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Ma mère loye enzo favanoDi Enzo Favano

(Parole e musica dedicate a tutti i bambini, compresi quelli nascosti in fondo al cuore degli adulti).

Francesco, Papa Francesco, si era da poco insediato quando cominciarono i bagni di folla. Braccia anelanti si agitavano e lui rispondeva. Sceso dal papamobile si avvicinò alle transenne e distribuì generosamente grandi strette di mano a destra e a manca. Una coppia di genitori sollevò in alto un bambino, poteva avere due o tre anni, e lo affidò al Papa per una benedizione. Francesco lo prese in braccio, lo baciò e lo benedisse, quindi lo consegnò ai genitori. Tutti contenti! Loro! Ma non il bambino, che durante l’operazione piangeva disperatamente!

Intendiamoci! Non sto per elevare critiche a Papa Francesco, che sta sforzandosi di dare la giusta, necessaria, difficile e complicata sterzata a Santa Madre Chiesa, Cattolica, Apostolica e Romana, molto romana! E nemmeno ai genitori che intendevano in buona fede regalare al bambino una forma di battesimo al volo da parte del Capo Supremo dei Cattolici di tutto il mondo.

Voglio solo focalizzare e promuovere il punto di vista del bambino, solitamente dato per scontato dai cosiddetti “grandi”, genitori, parenti o amici che siano. Egli non può capire, alla sua età, l’importanza dell’evento, né avere la possibilità di concedere o negare eventuale consenso in merito. I grandi decidono per lui. Semplicemente si è trovato, suo malgrado, in mezzo ad una folla chiassosa e improvvisamente “issato” e consegnato come pacco postale ad uno sconosciuto, vestito di bianco ed apparso improvvisamente, agli occhi del bambino, come sbucato dal nulla. Quand’anche avessero preventivamente cercato di spiegargli chi è il Papa, non fa molta differenza. Piange perché tutto ciò è decisamente insolito e gli mette paura. Vive l’episodio come una forma di violenza – e per certi aspetti lo è - e viene persino intaccata la sua fiducia nell’amore dei genitori verso di lui. Sarà questo sentimento, in definitiva, che potrà, eventualmente, rimanere impresso nella sua coscienza, non certo la benedizione del Papa. Ma i genitori hanno guadagnato una religiosa soddisfazione personale, con ripresa della TV dell’intera, breve scena. Evento da raccontare e poi ricordare a parenti e amici.

Per istruire meglio le mie considerazioni conclusive in merito, comunque in parte già palesi, aggiungo un altro episodio, questa volta mi concerne personalmente fra i protagonisti.

Avevo in braccio il mio nipotino, aveva l’età di un anno, più o meno. Avevamo interagito scherzando, giocando e scambiando quei piccoli non-sense verbali e musicali che piacciono tanto ai piccoli, ma in questo caso anche ai grandi, specialmente ai nonni. Arriva la madre da fuori e appena entrata si prende subito in braccio il bambino, che comincia a piangere disperatamente. Ma come? Passa dalle braccia del nonno a quelle della mamma e si mette a piangere? Qualcuno presente alla scena, un po’ perplesso, manifesta stupore. Ma i grandi non possono capire… Qual’era il problema? Lo posso spiegare adesso con una certa sicurezza, perché ricordo esattamente ciò che io stesso provai allora. Giocando e scherzando col bambino in braccio si erano creati degli invisibili, ma solidi legamenti di amore, che ci avevano ambedue avvolti e uniti in unico flusso, gioioso e indistinto, di pienezza emotiva. Una specie di bossolo dorato e confortevole, entro cui vivere un momento magico. Il passaggio repentino dalle mie braccia a quelle della madre ha semplicemente lacerato bruscamente quei piacevoli, occasionali e invisibili legami. Anch’io ho provato in me un improvviso tonfo: un venir meno della piacevole, comune energia vitale vissuta insieme al piccolo ed in una evidente corrispondenza telepatica di sentimenti, ho immediatamente capito che il bambino stava vivendo la stessa sofferenza, magari in forma più esponenziale, considerata la sua maggiore, più fresca, sensibilità emotiva. E con questo non voglio certo dire che il piccolo preferiva l’amore del nonno a quello della madre. Semplicemente in quel momento, in quella situazione, avrebbe avuto bisogno di sciogliere i legamenti invisibili con maggiore gradualità e dolcezza, magari per ricomporli diversamente o anche più intensamente con la mamma. Ovviamente poteva succedere lo stesso inconveniente se i ruoli madre – nonno fossero stati invertiti.

