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caza_venezL'ARMATA CHAVEZ
Il suo paese attraversa una pesante crisi politica ed economica, la sua popolarità è sempre più in calo  mentre crescono i rischi di golpe.
Così, per difendersi, il leader del Venezuela ha militarizzato città e campagne. Rapporto sui circoli chàvisti di operai e contadini con pistola e kalashnikov. Che ora sbarcano anche nelle scuole
Per l'annuncio ha scelto una scuola di Araure, cittadina a qualche centinaio di chilometri dalla capitale. Inaugurando un liceo dove studiano oltre mille ragazzi e ragazze, il presidente del Venezuela Hugo Chávez, ha esortato gli insegnanti: "In ogni aula, tu maestro direttore della scuola e tu maestra, dovete organizzare un Circolo Infantile Bolivariano. E non perdiamo tempo. Siamo indietro con l'organizzazione".
Ci risiamo. Quando le cose non vanno bene, quando chi è al potere sente venire meno il consenso decide di utilizzare i bambini. È accaduto in ogni società dove democrazia e libertà erano parole vuote, se non addirittura negate per legge. Non bisogna andare troppo indietro con la memoria. In Italia i balilla, a Cuba i pioneri José Martì, in Germania la Gioventu hitleriana, in Unione Sovietica e in Cina la Gioventù comunista. Ora è la volta di Chávez, presidente eletto nel 1999, che da dieci anni insegue il sogno del socialismo bolivariano, sovrapponendo la sua figura a quella del libertador sud-americano Simon Bolivar che nella sua vita è stato allo stesso tempo rivoluzionario e dittatore, speranza di riscatto e oppressore del popolo cui aveva dato la libertà.
Adesso che la popolarità del presidente è in crisi, Chávez ha chiamato a raccolta i fedeli e li ha invitati a organizzare i più giovani del paese nei Circoli Infantili Bolivariani. Dove "possono divertirsi e parlare dei problemi della famiglia", ha spiegato lo stesso presidente, come se prima della sua decisione i bambini e le bambine facessero tutt'altro. L'annuncio è stato fatto il 4 ottobre scorso, una settimana dopo le elezioni politiche generali che hanno visto l'opposizione a Chávez tornare in un Parlamento, dove oggi si confrontano 98 fedeli chavisti e 65 oppositori riuniti sotto un'unica bandiera (erano rimasti fuori una intera legislatura avendo commesso l'errore di andare sull'Aventino e non partecipare alle elezioni).
I Circoli Infantili Bolivariani sono l'ultimo e più drammatico passo verso la militarizzazione del paese. Ormai la situazione è così grave che può sfuggire al controllo di coloro che hanno ideato questa strategia per mantenere in sella Chávez. A milizie e circoli, naturalmente bolivariani, si sono aggiunti in alcuni barrios di Caracas i Colectivos Bolivarianos, ritratti in queste pagine dal fotografo spagnolo Alvaro Ybarra Zavala. Sono formati per lo più da gruppi di criminali che si sono messi al servizio del regime e che in cambio continuano tranquillamente nei loro traffici. Come si spiega altrimenti, visto il proliferare di gruppi civili per la rivoluzione bolivarista che il tasso di omicidi in Venezuela è cresciuto anno dopo anno, raggiungendo livelli non immaginabili in una società sviluppata? I Colectivos hanno fatto con il regime il patto del diavolo: sono i bravi del chavismo in cambio di impunità e libertà di agire.
La militarizzazione della società civile è cominciata l'11 luglio 2001, ha subito una accelerazione del 2002 dopo un tentativo di putsch contro Chávez organizzato secondo il vecchio stile made in Usa di trovare un fantoccio locale pronto a parlare in nome della società civile, ha rallentato il suo corso per qualche anno, per poi riprendere vigore man mano che gli umori anti-presidenziali salivano con il crescere di problemi economici e sociali: la disoccupazione, che ha superato il 30 per cento e ha spinto a creare un doppio mercato valutario con il dollaro quotato in un mercato ufficiale e in uno nero che sono fonte di speculazione e arricchimento per pochi; il crimine con 18 mila omicidi nell'ultimo anno; le ruberie, con infinite storie di appropriazione di beni pubblici e privati in nome del bolivarismo; il calo del prezzo del petrolio, che ha ridotto i fondi a disposizione di Chávez e portato la bilancia commerciale in passivo di 40 miliardi di dollari.
