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NARCOS E AL QAEDA SANTA ALLEANZA IN AFRICA
Per i militanti di Al Qaeda nel Maghreb africano assicurare fino a destinazione, scortandoli, i carichi di cocaina dei narcotrafficanti è diventato il nuovo modo di finanziarsi”.
Al Fatto Quotidiano Jean-Louis Bruguiére, francese, per decenni, da magistrato, cacciatore di terroristi islamici, racconta quale salto di qualità abbia fatto l’ala oltranzista seguace di Osama Bin Laden che agisce tra Mali e Mauritania. Dopo aver ricoperto il ruolo di vicepresidente del Tribunale di Grande istanza di Parigi, e aver tentato la carriera politica, monsieur Bruguiére è ora il rappresentante dell’Unione europea presso gli Stati Uniti per la   lotta al finanziamento del terrorismo. E, in questa veste, spiega com’è nata l’inedita alleanza, in nome dei dollari, tra i colombiani e gli uomini guidati da Mohktar Belmokhtar, leader di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (Akmi).
Che cosa ha convinto i più spietati trafficanti di droga a un simile passo? Casualità o convenienza?
In realtà dovevano trovare nuovi sbocchi operativi. Ormai ricorrere alla tradizionale rotta dei Caraibi era diventato sempre più pericoloso, a causa delle operazioni di contrasto delle varie forze di polizia. E quindi avevano bisogno di individuare rotte più sicure, cioè l’Africa. Sappiamo che il traffico è sempre più esteso, al punto   che oggi la Guinea Bissau è loro ostaggio.
Come entrano in scena gli africani di Al Qaeda?
Gli uomini dell’Akmi hanno fatto sapere, a chi voleva trasportare la droga in quelle zone, che si doveva passare da loro. Avrebbero così garantito il cosiddetto controllo di sicurezza “accompagnando” la merce attraverso il deserto: in cambio, ovviamente, di dollari, per un servizio che, è bene precisarlo, non prevede per l’Akmi l’acquisto della cocaina.
A quale prezzo?
Non ho le statistiche delle frequenze dei viaggi e delle quantità “assicurate”. Dipende anche dal prezzo e dal peso della cocaina. Comunque si tratta di   parecchi milioni di dollari.
Come arrivano gli stupefacenti in Africa?
Con jet privati, ma anche bimotori, che attraversano l’Atlantico e atterrano in genere a sud di Dakar, per proseguire con scali successivi in Guinea, Guinea Bissau, Mali e Mauritania. In questi ultimi due paesi poi sono gli islamici dell’Akmi a “proteggere” i carichi avuti in consegna durante la traversata del Sahel. Quel che succede in seguito non è più affar loro.
Dopo che accade?
La cocaina, impacchettata, viaggia su Tir che la portano seguendo due rotte. Una ad est, via Ciad e Sudan, ma anche Somalia, fino ad arrivare in Libano e, di qui, in Europa Orientale. L’altra punta su Sahara Occidentale e Marocco. La mèta finale è la Spagna. Un paio di episodi hanno contribuito a capire la dinamica del traffico.  
Quali?
Il primo è capitato nel novembre del 2009. C’era in ballo una partita di cocaina di ben dieci tonnellate: era nella pancia di un Boeing decollato dal Venezuela. Questa è la particolarità. Droga colombiana, esportata però dal Venezuela. Quell’aereo, i narcotrafficanti se l’erano comperato, a caro prezzo, dalla Libia. Non poteva più volare   , ma era stato rimesso a posto e in condizione di riprendere il volo. Ed è così atterrato su una pista di fortuna nel deserto del Mali. Qui sono subentrati quelli dell’Akmi per l’attività di “sicurezza”.
E il secondo episodio?
È più recente. Risale al marzo scorso, quando gli eserciti del Mali e della Mauritania hanno intercettato due veicoli due veicoli dei narcotrafficanti e altri due dell’Akmi. Ci sono stati degli scontri molto pesanti.
C’è collaborazione da questi due paesi?
In Mauritania sono più sensibili, di meno in Mali, più corrotto.  
I Tir carichi di droga subiscono ispezioni doganali?
Sì, ce ne sono. A questo punto comunque tutto rientra nella normale routine che segue il meccanismo classico di ogni traffico di droga. E’ cambiata soltanto la geografia del trasporto, dall’America Latina all’Africa.
Quanti sono membri dell’Akmi?
Direi 400-500. Vorrei però ricordare che quello della cocaina è per loro il secondo business. Il primo è quello dei sequestri di persona. Sono stati rapiti, com’è noto, italiani, francesi, austriaci, spagnoli.  
di Leo Sisti
IL FATTO QUOTIDIANO 14 SETTEMBRE 2010