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LA DIGNITÀ DEL SANGUE CHE SPAVENTA ASSAD
VENERDÌ DI PROTESTA E REPRESSIONE IN SIRIA REGIME AMICO DI MOSCA E TEHERAN di Maurizio Chierici
Deve essere il vento che soffia dalla Libia: per la prima volta i siriani scendono in strada per chiedere un po’ di libertà. Libertà di stampa e tv, protezione da autorità piccole e grandi dai poteri assoluti garantiti da uno stato di emergenza che da 40 anni reprime ogni sospiro. Mano libera alle dieci polizie segrete che non si sono mai risparmiate. Mentre migliaia di persone accompagnavano nel sud di Daraa i funerali dei 44 ragazzi uccisi dalle forze speciali, altre polizie sparavano nella città accanto, Sanmin: 20 morti. Quattro per il momento a Latakia. E gli slogan non cambiano a Damasco “questo è il venerdì della dignità”.
La Siria è un polveriera che sta per scoppiare. Accumula problemi economici e demografici nascosti da un'economia che finora aveva assicurato la sopravvivenza. Ma il petrolio   è alle ultime gocce, le braccia che lavoravano in Libano sono tornare dalla Beirut occupata militarmente nel 1976 con la benedizione Onu: Truppe Arabe di Dissuasione incaricate di pacificare la capitale che i notabili dell'Islam e i notabili cristiano-maroniti distruggevano armi in pugno. Strana pacificazione: militari e carri siriani ad ogni angolo mentre la ricostruzione era affidata alle braccia degli emigranti che arrivavano da Damasco, larve di uomini, dormivano nella sabbia dei cantieri nei quali erano quasi prigionieri.
INTANTO I MILITARI di Assad facevano politica: allevavano gli Hezbollah, partito di Dio che ancora pattuglia parte della Bekaa e Baalbec, rovine che incantavano Proust. La Siria faceva politica senza averne titolo; assassinava quei politici libanesi che non sopportavano l'occupazione mascherata: Kemal Joumblat,   leader socialista e principe della minoranza drusa e nel 2005 Rafiq Hariri, costruttore selvaggio, ex primo ministro dalla doppia cittadinanza libanese-saudita. Scandalo internazionale, tutti a casa: truppe disoccupate, migliaia di manovali senza lavoro. Senza contare che metà della popolazione ha meno di 15 anni e non sa cosa sperare.
Ogni rivolta ha tante madri che il nome “libertà” riassume, e la provocazione della corruzione nelle mani degli alauiti scatena. Perché l'incomprensione tra il potere assoluto esercitato dal 1971 da una minoranza islamica (gli alauiti sono il 10 per cento), questo potere, è sempre mal sopportato dalla maggioranza sunnita. Nel 1982 il braccio di ferro si è trasformato in massacro   : distruzione di Hama, città sacra ai Fratelli Mussulmani. Assad, militare laico cresciuto nelle accademie di Mosca, manda aerei e carri armati per ribadire “la centralità dello  
Stato”. Governa così dal 1971 al letto di morte del 2000. Doveva succedergli Basil, primogenito: muore in un incidente. Allora il padre padrone educa frettolosamente Bashar: giura la presidenza e si affida alla corte familiare che amministra ogni battito del paese. Fratelli, zii, generi cognati con le mani su banche, forze armate, comandi di milizie, guardie presidenziali, compagnie di combattimento. Bashar sta promettendo   a chi grida di cancellare lo stato d'emegenza e aumentare le paghe ma solo ai funzionari. La gente deve portare pazienza. Adesso che Gheddafi traballa, di amici del petrolio gli sono rimasti gli iraniani e di riconoscenze politiche non ne ha ereditato. Damasco è attraversata da Bara-da, fiume che nasce al confine del Libano e si perde nel deserto. Dalla terrazza del Meridien il viale che lo accompaganava   è stato per vent'anni coperto da centinaia di bandiere siriane e palestinese incrociati nell'abbraccio della solidarietà. Un imbroglio. Assad padre ha cercato di far fuori Arafat finanziando la dissidenza palestinese. Lo ha messo in galera e liberato di malavoglia per intervento di Kuwait e Arabia Saudita. Si impossessava della protesta palestinese per farne un uso politico. Contro Israele che non   restituisce le alture del Golan conquistate nel '67; contro gli Stati Uniti ai quali l'espropriazione palestinese continua a dare grattacapi. Assad figlio è stato educato con questi principi da un Assad padre dai dogmi senza incertezze: parole ragionevoli e mano sempre dura. Finora è andata bene, adesso si ritrova solo nell’abbraccio con Teheran e le voci che le polizie non riescono a spegnere.  
Preghiere e bandiere
Wilders: “Nei paesi islamici non può esserci democrazia”
L'Occidente “dovrebbe considerare con attenzione le conseguenze delle rivolte” che stanno scuotendo il mondo arabo. Geert Wilders, deputato olandese xenofobo e anti-islamista esprime scetticismo sulla primavera araba durante il suo intervento alla Fondazione Magna Carta, ieri a Roma. Pensare che in paesi dove vige la religione islamica vi possa essere “vera libertà e democrazia è un'illusione”, ha detto. Per questo l'intervento militare contro Gheddafi, sul quale il suo Partito per la libertà ha espresso voto contrario, potrebbe generare effetti perversi.Yemen: la polizia spara in aria per impedire gli scontri
Ancora proteste anche in Yemen, dove i militari a Sana’a hanno sparato colpi in aria per impedire ai sostenitori del presidente, Ali Abdullah Saleh, di avvicinarsi al sit-in degli oppositori che invocano le sue immediate dimissioni. In mattinata il capo dello stato ha tenuto un comizio davanti ai propri militanti, nel quale ha aperto alla possibilità di accettare alcune richieste. Per placare la rivolta, Saleh ha promesso di non ricandidarsi, ha convocato elezioni anticipate entro un anno e annunciato l’amnistia per tutti i militari passati all’opposizione.
Giordania: ad Amman arriva il primo morto
Un morto e almeno 100 feriti nella capitale, giordana Amman, dove ieri si sono fronteggiati gli oppositori e i sostenitori del governo e di re Abdallah. I militanti contrapposti si sono colpiti con pietre mentre la polizia giordana sarebbe intervenuta con gli idranti. È in questo contesto che, secondo l’emittente Al Jazeera, la polizia avrebbe ucciso un uomo. Sarebbe il primo morto in Giordania. Scontri analoghi ma senza vittime erano avvenuti nella notte di giovedì, sempre nella capitale, quando i sostenitori del governo hanno assaltato un sit-in degli oppositori.
Pace, acqua e nucleare: tutti in piazza a Roma
È la giornata nazionale per lanciare la vittoria dei SI ai referendum per l’acqua bene comune. Ma gli accadimenti internazionali - dal Giappone alla Libia - hanno trasformato la manifestazione di oggi a Roma anche in un appuntamento contro il nucleare e contro la guerra. Si comincia a scendere in piazza, in attesa della giornata di mobilitazione nazionale già in programma per sabato 2 aprile.
IL FATTO QUOTIDIANO 26 MARZO 2011