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VENERDÌ NERO IN SIRIA ANCORA SCONTRI A DARAA LE VITTIME SONO DECINE
La tv di Stato «Uomini armati hanno ammazzato diciannove agenti» Il presidente Bashar Assad
«Ma bidna ginsya... bidna hurriya» («Non vogliamo la cittadinanza... vogliamo la libertà») ripetono in dialetto i circa settemila manifestanti curdi scesi in piazza ieri nel nord della Siria per protestare contro il governo di Damasco. Giovedì il presidente Bashar al Assad aveva promesso loro la naturalizzazione attesa dal 1962 oltre a una serie di altre riforme «conservatrici» come la chiusura dell’unico casino. Non li ha convinti, pare. Come non ha convinto i ribelli di Daraa, nel tradizionalissimo sud pioniere della rivolta, dove il quarto venerdì della rabbia si è chiuso con decine di feriti e 30 persone uccise dalle forze di sicurezza.
La rivoluzione siriana, tallonata da un servizio segreto degno solo di Saddam Hussein, fatica a decollare. Ma i troppo timidi passi del presidente, che nonostante le promesse mantiene ancora in vigore la temibile legge d’emergenza, non soddisfano i connazionali meno facinorosi e galvanizzano gli altri. Ieri, raccontano fonti dell’opposizione via Skype, la situazione è precipitata dopo la preghiera rituale, quando migliaia di abitanti di Daraa hanno marciato verso il palazzo di giustizia e gli agenti in borghese hanno aperto il fuoco. La versione di Damasco parla di «vandali armati» che avrebbero incendiato una sede del partito di governo Baath e sparato sulla polizia: la tv di stato ha contato 19 agenti uccisi. La notizia ha fatto il giro del paese caricando le migliaia di manifestanti che a Latakia, Hama, Tartous, sfilavano come i fratelli meridionali urlando «i siriani, un solo popolo».
L’esito della giornata annuncia nuove tensioni. Forze dell’ordine e manifestanti si sono scontrati anche ad Homs, 160 chilometri a nord di Damasco, e ad Harasta, a poca distanza dalla capitale.
FRANCESCA PACI
LA STAMPA 9 APRILE 2011