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“IL PORTOGALLO È SENZA SPERANZA SERVE L’AIUTO EUROPEO E IL RISANAMENTO”
“Il piano di salvataggio? Parliamoci chiaro: è nei fatti già da tempo. Sono mesi che lo Stato portoghese viene sostenuto dalla Bce con l’acquisto di debito pubblico nel mercato secondario per combattere l’aumento dei tassi di interesse.
Ora si tratta solo di formalizzare la richiesta di aiuto”. Sconcertata dal precipitare della crisi politica, Helena Garrido – vice-direttrice   del quotidiano Jornal de Negócios, una delle firme più prestigiose del giornalismo economico portoghese – vede nero nel futuro del Paese che attraverse la peggiore crisi finanziaria in quasi 40 anni di democrazia.
Lisbona si ritrova, all’improvviso, senza governo proprio nel momento meno indicato. Con quali conseguenze?
Non ci possiamo attendere niente di buono. Visto lo stato in cui versa la finanza nazionale, l’instabilità politica è il peggiore degli scenari possibili. Eppure sembra che tutte le forze in Parlamento abbiano voluto spingere in questa direzione. Vogliono che le elezioni: e allora si voterà, ma dev’essere chiaro che, chiunque risulti vincitore dovrà varare un nuovo Pec [piano di stabilità e crescità, ndr] che conterrà misure di austerità ancor più dure di quelle appena bocciate dal Parlamento.
Vuol dire che se i conservatori   del Partito socialdemocratico, che hanno fatto cadere Socrates criticando l’il suo piano economico, andranno al potere, dovranno adottare scelte simili?
Certo. Il Portogallo non ha, in questo momento, margine di manovra. Nessuno può permettersi di violare gli impegni assunti con l’Unione europea, che prevedono una riduzione del deficit al 3 per cento nel 2012 e al 2 nel 2013. La destra, che nell’ultimo anno aveva criticato   gli aumenti delle imposte decisi dai socialisti, ora propone un incremento dell’Iva e nuovi tagli alle spese dello Stato.
Crede che il ricorso al piano di salvataggio finanziario sia ormai inevitabile?
Abbiamo sentito Socrates ripetere, ancora una volta a Bruxelles, che il Portogallo non ha bisogno di aiuti. Ma soffriamo da tempo per una enorme difficoltà di accesso ai mercati finanziari. Bisogna onorare i pagamenti degli interessi sui debiti. Il premier ha fatto di tutto per arrivare una soluzione negoziata, per risolvere i problemi attraverso interventi di politica monetaria della Bce. Con la prospettiva delle elezioni anticipate alle porte, diventa tutto più complicato.
Dalla destra all’estrema sinistra tutti sono compatti contro il primo ministro José Socrates. Quali sono stati i suoi errori?
Forse il più grave in assoluto è   aver tardato troppo prima di ammettere la situazione finanziaria del Paese. Avrebbe dovuto prendere provvedimenti all’esplosione della crisi greca. E invece ha continuato a tergiversare. E poi, quando ha iniziato a varare le misure di austerità, è stato imprudente. Ogni pacchetto di tagli annunciato dal governo, era accompagnato dall’assicurazione che sarebbe stato l’ultimo. Dichiarazioni puntualmente smentite: si è arrivati al record di quattro manovre in appena un anno.
A questo va aggiunto l’errore di negoziare l’ultimo piano di stabilità direttamente con Bruxelles, senza informare le forze politiche nazionali.  
Esistono due letture di questo comportamento. La prima è che essendo stato occupato a tempo pieno per due settimane con le commissioni tecniche della Bce e della Commissione Ue venute a Lisbona per coordinare fino al 10 marzo scorso l’elaborazione delle nuove misure di austerità, Socrates avrebbe tralasciato, o dimenticato, il necessario passaggio istituzionale. L’altra interpretazione è che Socrates l’avrebbe fatto in maniera premeditata per provocare la crisi politica. Ha varato il pacchetto economico senza neppure informare il presidente della Repubblica Cavaco Silva, il quale aveva dichiarato esplicitamente che esiste un limite alle misure di austerità.  
C’è chi sostiene che l’eventuale successo dei socialdemocratici alleati con l’estrema destra alle prossime elezioni potrebbe provocare un’instabilità sociale simile a quella della Grecia.
Non credo che esista questo rischio. I salari dei dipendenti pubblici sono stati già tagliati senza che ciò abbia provocato grandi sconvolgimenti. Il timore di un blocco dei camionisti è stato sventato grazie alla mediazione del governo. E gli scioperi nei trasporti pubblici non hanno avuto almeno finora effetti disastrosi.  
di Alessandro Oppes
Madrid
IL FATTO QUOTIDIANO 26 MARZO 2011