persone fidate e poi ai pubblici ministeri motivando la sua scelta di collaborare dopo il sequestro del memoriale: «Temo per la mia vita».

L'armadio con 47 faldoni
Dell'esistenza del memoriale Gotti aveva parlato nei giorni scorsi con alcune persone. È possibile che uno di questi telefoni fosse intercettato e che in questo modi i magistrati abbiano scoperto l'esistenza del carteggio. All'alba di martedì, quando i carabinieri del Noe sono entrati nel suo ufficio di Milano e nella sua casa di Piacenza per ordine della procura di Napoli, lo hanno sequestrato insieme ad altri documenti. Complessivamente, specifica l'avvocato Fabio Palazzo «si tratta di 47 faldoni che erano stipati in un armadio» e riguarderebbero anche le attività svolte quando era al vertice della Banca Santander, i contratti di finanziamento per le aziende del gruppo Finmeccanica, altri rapporti commerciali che passano proprio dallo Ior ma che nulla avrebbero a che vedere con il periodo durante il quale Gotti rivestiva la carica di presidente.
Quando gli viene chiesto conto del carteggio che secondo alcune indiscrezioni Gotti avrebbe addirittura voluto consegnare al Pontefice il banchiere chiarisce: «Ne avevo affidato una copia alla mia segretaria e le avevo detto che se mi fosse accaduto qualcosa avrebbe dovuto consegnarlo ad alcune persone che le avevo indicato: un mio amico, il giornalista Massimo Franco e un avvocato». Effettivamente una seconda copia viene consegnata ai carabinieri proprio dalla segretaria e Gotti esclude che in circolazione ce ne possano essere delle altre.

Lo scontro sui conti segreti
Ai magistrati romani Gotti chiarisce, come del resto aveva già fatto in passato dopo il sequestro dei 23 milioni transitati per lo Ior, che «io sono sempre stato al vertice, dunque non mi occupavo della gestione dei conti». Non nega però di non aver ottenuto risposta quando aveva chiesto di sapere a chi fossero intestati alcuni depositi che risultavano registrati in maniera cifrata. Un netto rifiuto era stato opposto dal direttore generale Cipriani «che è sempre stato contrario alla linea di trasparenza che volevo intraprendere». Il sospetto è che in realtà su quei conti ci siano soldi della mafia e proventi di altre attività illecite, comprese le tangenti pagate a politici e alti funzionari dello Stato. Ed è proprio per questo che Gotti evidentemente temeva «per la mia vita, ho paura che possano ammazzarmi».
Nell'introduzione del memoriale Gotti elenca «i passi da fare per entrare nella "White List" dell'Unione Europea» e le personalità che si oppongono. In questo contesto cita il cardinale Tarcisio Bertone, gli «altri oppositori», ma anche coloro che lo appoggiano, e allega le mail con i collaboratori di Benedetto XVI.
Molto altro si potrà scoprire analizzando il contenuto dei suoi computer. I magistrati hanno già copiato l'intero archivio informatico che sarà esaminato nei prossimi giorni alla presenza del legale e di un consulente. Poi Gotti dovrebbe essere nuovamente interrogato sia dai pubblici ministeri romani, sia dai napoletani. La sua collaborazione viene ritenuta preziosa, ma gli inquirenti appaiono convinti che i documenti consegnino elementi importanti per ricostruire numerose operazioni sospette.
Fiorenza Sarzanini
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8 giugno 2012 – Corriere della Sera

 

"SORPRESA E PREOCCUPAZIONE"
Santa Sede su Gotti Tedeschi: rispettare le prerogative sovrane

