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PARTE LA CACCIA AI TESORI DEI DITTATORI LA SVIZZERA LI RESTITUISCE AI PAESI DEPREDATI
Da Gbagbo a Ben Ali, da marcos a Baby doc: i miliardi esportati ora saranno confiscati
LONDRA - Quando un dittatore perde il potere e fugge all´estero, non sempre ha bisogno di portare con sé valige piene di banconote, diamanti o lingotti d´oro, come pare abbia fatto la moglie del presidente tunisino Ben Ali, scappando in Arabia Saudita.
In genere i suoi beni sono già nascosti al sicuro, in Svizzera o in qualche remoto paradiso fiscale, depositati in banche e imprese, in borsa e immobili, riciclati attraverso codici cifrati, false identità, uffici legali. Ma nuove leggi più severe, migliori trattati internazionali e una maggiore cooperazione fra paesi, autorità giudiziarie e comunità finanziaria, stanno rendendo più difficile per i capi di stato in esilio godersi i tesori sottratti ai propri popoli.
Lo conferma l´azione lanciata la settimana scorsa dalla procura federale svizzera per congelare tutti i beni di Zein al-Abidine Ben Ali e del suo entourage, così come per bloccare le ricchezze portate nello stato elvetico da un autocrate non ancora fuggito, Laurent Gbagbo, controverso leader della Costa d´Avorio. L´attrattiva della Svizzera, per molti dittatori, dipendeva in primo luogo dalla segretezza del suo sistema bancario, che non è più una coltre impenetrabile come in passato. In anni recenti, il governo di Berna ha preso misure per impedire il riciclaggio di denaro e rafforzare le norme sull´identificazione dei clienti. In più, la settimana prossima entrerà in vigore una nuova legge che consente alla Svizzera di congelare, confiscare e restituire al paese di provenienza i fondi giudicati illeciti, garantendo che questi siano utilizzati per il bene della popolazione e amministrati da organizzazioni internazionali, governative e non. Un altro esempio riguarda il famigerato Jean-Claude "Baby Doc" Duvalier, l´ex-dittatore di Haiti, rientrato in patria nella forse erronea convinzione di poter approfittare del caos odierno per riguadagnare consensi, invece incriminato e messo sotto inchiesta dalle autorità locali per cercare di recuperare 120 milioni di dollari di fondi pubblici presumibilmente spariti nelle sue tasche. «Ci sono oggi maggiori possibilità di ritrovare i beni trafugati dai tiranni», dichiara al Financial Times Kevin Hellard, dirigente della divisione frodi della società d´investimenti Grant Thorton.
Finora, tuttavia, soltanto una piccola parte dei soldi trafugati all´estero è stata ritrovata e restituita in questa "caccia al tesoro". La Global Financial Integrity, un´agenzia americana specializzata in tale campo, calcola che l´ammontare dei fondi illeciti nascosti sia 1400 miliardi di dollari; la Banca Mondiale stima il livello della corruzione globale in 40 miliardi di dollari l´anno; eppure sono stati recuperati fino a questo momento soltanto 5 miliardi di dollari, per la maggior parte in Svizzera e negli Stati Uniti. Nella graduatoria degli autocrati ladroni, pubblicata dal quotidiano della City, ai primi posti figurano Saddam Hussein (tra 10 e 40 miliardi di dollari nascosti all´estero), lo scomparso scià di Persia Reza Pahlavi (circa 35 miliardi) e l´ex-presidente indonesiano Suharto (fra 15 e 33 miliardi). Seguono Bolgny della Costa d´Avorio (tra 8 e 10 miliardi), Marcos delle Filippine (tra 5 e 10), Mobutu del Congo (5), e poi Dos Santos dell´Angola, Niazov del Turkmenistan, Moi del Kenya. Quanti soldi abbia rubato e trafugato Ben Alì, in 25 anni al potere, non si sa con esattezza. I tunisini ora li vorrebbero indietro entrambi, lui e i soldi: per processare l´ex-presidente e riprendersi i capitali che aveva trafugato illegalmente. Grazie alla nuova legge svizzera, sperano di cominciare riportando a casa almeno una parte del suo tesoro.
REPUBBLICA 27 GENNAIO 2011