Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Italiano Español English Português Dutch Српски
testa sito 2024
natoLIBIA, «L'ITALIA ADERIRÀ A INIZIATIVE NATO». BOMBE SUI POZZI PETROLIFERIA A RAS LANUF
Intanto è giallo su una possibile fuga del colonnello: tre jet hanno lasciato Tripoli
Vertice al Quirinale, decisa la partecipazione attiva su risoluzioni adottate dall'Alleanza e dalle Nazioni Unite
MILANO- L'Italia farà la sua parte, dando un contributo «attivo» alle decisioni della comunità internazionale sulla situazione che si è creata in Libia. Lo ha stabilito il Consiglio supremo della Difesa che si è riunito al Quirinale per oltre due ore alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, del premier Silvio Berlusconi e dei ministri Frattini, Maroni, La Russa, Tremonti e Romani oltre che ai rappresentanti delle forze armate. «L'Italia - si legge nel comunicato finale - è pronta a dare il suo attivo contributo alla migliore definizione ed alla conseguente attuazione delle decisioni attualmente all'esame delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea e dell'Alleanza Atlantica».
EMERGENZA PROFUGHI - Il Consiglio ha esaminato la situazione venutasi a creare a seguito dei rivolgimenti popolari verificatisi in numerosi Paesi dell'Africa e del Medio-Oriente allargato, con particolare attenzione agli eventi che hanno interessato la sponda Sud del Mediterraneo. «In tale quadro - spiega ancora la nota -, per quel che concerne specificamente la crisi libica, sono state valutate le misure adottate e quelle in approntamento per il soccorso dei profughi e la loro evacuazione. Sono state altresì discusse le predisposizioni attivate, sul territorio nazionale e nella regione interessata, per far fronte ai prevedibili sviluppi della crisi ed agli eventuali rischi che ne potrebbero derivare».
IL GIALLO DELLA FUGA - In mattinata si era diffusa la notizia di una possibile fuga di Gheddafi. Tre jet privati avevano lasciato Tripoli, dove l'aeroporto è poi stato chiuso. Uno, con a bordo un emissario del colonnello, è atterrato al Cairo. Lo hanno reso noto fonti aeroportuali egiziane. Gli altri due, secondo quanto hanno riferito Al Arabiya e Al Jazeera, sono si invece diretti a Vienna e Atene. Non ci sono indiscrezioni su chi si trovi a bordo. Nella giornata di martedì gli insorti che già controllano Bengasi e altre zone nella parte Est del Paese, avevano dato un ultimatum al leader libico, imponendogli di lasciare la Libia nel giro di 72 ore per potere evitare conseguenze personali. Altri due aerei, appartenenti al leader colonnello libico Muammar Gheddafi decollati da Tripoli, secondo le prime informazioni avevano fatto scalo in Italia, uno a Roma e l'altro a Milano Linate, ma poi fonti del governo hanno smentito la notizia. Secondo alcune fonti, a bordo degli aerei avrebbero viaggiato emissari del colonnello per partecipare a riunioni diplomatiche della Ue e della Nato.
«IN ARMI CONTRO LA NO-FLY ZONE» - Resta tuttavia da verificare la fondatezza di tali ipotesi. In mattinata era infatti arrivata l'ennesima minaccia del Raìs: il popolo libico, aveva fatto sapere, prenderà le armi se le potenze occidentali imporranno la no-fly zone sulla Libia. «Se dovessero prendere una decisione di questo tipo - ha detto Gheddafi in un'intervista alla tv di stato di turca Trt - sarebbe utile per la Libia, perché il popolo libico vedrebbe la verità, che quello che loro (le potenze occidentali ndr) vogliono è prendere il controllo della Libia e rubare il petrolio. Per questo il popolo libico impugnerà le armi contro di loro». Se Al Qaeda arrivasse a conquistare il controllo della Libia, Gheddafi ha avvertito che il caos si estenderà a tutta la regione, fino a Israele.
L'ONDA DELL'IMMIGRAZIONE - Martedì Gheddafi era già tornato a minacciare l'Europa con l'arma dell'immigrazione. «Ogni attentato alla sicurezza e alla stabilità della Libia avrà necessariamente ripercussioni sulla sicurezza in Africa del Nord, nel bacino del Mediterraneo e in Europa», ha affermato in un colloquio telefonico con il premier greco George Papandreou, secondo quanto ha riportato l'agenzia di Stato libica, la Jana. Nulla, invece, il colonnello ha detto sull'ultimatum dei ribelli: se lascerà il potere entro 72 ore, rinunceranno a perseguirlo per i crimini da lui commessi. Una proposta che il Rais non avrebbe preso affatto in considerazione, come conferma la situazione sul terreno.
Il ritorno del Rais in tv
BOMBE SUI POZZI PETROLIFERI - Continua intanto l'offensiva delle truppe di Gheddafi verso est: sulla città di Zawiya e in particolare aa Sidra (Es Sider), vicino a Ras Lanuf, sede di un importante hub petrolifero. I caccia hanno centrato i pozzi del greggio e si sono alzate alte colonne di fumo. A Misurata, invece, i ribelli hanno difeso le loro postazioni contro una dura controffensiva dei fedelissimi del colonnello. Le forze fedeli a Gheddafi hanno anche colpito un deposito di petrolio nella città petrolifera libica di Brega. Mahmud Jebril, capo del Comitato di crisi del Consiglio nazionale di transizione, ha chiesto l'aiuto dell'Europa, direttamente dalla sede dell'Europarlamento a Strasburgo, cominciando dal riconoscimento ufficiale delle nuove autorità nate dalla rivoluzione. Il figlio di Gheddafi Saif, in un'intervista che verrà pubblicata dal quotidiano bulgaro Troud, ha ribadito che «il mondo intero deve sostenere la Libia nella sua lotta contro i terroristi», che «si sono organizzati in milizie armate e distruggono tutto, uccidono persone innocenti»; secondo Saif in Libia «non esiste alcuna opposizione, ma un autonominato Consiglio composto da dieci persone che non rappresentano che loro stesse».
LA NO FLY ZONE - Intanto l'Occidente si sta preparando a contromisure. Martedì il presidente americano Barack Obama e il premier britannico David Cameron hanno ribadito che una no-fly zone in Libia è fra le misure allo studio da parte dei due Paesi e dei loro alleati. «Il presidente e il primo ministro si sono trovati d'accordo sulla prosecuzione della pianificazione, anche alla Nato, di tutta la gamma di possibili risposte» alla crisi libica, cioè «sorveglianza, assistenza umanitaria, applicazione dell'embargo sulle armi, e no-fly zone», ha precisato la Casa Bianca in una nota. E in un'intervista a Sky News, il segretario di Stato Hillary Clinton ha confermato che la no fly zone non deve essere un'operazione Usa ma dell'intera comunità internazionale. «Penso che questa decisione debba essere presa dall'Onu», ha commentato. Diversa invece la posizione de ministro degli esteri saudita, Saud al Faisal, che ha chiesto che sulla questione venga decisa una linea comune in seno alla Lega Araba, evidenziando come non possano essere altre organizzazioni internazionali a stabilirla. Una richiesta ufficiale in tal senso sarà discussa al vertice straordinario dei Paesi dell'area che si svolgerà sabato al Cairo. «La responsabilità della questione è della Lega Araba», ha affermato al-Faisal, che ha preso le distanze da un comunicato del Consiglio di Cooperazione del Golfo che lunedì invitava l'Onu ad imporre una no-fly zone sulla Libia per difendere i civili.
09 marzo 2011  -  Corriere della Sera