Ma i “grandi” possono capire tutto questo? No! A meno che non approfondiscano più accuratamente i punti di vista dei piccoli. E ciò presuppone il coltivare una intenzionale, adeguata e specifica sensibilità in cui i rigidi schemi di comportamento degli adulti si possano affievolire per dare spazio ad una percezione più generosa delle effettive emozioni del bambino.

Accade spesso, in un modo o nell’altro, tanto per fare un esempio, che spunta una visita alla famiglia e si apre la porta col bimbo in braccio. “Che bellino!” esclama la persona arrivata e tende le mani per prenderlo. Se gli viene concesso il tempo, il bambino esprime il consenso muovendosi, sia pure impercettibilmente, verso l’offerta; viceversa rimane impassibile o si gira dall’altra parte. Ma avviene spesso che, “per educazione” verso l’ospite, sia la mamma o il papà stesso a consegnare il bambino nelle braccia altrui, a prescindere dalle sue emozioni, o prima ancora che possa in qualche modo avere il tempo di manifestarle. E qui si rischia di replicare l’episodio con Papa Francesco.

Ma il primo grave torto che viene fatto al bambino è proprio alla nascita!
E anche qui torna utile ricorrere ad una esemplificativa esperienza personale, sia pure indiretta.

Molti anni fa una coppia di miei cari amici perse il bambino di 12 anni. Un tremendo cancro ai reni lo consumò, con le atroci sofferenze correlate. I genitori, disperati, cercarono conforto di vario tipo e, trascorso qualche tempo, si rivolsero ad una affidabile medium, nella speranza di comunicare con l’Al di Là ed avere qualche notizia del loro amato figliolo. Attraverso la canalizzatrice il bambino rivelò di essere costantemente in preghiera, affinché la cattiva sorte a lui toccata potesse risparmiare i suoi compagnetti, parenti ed amici, rimasti sulla Terra. Ma soprattutto descrisse il suo cruciale distacco dal corpo fisico: fu “accolto e accompagnato in Paradiso da un Coro di Cherubini!” Immagine commovente e molto credibile per gli addetti ai lavori.

Per contro, domandiamoci: come viene accolto invece un bambino sulla Terra? Un groviglio di dispositivi sanitari che fanno continuamente BIP –BIP, un convulso vocio degli operatori che occupano la scena, con adeguato, spiacevole sottofondo ospedaliero. Non sempre gli operatori sono del tutto benevoli con la madre e col bambino. Una signora mi raccontò che quando esprimeva il dolore del parto del primo figlio, una operatrice molto ignorante oppose ai suoi lamenti uno stupido sarcasmo sul piacere iniziale che aveva provocato la gravidanza. Ovviamente si tratta di casi rari, ma purtroppo reali. Tengo a sottolineare che la maggior parte degli operatori sanitari svolge i propri compiti in buona fede, con professionalità e adeguate premure. Purtuttavia accade spesso che, tagliato il cordone ombelicale, il bambino venga allontanato per essere lavato e poi, caso mai, deposto nelle braccia della madre, perché lo accolga esternamente. Mi chiedo, nella fattispecie, è più importante lavare immediatamente il bambino o affidarlo subito alle braccia materne, almeno il breve tempo sufficiente perché possa sentire (in tutte le accezioni) che il rapporto con la madre non è stato irrimediabilmente reciso, bensì continua ancora con nuove, diverse modalità?