Città del Vaticano, 08-06-2012
La Santa Sede ha appreso con "sorpresa e preoccupazione le recenti vicende in cui è stato coinvolto il Prof. Gotti Tedeschi. Ripone nell'autorità giudiziaria italiana la massima fiducia che le prerogative sovrane riconosciute alla Santa Sede dall'ordinamento internazionale siano adeguatamente vagliate e rispettate". Lo afferma una nota del Vaticano
La S.Sede ribadisce che "la mozione di sfiducia" nei confronti di Gotti Tedeschi del Consiglio di Sovrintendenza" dello Ior è stata "fondata su motivi oggettivi, attinenti alla governance dello Ior, e non determinata da una presunta opposizione alla linea della trasparenza, che anzi sta a cuore alle Autorità della S.Sede, come all'Istituto stesso".
La Santa Sede, e' detto in una nota diffusa dalla Sala Stampa vaticana, "conferma inoltre la sua piena fiducia nelle persone che dedicano la loro opera con impegno e professionalita' all'Istituto per le Opere di Religione e sta esaminando con la massima cura l'eventuale lesivita' delle circostanze, nei confronti dei diritti propri e dei suoi organi".

www.rainews24.rai.it/

LO IOR E I CONTI DEI POLITICI CHIESI NOTIZIE, INIZIÒ LA GUERRA»
Il memoriale di Gotti: ecco i nomi dei miei nemici

ROMA — Ha una precisa data di inizio la guerra interna allo Ior che si è conclusa con il licenziamento del presidente Ettore Gotti Tedeschi. Ed è lo stesso banchiere a fissarla nel memoriale che aveva affidato alla sua segretaria chiedendole di consegnarlo a tre persone «se dovesse succedermi qualcosa» e che voleva far avere anche al Papa. «Tutto è cominciato - scrive - quando ho chiesto di avere notizie sui conti che non erano intestati ai prelati». Depositi riconducibili a politici, faccendieri, costruttori, alti funzionari dello Stato. Ma anche a personaggi ritenuti prestanome dei boss della criminalità, come emerge da un'inchiesta avviata dalla procura di Trapani secondo cui all'Istituto per le Opere religiose potrebbero essere arrivati addirittura parte dei soldi del latitante Matteo Messina Denaro. Nel dossier il banchiere sottolinea le forti resistenze incontrate e poi indica due persone che sarebbero in cima alla lista dei suoi nemici: il direttore generale dello Ior Paolo Cipriani e il giovane manager Marco Simeon, direttore di Rai Vaticano e responsabile delle relazioni istituzionali e internazionali di viale Mazzini, ritenuto uomo di fiducia del cardinale Tarcisio Bertone. E sono in molti a leggere nella nota ufficiale della Santa Sede che evidenzia «le prerogative sovrane riconosciute alla Santa Sede dall'ordinamento internazionale siano adeguatamente vagliate e rispettate» un avvertimento allo stesso Gotti. Una sorta di invito a non svelare, nella sua collaborazione con gli inquirenti, nulla che riguardi quanto accaduto all'interno delle mura leonine. Ma anche un altolà ai magistrati perché non sia utilizzato alcun documento ufficiale del Vaticano.

I nemici interni
Il sequestro del dossier composto da lettere, mail, appunti e resoconti di incontri che il banchiere ha raccolto nei due anni e mezzo trascorsi al vertice dello Ior certamente spaventa le alte gerarchie ecclesiastiche anche per le ripercussioni che può avere con la pubblicazione di nuovi atti. Nelle carte portate via dall'ufficio del banchiere i nomi dei suoi «nemici» ricorrono spesso. Non è un mistero che i rapporti con Cipriani non siano mai stati idilliaci e queste frizioni emersero già all'inizio dell'indagine avviata dalla procura di Roma che aveva disposto il sequestro di 23 milioni di euro transitati su un conto Ior ipotizzando nei confronti di entrambi l'accusa di riciclaggio. Dopo una atteggiamento iniziale di chiusura, Gotti si sarebbe mostrato disponibile alla collaborazione, mentre il direttore generale avrebbe ribadito la sua contrarietà a fornire elementi utili a individuare i titolari dei depositi e si sarebbe sempre espresso in maniera negativa sulla possibilità di fornire indicazioni anche su conti correnti che non risultano più attivi ma per i quali si potrebbero ricostruire le movimentazioni pregresse. Un atteggiamento condiviso — sempre secondo Gotti — da Bertone e nelle carte il banchiere evidenzia l'avversità nei suoi confronti di Simeon, che nonostante abbia solo 33 anni è già stato responsabile delle relazioni istituzionali di Capitalia e Mediobanca. E vanta ottimi rapporti con il faccendiere Luigi Bisignani e con alcuni alti funzionari finiti agli arresti per corruzione nell'indagine sugli appalti dei Grandi eventi come l'ex provveditore alle opere pubbliche, Angelo Balducci. Sono tutti titolari di conti presso lo Ior e le verifiche patrimoniali effettuate nel corso delle inchieste avevano mostrato flussi di denaro che certamente transitavano su questi depositi.

