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laser_01OLTRE GUERRE STELLARI, L'ARMA CHE L'OCCHIO UMANO NON PUÒ VEDERE
Gli Usa stanno mettendo a punto un nuovo sistema di difesa antiaerea , basato su un laser allo stato solido.
È in grado di colpire un velivolo a tre km di distanza.
MILANO - Guardando il video mostrato pubblicamente lunedì scorso al Farnborough International Air Show in Inghilterra si ha decisamente l'impressione di assistere a qualcosa che fino a pochi anni fa si poteva semplicemente immaginare. Un velivolo senza pilota che sta sorvolando il mare improvvisamente prende fuoco e precipita nell'Oceano. Ma non si tratta di un'esplosione a bordo: il drone è appena stato colpito da un raggio laser, invisibile all'occhio umano.
L'ARMA - L' innovativo sistema di difesa antiaerea, il cui nome completo è Laser Close-In Weapon System (Ciws), è stato messo a punto grazie a una collaborazione tra la Marina statunitense e Raytheon Missile's Systems, azienda leader nel settore delle armi ad alta tecnologia. È stato utilizzato un laser allo stato solido che produce il raggio utilizzando una superficie in vetro o in materiale ceramico. Un portavoce di Raytheon ha dichiarato che l'azienda ha comprato sei differenti laser usati nell'industria automobilistica e li ha assemblati per ottenere un unico, potente fascio di luce.
IL TEST - Le prove sono state condotte a maggio in California, a circa 150 chilometri da Los Angeles, ma il primo test di un raggio laser contro un missile risale a febbraio. Il Ciws, che produce un raggio da 50 kilowatt, è stato montato su una nave da guerra e, come è visibile nel video, è stato in grado di colpire, a più di tre chilometri di distanza, un velivolo che sfrecciava sopra l'oceano Pacifico a quasi 500 km/h. «È più reale di Star Wars - ha dichiarato Mike Booen, presidente del Directed Energy Weapons di Raytheon -, siamo già al lavoro per sviluppare un sistema laser da integrare nelle armi per il combattimento terrestre». Raytheon ha comunque annunciato che, malgrado il successo dei test, l'arma non sarà disponibile fino al 2016.
Emanuela Di Pasqua
21 luglio 2010  -  Corriere della Sera