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COPRIFUOCO NELLA CAPITALE, DALL´IRAN AHMADINEJAD DIFENDE I DIMOSTRANTI SCIITI E ACCUSA ARABIA SAUDITA E STATI UNITI
Bahrein, i militari attaccano la folla Sei morti negli scontri. Clinton: "Uso eccessivo della forza"
ALBERTO STABILE
BEIRUT - Con una dimostrazione di forza che potrebbe avere conseguenze nefaste ben oltre i confini del Bahrein, le forze di sicurezza agli ordini di re Hamad bin Issa al Khalifa, hanno attaccato, all´alba, la Piazza della Perla, roccaforte e simbolo della protesta contro il regime. Appoggiati da elicotteri e mezzi blindati, centinaia di agenti hanno scatenato l´inferno, sgomberando, sì, l´accampamento dei manifestanti, ma lasciando sul terreno sei morti, tre per parte, centinaia di feriti e la capitale, Manama, ingabbiata nel coprifuoco. A questo si deve tuttavia aggiungere un´impennata della tensione nell´intera regione, dopo che il presidente iraniano, Ahmadinedjad, ha condannato l´attacco definendolo «un passo odioso e destinato al fallimento».
L´irruzione contro la Piazza della Perla è scattata 48 ore dopo l´arrivo di 2000 soldati inviati dall´Arabia Saudita e da altri paesi del Golfo, satelliti del gigante petrolifero, per aiutare re Hamad a domare la rivolta. Con un´improvvisa accelerazione verso la repressione della protesta, 24 ore dopo l´arrivo delle truppe, il monarca ha proclamato lo stato d´assedio. Ieri, infine, l´attacco, una fotocopia di quello già scatenato la notte tra il 16 e il 17 febbraio (cinque morti).
Stavolta, però, lo scenario della crisi è completamente cambiato e non solo perché i margini per una ripresa del dialogo tra la famiglia regnante e i dimostranti sembrano essersi esauriti, ma soprattutto perché, nel frattempo, sono intervenuti nuovi attori, che poco hanno a che fare con il conflitto esploso tra la maggioranza sciita della popolazione del Bahrein e la minoranza sunnita che regge lo scettro del potere. Con l´arrivo delle truppe saudite, la crisi si è internazionalizzata.
Ha prevalso, in sostanza, la paura del regime di Riad che la rivolta degli sciiti del Bahrein potesse contagiare la minoranza sciita dell´Arabia saudita e, soprattutto, che una sconfitta della famiglia reale alla guida del Bahrein potesse trasformarsi in un successo per l´Iran, accusato di manovrare la protesta dietro le quinte. Ma, nel decidere l´intervento militare, Riad ha finito con l´offrire ad Ahmadinedjad il pretesto per alzare la voce, lui, presidente dell´Iran sciita, a favore della popolazione sciita massacrata del Bahrein.
Nel sua aggressiva requisitoria, Ahmadinedjad, ha riservato una stoccata congiunta, all´Arabia Saudita e agli Stati Uniti. «Dico a coloro che hanno inviato forze armate in Bahrein che nel passato alcuni paesi della regione hanno fatto cose simili e si ricordino di che fine ha fatto Saddam Hussein». Perché è agli Stati uniti che il presidente iraniano attribuisce la responsabilità della crisi. In verità, l´Amministrazione Obama non ha mai smesso di fare appello al dialogo, e ieri Hillary Clinton ha persino accusato il Bahrain di uso «eccessivo» della forza. Semmai, se c´è da stupirsi di qualcosa, è quando il portavoce di Obama dice che l´Amministrazione nulla sapeva delle intenzioni dell´alleato saudita di mandare le truppe. «Siamo stati informati, ma non consultati.
REPUBBLICA 17 MARZO 2011