I soldi della mafia
Una storia simile a quella scoperta dalla Procura di Trapani che agli inizi di maggio aveva inviato una rogatoria alla Santa Sede per chiedere elementi su due conti correnti da don Ninni Treppiedi, ex gestore delle casse della Curia ed ex fedelissimo del vescovo Francesco Miccichè, indagato per una serie di ammanchi. Il prete è stato sospeso a divinis, mentre l'alto prelato è stato sollevato dall'incarico «per non aver vigilato sull'operato del suo sottoposto». In realtà aveva iniziato a collaborare con i pubblici ministeri e c'è chi ritiene che sia questo il vero motivo della rimozione. Nell'istanza trasmessa alle autorità vaticane vengono specificati i motivi di necessità per l'accesso alla movimentazione dei due depositi ma non è esplicitato il sospetto che ha preso corpo nelle ultime settimane secondo il quale quei soldi sarebbero serviti a riciclare anche denaro proveniente da Matteo Messina Denaro.
Oltre agli ammanchi della Curia, l'indagine si concentra su una serie di investimenti immobiliari e vendite di beni ecclesiastici che potrebbero nascondere il passaggio di soldi a prestanome e la necessità di «ripulirli» attraverso il transito su società e istituti di credito non accessibili ai controlli diretti, come appunto è lo Ior. Adesso bisognerà scoprire se davvero, come lui stesso avrebbe sostenuto, Gotti aveva manifestato la volontà di assecondare almeno in parte le richieste delle autorità italiane. Oltre ai conti finiti nell'inchiesta di Trapani ci sono infatti una decina di operazioni sospette segnalate alla procura di Roma e sulle quali sta già svolgendo accertamenti la Guardia di finanza. Movimentazioni che portano proprio ai conti Ior intestati a preti e suore.

Fiorenza Sarzanini
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Corriere della Sera

IL VATICANO: FIDUCIA CHE I PM RISPETTINO LA NOSTRA SOVRANITÀ
Richiamo alle norme internazionali