La militarizzazione della società venezuelana cominciò all'indomani del referendum del dicembre 1999 attraverso il quale l'80 per cento degli elettori aumentò il mandato presidenziale a sei anni, abolì il bicameralismo lasciando un solo ramo del Parlamento e rafforzò le prerogative e i poteri presidenziali. Chávez partì dalla Milizia Territoriale Bolivariana, niente altro che i riservisti che avevano già avuto una istruzione militare. Poi, nacquero i Circoli Bolivariani che l'analista sud americano Ignacio Osacar ha definito così: "Il modello venezuelano si ispira a quello cubano, dove ci sono organizzazioni simili che hanno una doppia funzione, militare ed economico-produttiva".
I Circoli cominciano a essere organizzati nella grande periferia di Caracas, nei barrios più poveri, dove le parole d'ordine chaviste attecchiscono meglio anche grazie alle sovvenzioni statali che mitigano una povertà e una mancanza di servizi sociali perenne. L'opposizione denunciò subito l'aspetto paramilitare che i Circoli stavano assumendo, visto che si parlava di distribuire armi e di difesa della rivoluzione bolivarista da tutti i nemici. E le conferma venne proprio nelle 36 ore del golpe del 13 aprile 2002, quando chavisti e anti-chavisti scesero in strada a manifestare. Sull'asfalto restarono 17 morti e cameraman e fotografi immortalarono gruppi di civili in moto e armati che sparavano alla cieca sugli avversari.
Cominciarono le polemiche su che cosa si nascondesse dietro il progetto dei Circoli Bolivariani. La discussione penetrò all'interno delle stesse forze armate del Venezuela dove non c'è mai stato un appoggio totale a Chávez nonostante il presidente abbia speso molto per loro in termini di stipendi, condizioni di vita e armamenti: l'ultimo contratto stipulato con la Russia prevede forniture per 4 miliardi di dollari, aerei da combattimento e carri armati. Alcuni ufficiali di alto grado espressero tutto il loro disappunto per la creazioni di milizie civili armate. "È grave mettere le armi nelle mani dei civili", sentenziò il generale dell'esercito Gonzalo Garcia Ordonez. E quando la Bbc pubblicò alcuni documenti che mostravano come i Circoli Bolivariani fossero una organizzazione paramilitare, l'ex vice ammiraglio Josè Rafael Huizi-Clavier dichiarò: "I documenti dimostrano che i Circoli dispongono di pistole 9 millimetri e Kalashnikov AK-47. Io ho sentito che il governo ha segretamente importato queste armi da Cuba. È tempo che le forze armate parlino apertamente di questo problema". Rispose sprezzante alle parole degli ufficiali, Lina Ron, una pasionaria chavista: "Abbiamo tutto il diritto di difendere il presidente in caso di golpe. Io sono pronta a morire per lui".
Chávez andò avanti con il suo progetto. Ha fondato nel 2005 la Milizia Bolivariana e nel giro di qualche anno l'ha rifornita di armi e addestramento militare ("Una milizia se non è armata non è una milizia", arringò dalla televisione). Ha creato anche quella contadina e quella operaia. Facendo arrabbiare di nuovo alcuni alti ufficiali. Solo pochi giorni fa, l'11 ottobre, Jesus Gregorio Gonzales, il comandante del Comando strategico operativo, ha detto: "Non possiamo legare la Milizia con il Presidente o con la ideologia di sinistra dell'attuale governo". Ma Hugo Chávez si era già spinto più in avanti, dando il via una settimana prima all'operazione bambini, con i Circoli Infantili Bolivariani.
di Antonio Carlucci
L'ESPRESSO 10 DICEMBRE 2010