Persino nelle strutture psichiatriche quando si fa l’anamnesi di una persona si chiedono notizie sul parto. Parto eutocico? Distocico? Cesareo? Podalico? Con o senza Forcipe? Ecc. Ovviamente queste informazioni sono assolutamente necessarie ed indispensabili, ma ordinariamente nessuno si preoccupa di aspetti considerati collaterali o molto marginali: dove e come è avvenuto? Che tipo di atmosfera c’era durante il parto? Era presente anche il genitore? La madre ha avuto subito il bambino o ha dovuto aspettare che lo lavassero?

Non sono poche le madri che, dopo aver partorito, soffrono di depressione post partum. Perché accade questo? Perché hanno vissuto per nove mesi in stretta, intima e sacra simbiosi con un’altra creaturina che, nel giro di qualche ora, viene irrimediabilmente separata. Rimane così un enorme, improvviso vuoto, che aspetta di essere colmato da nuovi riti, nuove modalità, nuovi sentimenti, ancora da vivere. Dunque perché non riflettere anche sul fatto che il bambino entra in una dimensione inferiore, provenendo da una superiore, mediata dal confortevole utero materno, ed anche per lui tutto ciò possa costituire un grande stress?

Personalmente, 80 anni fa, sono nato in casa, con l’aiuto della “mammina” del paese. Fui anche fasciato nella parte inferiore, perché allora si riteneva, solitamente, che le gambette fossero troppo deboli ed avevano bisogno di rinforzo.

Ma, al di là dei fatti personali, generalmente parlando, venne poi per tutti la opportuna esigenza di partorire in ospedale per prevenire ed affrontare eventuali difficoltà della partoriente. Maggiore sensibilità, in seguito, concesse alla madre di potere abbracciare il bambino prima di immetterlo e isolarlo nell’ambiente generale di accoglienza dei nuovi nati (altro stress). E comunque, ancora oggi le esigenze procedurali pratiche sovrastano e condizionano decisamente quelle emotive personali.

Seguì l’esperimento di far nascere il bambino nell’acqua.

E finalmente un ostetrico più sensibile ebbe la dolce idea di accogliere il bambino cantando! Finalmente! Spero tanto che questa innovazione diventi una moda consolidata. Ma quanto sarebbe bello, aggiungerei, che la madre – condizioni sanitarie permettendo - cominciasse a cantare (oltre che parlare) al bambino già durante la gravidanza! E che all’atto della nascita, abbracciando subito il pargoletto, potesse ripetere la stessa canzone, dando implicitamente un chiaro e profondo messaggio non verbale: “Non ci hanno divisi! Siamo ancora insieme in un modo diverso, ed in maniera diversa continueremo ad amarci!”

Concludendo, è necessario che i grandi si rendano conto che i bambini vivono in un mondo non ancora corrotto dagli schemi sociali in cui si trovano imprigionati gli adulti. Occorre maggiore disponibilità a cercare di capire meglio le condizioni mentali ed emotive dell’infanzia, per potere muoversi più adeguatamente verso le relative esigenze connesse. Solitamente accade esattamente il contrario e l’adulto non prova alcun senso di colpa se impone i propri valori. Sempre per il bene del bambino – almeno crede -. In realtà, se egli si adopera a tentare di svestirsi dei propri schemi, ne ottiene un doppio vantaggio. Il primo è l’avere concesso il rispetto dovuto a chi ha bisogno di cominciare a sperimentare la vita in maniera ottimale. Il secondo, più importante per l’adulto, consiste nel fatto di avere alleggerito in sé la morsa rigida degli schemi precostituiti, obsoleti e solidificati in ambito sociale oltreché personale. Svincolato, sia pure parzialmente, da questi, acquisisce una fertile capacità di apertura verso nuovi modi di essere, di capire, di agire, che più si prestano ad adattarsi costruttivamente alle esigenze di vita del bambino stesso. Rinunciando ad una piccola componente strutturata del proprio Ego, l’adulto riesce a guadagnare un varco di pura, consapevole percezione, uno squarcio luminoso nel magico mondo dell’infanzia, non solo in una prospettiva generale, ma anche nel recupero del proprio bambino interiore, ormai sepolto da strati di secolare acculturazione.