ROMA — La Santa Sede scende in campo con decisione sulla vicenda Ior-Gotti Tedeschi. Con un comunicato stringato diramato ieri in serata dalla sala stampa diretta da padre Federico Lombardi, che non lascia spazio a repliche, il Vaticano si è espresso ufficialmente dopo tre giorni di silenzio sulle perquisizioni, gli interrogatori e i sequestri di documenti che sono stati eseguiti nei confronti dell'ex presidente dello Ior, da parte delle Procure della Repubblica di Napoli e di Roma. Dieci righe in tutto, articolate in tre punti, in cui viene ricordato ai pm italiani che la Santa sede è uno stato sovrano e i suoi funzionari e documenti godono delle conseguenti protezioni e immunità. La Santa Sede esprime fiducia che i pm rispettino il diritto sovrano, difende il vertice dell'Istituto, e ribadisce che la destituzione di Gotti non è legata in nessun caso alla trasparenza, ma a motivi oggettivi di non aver saputo svolgere il suo ruolo.  
Il Vaticano fa sapere di aver «appreso con sorpresa e preoccupazione le recenti vicende in cui è stato coinvolto il professor Gotti Tedeschi». Ma al riguardo il comunicato mette in evidenza, subito dopo, la delicata questione della giurisdizione, lì dove sostiene che «la Santa Sede ripone nell'autorità giudiziaria italiana la massima fiducia che le prerogative sovrane riconosciute alla Santa Sede dall'ordinamento internazionale siano adeguatamente vagliate e rispettate». Un'affermazione che si spiega con il fatto che è noto che l'ingente quantitativo di materiale sequestrato (47 faldoni di carte che l'ex presidente si era tenuto in casa), oltre al famoso memoriale messo a punto da Gotti sul caso della sua destituzione dall'incarico, e gli interrogatori cui egli è stato sottoposto, hanno a che fare in gran parte con l'attività dello Ior e di altri organi centrali dello Stato Città del Vaticano. Mentre alcuni carteggi riguardano lo stesso Pontefice. Il difetto di giurisdizione penale italiana nel sequestro dei documenti sullo Ior, trae origine dal fatto che lo stesso Ior è stato riconosciuto — con sentenza 17 luglio 1987 della Cassazione nel procedimento per il crack del vecchio Ambrosiano di Roberto Calvi — come ente centrale della Chiesa cattolica in base all'articolo 11 del Trattato del Laterano.
Nel secondo punto del comunicato è contenuta un'aperta difesa, pur senza nominarli, dell'onorabilità di alcuni professionisti che lavorano per lo Ior (gli avvocati Jeffrey Lena e Michele Briamonte), e dei suoi dirigenti (come il direttore generale Paolo Cipriani) che in alcune ricostruzioni finite sui giornali sono stati più o meno velatamente descritti come all'origine del presunto complotto per cacciare Gotti Tedeschi, se non addirittura a metterne in pericolo la vita (prospettando complicità con il crimine organizzato, gruppi di pressione e non limpidi interessi internazionali). La Santa Sede conferma invece «la sua piena fiducia nelle persone che dedicano la loro opera con impegno e professionalità all'Istituto per le opere di religione». Inoltre «sta esaminando con la massima cura l'eventuale lesività delle circostanze, nei confronti dei diritti propri e dei suoi organi». Cioè sta valutando se adire o meno le vie legali per contrastare diffamazioni e calunnie.
Il terzo punto, si ricollega al secondo: «ribadisce, infine, che la mozione di sfiducia adottata nei confronti del professor Gotti Tedeschi da parte del Consiglio di Sovrintendenza è stata fondata su motivi oggettivi, attinenti alla governance dell'Istituto, e non determinata da una presunta opposizione alla linea della trasparenza, che anzi sta a cuore alle Autorità della Santa Sede, come all'Istituto stesso».
Nel memorandum «di sfiducia» votato all'unanimità da tutti i membri del board dello Ior contro Gotti Tedeschi, e ratificato «senza divisioni» dalla Commissione cardinalizia di controllo, il consiglio d'amministrazione della banca ha infatti contestato al banchiere nove punti di gravi inadempienze gestionali, tali da bloccare l'operatività dell'Istituto e rendere difficile il lavoro di adeguamento dello Ior alle normative internazionali e all'ingresso nella white list, oltre all'accusa di non saper giustificare la pubblicazione sui giornali di documenti della banca in suo possesso.
M.Antonietta Calabrò
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Corriere della Sera

DAI DEPOSITI CIFRATI DELLO IOR VENNE TRASFERITO UN MILIARDO
PER TIMORE DELL'ANTIRICICLAGGIO

Oggi Gotti dai magistrati di Roma e Napoli

ROMA — Conti aperti presso le banche italiane e straniere utilizzati per il «passaggio» di denaro proveniente dalla Santa Sede. Depositi dello Ior «svuotati» lo scorso anno quando fu varata la procedura di trasparenza e poi riutilizzati quando le norme sono state modificate. Flussi di capitali che su alcuni depositi «esterni» hanno superato addirittura il miliardo annuo. Si concentra anche su questo il nuovo interrogatorio fissato per oggi di Ettore Gotti Tedeschi, che sarà assistito dal legale Fabio Palazzo.
I pubblici ministeri di Roma e Napoli lo ascolteranno insieme, soprattutto esamineranno il contenuto dei 47 faldoni sequestrati nel corso della perquisizione disposta dagli inquirenti partenopei due settimane fa. E decideranno quali documenti allegare ai fascicoli processuali tra le migliaia di carte che il banchiere aveva archiviato negli ultimi anni. Atti che riguardano la sua permanenza al vertice dello Ior.
Ma anche fogli relativi al periodo durante il quale È stato alla guida del Banco Santander e ha avuto rapporti con i responsabili di alcune aziende del Gruppo Finmeccanica, in particolar modo per quanto attiene a contratti e finanziamenti.

