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Lavoro-tossico-in-Tanzania-100“LAVORO TOSSICO”: IN TANZANIA CRESCE LA PIAGA DEI BAMBINI MINATORI
Venerdì, 06 Settembre 2013
Scavano e trapanano, in equilibrio su pozzi e strutture instabili, anche a 50 metri di profondità. Sottoterra e lungo gli stretti cunicoli, trasportano in superficie sacchi pesanti pieni di roccia, privi di qualsiasi protezione e misure di sicurezza, continuamente esposti a fumi, vapori e gas tossici.
Sono i piccoli lavoratori delle miniere d’oro informali della Tanzania, la cui difficile situazione è venuta alla luce di recente, grazie a un report di Human Rights Watch dal titolo “Toxic Toil”. La ricerca, costituita da oltre 200 testimonianze tra cui quella di 80 bambini tra gli 8 e i 17 anni, è stata eseguita su 11 siti minerari nelle regioni di Geita e Shinyanga del nord del paese, e Mbeya nel sud, e mostra l’impatto gravissimo di questa attività minorile illegale non solo sul diritto alla salute dei bambini, ma anche su quello all’istruzione, e alla protezione da violenze e abusi.
Inutile dire che gli incidenti sono all’ordine del giorno, soprattutto con turni di lavoro che, anche per i più piccoli, arrivano a toccare le 24 ore. “Stavo scavando, quando qualcuno mi urla di uscire subito dalla fossa – racconta Paul, 13 anni – Io ho risposto di aspettare un minuto perché volevo finire il lavoro, quando all’improvviso la miniera mi è crollata addosso. Sono caduto e ho perso i sensi. I miei amici mi hanno tirato fuori dalle macerie scavando, e mi hanno portato in ospedale”. Questa è solo una delle numerose testimonianze raccolte dall’ong internazionale: l’attività mineraria è infatti è una delle forme più pericolose di lavoro minorile, ma per molti bambini tanzani, soprattutto orfani e privi di beni di prima necessità come cibo, vestiti e riparo, è l’unico modo per sostenere se stessi e spesso anche i propri parenti. Non che la paga sia “equa”: dal mezzo dollaro ai 12 dollari a turno, a seconda delle ore di lavoro e delle mansioni.
Rahim T., ad esempio, ha iniziato a lavorare in miniera nei fine settimana e durante le vacanze scolastiche, periodi in cui veniva spesso lasciato a casa da solo senza soldi né cibo. Tra le sue specializzazioni, una delle più pericolose per la salute: l’estrazione dell’oro dalla roccia utilizzando il mercurio liquido, perfettamente funzionale allo scopo quanto altamente tossico. Il procedimento si svolge in questo modo: una volta scavato il minerale e dopo averlo portato in superficie, il bambino-minatore frantuma la roccia (lavoro ugualmente rischioso) e vi aggiunge un cucchiaio di mercurio, formando il cosiddetto “amalgama” che viene poi accostato a una fiamma; man mano che si scalda, l’oro viene pian piano rilasciato sul fondo, mentre il mercurio evapora, spandendosi nell’ambiente circostante. Un’operazione che i bambini possono fare sia in miniera, ma ancora più spesso direttamente a casa, esponendo così ai fumi velenosi anche chi nelle cave non ci lavora direttamente.
Perchè, come s’intuisce, respirare questi vapori è pericolosissimo, e gli effetti per la salute possono essere devastanti. I bambini e ragazzi intervistati da HRW raccontano di sintomi come affaticamento, mal di testa, dolori muscolari, vesciche, e gonfiore. Ma, a lungo termine, l’esposizione ai gas tossici può portare a malattie respiratorie, problemi muscolo-scheletrici, fino all’avvelenamento da mercurio. Non bisogna dimenticare che questo particolare metallo pesante può attaccare il sistema nervoso centrale e causare disabilità permanente, soprattutto nei bambini, i cui corpi in via di sviluppo sono più vulnerabili. “Fino alla nostra intervista, nessuno aveva mai detto a Rahim che il mercurio può causare gravi problemi di salute, tra cui danni al cervello, e anche la morte” scrive Janine Morna, ricercatrice sui diritti dei bambini presso HRW e curatrice del rapporto, che sottolinea quanto anche la disinformazione giochi un ruolo fondamentale nel reclutamento di questi piccoli minatori.
Ma i problemi non finiscono qui. HRW ha infatti intervistato anche numerose ragazze che lavorano sui siti minerari o nei pressi (mense o bar per i minatori), scoprendo che molte di loro spesso diventano vittime di sfruttamento e abuso sessuale. Il rischio di HIV e di altre infezioni trasmesse sessualmente presso questi posti è infatti altissimo, ben oltre la media del paese. “Spesso i padroni non ci danno i soldi per mangiare – dice Wanda S., 14 anni – per questo dobbiamo prostituirci. Ma vorrei smettere...”. E, come se non bastasse, il lavoro minorile nelle miniere artigianali colpisce anche la frequenza scolastica e le prestazioni in classe, portando spesso i bambini a saltare la scuola quando non ad abbandonarla del tutto.
Eppure in Tanzania le leggi contro il lavoro minorile e per la promozione di un uso più sicuro del mercurio nel settore minerario esistono, ma difficilmente vengono fatte rispettare, soprattutto sui siti informali. “Gli ispettori del lavoro dovrebbero poter visitare regolarmente le miniere, autorizzate e non, e assicurare le sanzioni per i datori di lavoro che utilizzano manodopera minorile” spiega ancora Janine Morna. La piaga, però, è dilagante: secondo le Nazioni Unite, a lavorare nelle miniere d’oro africane vi sarebbero dai 100.000 a 250.000 bambini. Peccato che, persino nel programma di sostegno al settore minerario finanziato dalla Banca Mondiale con 55 milioni di dollari, il problema non venga neppure menzionato.
“Noi non siamo per il boicottaggio dell’oro della Tanzania” continua HRW, che chiede piuttosto ai governi e istituzioni dei programmi di sostegno per la scolarizzazione e la formazione professionale dei bambini e ragazzi. La Tanzania è infatti il quarto più grande produttore di oro in Africa, e circa il 5% del PIL e un terzo delle sue esportazioni provengono dalle miniere, che possono essere di due tipi: quelle con licenza, in genere di proprietà di grosse multinazionali straniere, e quelle informali, più piccole e spesso gestite in modo improvvisato da privati. È qui che, secondo gli esperti, dovrebbero concentrarsi i controlli, anche perchè si stima che circa il 10% dell’oro del paese provenga proprio da questi piccoli siti che, secondo il governo tanzano, avrebbero prodotto circa 1,6 tonnellate di oro nel 2012, per un valore di circa 85 milioni di dollari. Le maggiori destinazioni sono gli Emirati Arabi Uniti, ma anche Svizzera, Sud Africa, Cina e Regno Unito.
“Il settore minerario artigianale è un settore importante e il boicottaggio farebbe più danni che benefici – afferma HRW – Ma è importante che anche i consumatori richiedano finalmente un oro pulito, libero dal lavoro minorile”.
Anna Toro