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poetaJavierSiciliaNARCOGUERRA. FAMOSO POETA CONTRO NARCOS.
MESSICO, TRENTACINQUEMILA MORTI DOPO

Ad affrontare a viso aperto i cartelli messicani della droga c'e' da qualche giorno un noto poeta nel paese: Javier Sicilia, un figlio ucciso dai sicari dei cartelli della cocaina, sta organizzando via twitter una grande marcia di protesta anti-narcos, in programma domani nella capitale.
Il figlio di Sicilia, Juan Francisco - 24 anni, collaboratore del settimanale 'Proceso' - e' stato ucciso giorni fa assieme ad altri sei giovani in una delle tante 'mattanze' dei narcos. Il cadavere del giovane e' apparso lo scorso 28 marzo nella citta' di Temixco. 'Sono tutti morti asfissiati, i loro corpi avevano chiari segni di tortura', hanno precisato gli investigatori nel dare la notizia, che Sicilia - scrittore e collaboratore del quotidiano 'La Jornada' - ha saputo solo due giorni dopo, mentre si trovava in viaggio nelle Filippine.
L'inchiesta non e' pero' riuscita a chiarire chi sono i responsabili degli omicidi. Alcune fonti della polizia si limitano a ricordare il fatto che, a quanto pare, uno dei giovani uccisi vendeva droghe.
Rientrato nel paese, Sicilia ha subito cercato di capire meglio come sono andate le cose, mettendo sotto pressing sia gli investigatori sia il governo del presidente Felipe Calderon.
'Siamo stufi e addolorati, il governo ha lanciato contro i narcos una guerra impostata, gestita e guidata molto male, che ha portato il paese allo stato di emergenza', afferma Sicilia, che definisce i narcotrafficanti 'esseri demoniaci e vigliacchi, dei nazisti, uccidono bambini, ragazzi, donne'.
'Dobbiamo fermare questa guerra, il che non vuol dire arrendersi, ma vedere quali patti possiamo fare con loro per fermare la violenza', ha aggiunto Sicilia, che ha scritto una poesia per ricordare il figlio, annunciando nel contempo che avrebbe smesso di scrivere.
Negli ultimi quattro anni, rilevano i media locali, i killer dei cartelli della droga hanno fatto in Messico circa 35 mila morti.
5 aprile 2011
http://www.aduc.it/notizia/narcoguerra+famoso+poeta+contro+narcos_122517.php
MESSICO, TRENTACINQUEMILA MORTI DOPO
di Matteo Zola
E’ stata scoperta un’altra fossa comune con 49 cadaveri a La Joya, una piccola comunità rurale del Tamaulipas, stato del nord del Messico al confine con il Texas. Lo stato di decomposizione ha spinto la polizia a sospettare che si tratti dei viaggiatori di un autobus dirottato il 25 marzo e di cui si erano perse le tracce. Il movente resta sconosciuto. Forse un movente non c’è nemmeno: quando la violenza e il sopruso diventano legge esse continuano a riprodursi al solo scopo di mantenere quel sistema di potere che su di esse si fonda. E il potere, nel Messico settentrionale, è detenuto dai narcos. La lotta al narcotraffico di Felipe Calderon, da cinque anni presidente del Messico, è prossima alla sconfitta. Una sconfitta che passa sui nomi e sui numeri dei cadaveri. Oggi, trentacinquemila morti dopo l’elezione di Calderon, ciò che di vivo resta nel paese protesta in silenzio. Un silenzio la cui voce è quella di un poeta: “Il mondo non è più degno di parola, ce l’hanno soffocata dentro”.
Javier Sicilia, poeta ma soprattutto giornalista, è padre di una delle vittime della violenza dei narcos. Suo figlio è stato ucciso con altri otto ragazzi a metà dello scorso marzo. Motivo? Anche in questo caso ignoto. Javier Sicilia ha guidato ieri una manifestazione a Cuernavaca, altre 38 città, tra cui Città del Messico e Ciutad Juarez, lo hanno seguito al grido di “emergencia nacional”.
Il Messico è al limite del collasso sociale e psicologico. Come di rito, il presidente Calderon ha espresso il proprio cordoglio ai familiari condannando «l’atto di vigliaccheria che dimostra l’assoluta mancanza di coscienza con cui operano le organizzazioni criminali». Trentacinquemila morti dopo, però, non basta più il cordoglio e non sembra aver alcun senso parlare di coscienza. La fine di questa guerra ai narcos non sembra prossima benché il presidente snoccioli i suoi successi: i recenti arresti di importanti narcotrafficanti dimostrerebbero il successo della sua campagna. Le cifre di questo successo: il 2010 si è chiuso con oltre 15mila morti, un aumento del 58% sull’anno precedente, mentre il primo trimestre del 2011 ne ha registrati 3.220.
Nel 2012 avranno luogo le elezioni presidenziali, Calderon non potrà ricandidarsi. Chi verrà dopo di lui proporrà nuove ricette, in modo da segnare discontinuità, almeno sulla carta. La scia di morti però sembra inarrestabile e difficilmente, senza un intervento pianificato, sarà possibile fermarla.
8 aprile 2011  -  Narcomafie