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OBAMA: TAGLIAMO GLI ARSENALI ATOMICI

«Ridurre il rischio del terrorismo nucleare che può distruggere le nostre metropoli»
Il preambolo del documento chiama in causa l’Iran e la Corea del Nord
MAURIZIO MOLINARI
NEW YORK
Votando per alzata di mano il Consiglio di Sicurezza dell'Onu approva all'unanimità la risoluzione 1887 che sostiene l'obiettivo di un «mondo senza armi nucleari» indicato da Barack Obama nel discorso pronunciato a Praga lo scorso aprile. Alle 9,15 del mattino l'inquilino della Casa Bianca arriva puntuale all'appuntamento con il Consiglio di Sicurezza che è chiamato a presiedere - in base alla rotazione fra i 15 Paesi membri - e quando batte sul tavolo il rituale martello di legno attorno al tavolo semicircolare ci sono i leader di Costa Rica, Croazia, Russia, Messico, Austria, Vietnam, Uganda, Cina, Francia, Gran Bretagna, Burkina Faso, Giappone e Turchia, oltre al Segretario generale dell'Onu Ban Ki moon.
Manca all'appello solo il libico Gheddafi - Tripoli è membro non permanente - che sceglie di farsi rappresentare da un suo inviato meno di 24 ore dopo aver definito il massimo organo
rappresentativo dell'Onu un «Consiglio del terrore». Obama non dà importanza alla defezione del colonnello e incomincia subito con l'agenda dei lavori, spiegando la necessità di adottare la risoluzione con «la necessità di promuovere il disarmo e ridurre il rischio del terrorismo nucleare»
che potrebbe «far esplodere un ordigno in una grande città, a New York o Mosca, Tokyo o Pechino, Londra o Parigi, causando centinaia di migliaia di vittime e distruzioni imponenti».
È sin dall'indomani degli attacchi dell'11 settembre che la comunità d'intelligence americana ammonisce sui rischi di un attentato nucleare ed ora il presidente sceglie di rendere pubblico questo incubo collettivo, per giustificare l'urgenza di «riuscire entro quattro anni a mettere sotto controllo tutti materiali nucleari vulnerabili» che potrebbero facilmente cadere nelle mani dei terroristi. Il testo della risoluzione chiama in causa nel preambolo Iran e Corea del Nord richiamando la dozzina di precedenti risoluzioni approvate dall'Onu contro i loro programmi nucleari.
Negli interventi che seguono tocca al britannico Gordon Brown ed al francese Nicolas Sarkozy chiamare apertamente in causa Teheran e Pyongyang. «Dobbiamo valutare sanzioni più dure contro l'Iran» afferma Brown, «Teheran e Pyongyang rendono il mondo più insicuro» aggiunge Sarkozy. L'attesa è tutta per Dmitri Medvedev e Hu Jintao, in passato molto recalcitranti sulle sanzioni nucleari. Ma adesso ammorbidiscono i toni. Il capo del Cremlino denuncia la «sfiducia che regna fra noi» a causa del programma iraniano e si conferma l'alleato più importante di Obama, al quale la sera prima al Waldorf Astoria aveva detto, riferendosi a Teheran, che «a volte le sanzioni sono necessarie».
Anche il leader cinese evita sfide, sembra muoversi nel solco di Obama: «Ogni nazione nucleare si deve impegnare a non usare ordigni, o minacciare di farlo, contro nazioni non nucleari». Si finisce con l'approvazione di un testo immaginato da Obama e confezionato dal Segretario di Stato Hillary Clinton per essere l'ossatura di una nuova architettura di sicurezza nucleare: auspica un «mondo senza armi nucleari» e il rafforzamento del Trattato contro la proliferazione, prevede il summit sulla sicurezza atomica del 2010 richiesto dagli Usa, impegna Iran e Nord Corea a rispettare le risoluzioni Onu e apre la strada ai tagli strategici che Obama e Medvedev annunceranno alla
fine dell'anno siglando il rinnovo del Trattato «Start».
La Stampa 25 settembre 2009