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GROZNY. ATTACCO DEI RIBELLI AL PARLAMENTO CECENO
Poi scatta il blitz delle forze di sicurezza
«Uccisi tutti i guerriglieri». I deputati sani e salvi. E la seduta inizia regolarmente MOSCA - Assalto armato dei ribelli al Parlamento ceceno. L'attentato ha avuto luogo a Grozny, dove due kamikaze si sono fatti esplodere. L'attacco si è concluso dopo l'operazione lampo delle forze di sicurezza russe che hanno ucciso quattro guerriglieri e sgomberato l'edificio «nel giro di 15-20 minuti», secondo quanto riferisce il presidente ceceno Ramzan Kadyrov, comunicando che «tutti i deputati sono sani e salvi». Il numero esatto dei ribelli che hanno partecipato all'azione terroristica non è comunque ancora stato definito. Incerto anche il numero totale delle vittime. Forse, ma la notizia è stata smentita a Mosca, è rimasto ucciso anche un dipendente del Parlamento.
IL BTLIZ - Un «attacco fallito», ha dichiarato il ministro dell'Interno russo, Rashid Nurgaliyev, che si trovava in visita nella capitale della repubblica caucasica. «Questa mattina intorno alle 8.45 (le 6.45 in Italia) guerriglieri hanno tentato di introdursi nell'edificio che ospita il Parlamento. - ha detto Nurgaliyev - Il tentativo è fallito, come al solito. Grazie all'intervento delle forze di sicurezza». A capo dell'operazione di sicurezza il leader ceceno Kadyrov, che ha avuto una conversazione telefonica con il premier russo Vladimir Putin il quale ha garantito la massima assistenza per tutti i coinvolti nell'attacco. Dopo l'attacco, la seduta del Parlamento si è aperta regolarmente.
IL QUADRO - La Cecenia resta dunque la repubblica più turbolenta della federazione russa. Il Cremlino sta cercando di arginare un'insurrezione fondamentalista islamica sempre più massiccia nel Caucaso settentrionale. Mosca ha dichiarato la propria vittoria nella battaglia contro i separatisti ceceni, ma gli analisti sostengono che l'ondata di sparatorie e di attentati degli ultimi mesi dimostra che Mosca non è riuscita a contenere l'insurrezione. I leader locali ritengono che il movimento sia provocato anche dalla povertà, dalle rivalità tra clan e dalla corruzione.
19 ottobre 2010 – Corriere della Sera