L'incontro con il Papa
Continua dunque la collaborazione di Gotti Tedeschi con i titolari delle inchieste, dopo il licenziamento deciso dal board dell'Istituto Opere Religiose e ratificato dalla commissione cardinalizia. Più volte Gotti Tedeschi ha fatto sapere che attende di essere ricevuto dal Pontefice, ma appare davvero difficile che l'incontro possa avvenire, quantomeno in tempi brevi. Soprattutto dopo la scoperta del memoriale preparato da Gotti Tedeschi e destinato tra gli altri proprio al Papa, per indicare «i miei nemici» ed esternare i «timori per la mia vita».
L'attenzione dei magistrati, che procedono per riciclaggio, è puntata su quei conti cifrati per nascondere l'identità degli intestatari. Politici, faccendieri, imprenditori che sono riusciti ad occultare i proprio capitali e che lo scorso anno effettuarono prelevamenti in contanti anche per importi elevatissimi nel timore che le norme varate per l'accesso alla «white list» consentissero la loro individuazione e la ricostruzione dei movimenti.
Del resto nell'ultimo interrogatorio è stato lo stesso Gotti Tedeschi a ribadire quanto aveva già dichiarato nel 2010 dopo essere finito sotto inchiesta per la gestione di 23 milioni di euro: «Fino a un anno fa c'erano numeri di codice per i bonifici a nome Ior e io ho detto mai più, questo è intollerabile. I rapporti con le istituzioni erano attraverso codici, non dichiaravano chi era l'Ente».

Le carte segrete
Nel memoriale Gotti Tedeschi specifica che la guerra con il direttore generale Paolo Cipriani e con numerosi alti prelati, compreso il segretario di Stato Tarcisio Bertone, è cominciata proprio quando «chiesi notizie dei conti intestati ai laici». Ma con i magistrati sarebbe stato più esplicito specificando numerose circostanze che hanno segnato i due anni e mezzo di permanenza al vertice dello Ior. Oltre agli «ostacoli» che sarebbero stati posti dai componenti del board alle società di controllo e consulenza, il banchiere ha ricostruito il rapporto con la Jp Morgan che alla fine dello scorso marzo ha deciso di interromperlo definitivamente.
Gli stessi responsabili di Jp Morgan hanno dichiarato di non aver potuto avallare alcune operazioni e hanno fatto particolare riferimento alle movimentazioni avvenute su un conto aperto presso la filiale di Milano nel 2009 sul quale sono transitate somme ingenti (si parla addirittura di entrate e uscite per circa un miliardo annuo) senza ottenere informazioni reali su intestatari e gestori del deposito. E questo nonostante ci fossero state richieste di chiarimento da parte dell'Uif, l'Ufficio di indagine finanziaria della Banca d'Italia e gli organismi di controllo interni. Un atteggiamento che alla fine ha portato alla decisione di chiudere del conto. Scelta che lo stesso Gotti Tedeschi ha condiviso.

Gli affari Finmeccanica
I pubblici ministeri napoletani si occupano del filone che riguarda i finanziamenti erogati dal Banco Santander alle aziende della holding specializzata in sistemi di difesa. Due giorni fa hanno avuto un lungo incontro con il procuratore generale di Lugano per alcuni conti svizzeri che — è l'ipotesi dell'accusa — sarebbero intestati a mediatori internazionali ingaggiati come consulenti da Giuseppe Orsi, attuale amministratore delegato di Finmeccanica, quando guidava Agusta Westland.
Numerose intercettazioni allegate agli atti dell'inchiesta dimostrano lo stretto rapporto che c'era tra Gotti Tedeschi e lo stesso Orsi e su questo il banchiere dovrà fornire oggi spiegazioni. La pista esplorata nel corso delle verifiche riguarda le commissioni bancarie versate dalle società a Santander che potrebbero in realtà nascondere il versamento di tangenti per il conseguimento di appalti e commesse.

Fiorenza Sarzanini
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Il Corriere della Sera – 20 giugno 2012