E qui, per capire ancora meglio, si rende molto pertinente una importante citazione. Che sintetizza perfettamente il senso di tutto ciò.

Ricordate?
“Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli!”.
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Ho notato diverse nascite nelle nostre arche, negli ultimi tempi. A quanti volessero – auspicabilmente - approfondire le tematiche su esposte suggerisco la lettura dei preziosi libri di ALICE MILLER. Psicologa e psicoanalista svizzera, ebbe la capacità e la libertà interiore di sapersi dissociare dai rigidi schemi psicoanalitici freudiani (che non rendono affatto grazia al bambino) per elaborare una più ampia e coerente teoria evolutiva, molto più aperta e sensibile alle necessarie esigenze di crescita dei piccoli.

1) LA PERSECUZIONE DEL BAMBINO
2) IL BAMBINO INASCOLTATO
3) L’INFANZIA RIMOSSA

COMMENTO MUSICALE

Il seguente commento musicale non è meramente ornamentale, esso riproduce e veicola i concetti razionali su espressi fino a guadagnare una più ampia sensibilità emotiva, sublimando i temi in un linguaggio diverso, molto caro al Cuore. La magia della musica amplifica magnificamente la magia dell’infanzia. Specie se composta dal sommo Maurice RAVEL. Grande conoscitore dell’orchestra, ha saputo impiegare in modo diverso il coordinamento dei vari strumenti, spingendosi al di là dei consueti e ripetitivi schemi timbrici tradizionali e creando un nuovo, moderno pathos espressivo. Ne dà conferma – tra le altre cose - il fatto che spesso utilizza più frequentemente e adeguatamente strumenti di solito non in primo piano (come invece lo sono gli archi o gli strumenti a fiato, ad es.) e fa quindi emergere con maggiore protagonismo, ove necessario, l’arpa, il vibrafono, il triangolo, i crotali e perfino l’eolifono (= imita il fruscio del vento).

“Ma mère l’oye” (Mamma l’oca), si deve fare ascoltare anche ai bambini: la mia nipotina, a cinque anni, ascoltandola casualmente con me in macchina, dopo il finale, spontaneamente, senza che me lo aspettassi, batté le mani gridando: “BENE! BRAVI!”. Sono cinque favole tradotte in splendida musica, solleticano e mobilitano l’auspicato, benefico risveglio emotivo del bambino interiore, specie nell’apoteosi finale dell’ultimo brano, “Le Jardin Féerique = Il Giardino Incantato”.

Se si lascia alitare l’eco di questa melodia dentro l’anima (come accade in me realmente in questo momento) si ottiene l’effetto di evocare e rivivere almeno un barlume del senso di innocente purezza infantile che regna, ormai meno viva, in noi adulti, ma rimane ancora fresca e più splendente nel cuore dei bambini.

Enzo Favano
27 Giugno 2023

- Ma mère l'oye - Maurice Ravel
https://www.youtube.com/watch?v=T5oVgqIbOqw

 

Allegati:

- 23-10-20 Inno alla vita
https://www.thebongiovannifamily.it/messaggi-celesti/2020/8713-inno-alla-vita.html

- 29-10-18 I bambini sono Dio
https://www.thebongiovannifamily.it/messaggi-celesti/2018/7743-i-bambini-sono-dio.html

- 12-05-17 Il fuoco di Dio e il giardino cosmico dei bimbi
http://www.giorgiobongiovanni.it/messaggi-celesti/2017/7225-il-fuoco-di-dio-e-il-giardino-cosmico-dei-bimbi.html