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SICILIA: I TENTACOLI DELLA MAFIA SUGLI INCENERITORI
La vicenda dei quattro inceneritori siciliani, la cui costruzione fu interrotta nel 2007 dalla Corte di Giustizia Europea per un vizio di forma , ha conosciuto risvolti inaspettati. I pm di Palermo stanno indagando su una pista che conduce dritta a Cosa Nostra. Ma nel frattempo, invece di trovare soluzioni migliori, l'emergenza rifiuti viene strumentalizzata per farne riprendere la costruzione.
di Andrea Degl'Innocenti
Inceneritore
Gli inceneritori siciliani sono al centro delle indagini per un giro di tangenti che vede coinvolte mafia e politica
Sicilia. Quattro inceneritori che si dovevano fare e poi non si sono più fatti. Un giro di affari da quattro miliardi di euro. L'emergenza rifiuti che esplode. Una fitta trama, complessa, si intreccia attorno a queste vicende, fatta di appalti e tangenti, mafia, politica e imprenditoria.
Niente di nuovo. Una maglia in più nella rete di malaffare che emerge dalle indagini delle magistrature italiane. Chi credeva di aver afferrato qualche filo si è ritrovato in mano una enorme matassa difficilissima da districare. Praticamente impossibile da circoscrivere. Una rete che avvinghia il nostro paese in tutto il suo territorio e probabilmente oltre i confini nazionali.
Ma torniamo al caso siciliano. Tutto ha inizio nel 2002 con una gara di appalti per la costruzione di quattro inceneritori a Bellolampo (Palermo), Casteltermini (Agrigento), Paternò (Catania) e Augusta (Siracusa). La gara è indetta da Salvatore Cuffaro, detto Totò, che ai tempi rivestiva il triplice incarico di Presidente della regione Sicilia, commissario straordinario per l'emergenza idrica e di commissario delegato per l'emergenza rifiuti. È proprio in quest'ultima veste che Cuffaro si occupa della costruzione degli inceneritori.
Ad aggiudicarsi gli appalti sono quattro raggruppamenti di imprese: la Pea, la Platani Energia Ambiente, la Tifeo e la Sicil Power. Tre Ati sono capeggiate dal gruppo Falck e uno da Waste Italia. Ma i lavori fanno appena in tempo ad iniziare – siamo nel 2007 – che una sentenza della Corte di Giustizia Europea blocca la costruzione degli impianti, annullando la gara per il mancato rispetto della procedura di evidenza pubblica imposta dalle direttive europee.
Salvatore Cuffaro
Salvatore Cuffaro ai tempi della gara rivestiva il triplice incarico di Presidente della regione Sicilia, commissario straordinario per l'emergenza idrica e di commissario delegato per l'emergenza rifiuti.
Accade poi che Cuffaro si dimette dalla presidenza della Regione dopo essere stato condannato in primo grado a 5 anni – diventati 7 in corte d'appello con l'aggravante di aver favorito Cosa Nostra – e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici per favoreggiamento e rivelazione di segreto d'ufficio.
Accade, ancora, che la questione degli inceneritori inizi a saltare fuori in troppe inchieste. Si inizia ad intuire che quello che inizialmente sembrava un vizio di forma nasconde ben altro. Alcuni dirigenti della Safab - società facente parte della appaltatrice Pea – sono condannati per corruzione. La Altecoen, una delle ditte partecipanti alla gara d'appalti, risulta priva della certificazione antimafia e viene indicata come vicina al boss Nitto Santapaola.
Vengono indette altre due gare d'appalto pubbliche, che vanno misteriosamente deserte, mentre in tutta la regione esplode l'emergenza rifiuti. Il quadro investigativo che si delinea agli occhi dei pm è quello di un accordo tra le quattro Ati aggiudicatarie che, con la compiacenza di funzionari pubblici a cui sarebbero andate tangenti, si sarebbero spartite a tavolino i lavori e poi, dopo la bocciatura europea, avrebbero fatto andare deserte le gare successive per indurre la Regione ad abbandonare la strada del bando pubblico.
Un quadro che le recenti dichiarazioni dell'attuale governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, delineano ancora più chiaramente. “Quello dei termovalorizzatori è l'affare del secolo – ha affermato Lombardo che compariva davanti ai pm come persona informata sui fatti – le sue dimensioni superano i 5 miliardi di euro; su di esso certa politica e la mafia si sono incontrati e alleati".
Emergenza rifiuti
L'emergenza rifiuti è stata strumentalizzata per far credere che la costruzione degli inceneritori sia l'unica soluzione possibile.
E i rifiuti? Pare che c'entrino anche quelli. Infatti a detta del capogruppo del Pd all’Ars, Antonello Cracolici, “Gridando all’emergenza si vogliono far rientrare dalla finestra i termovalorizzatori”. Piuttosto che risolvere la situazione, incentivando la raccolta differenziata e la cultura del riuso e del riciclo, si cerca piuttosto di strumentalizzarla, facendo credere che la costruzione degli inceneritori sia l'unica soluzione possibile.
In questa direzione vanno le dichiarazioni del presidente della commissione Ecomafie, Gaetano Pecorella, che pochi giorni fa ha affermato che per risolvere la questione rifiuti al sud “non basta solo la repressione: [...] mancano i termovalorizzatori”. Stessa linea per il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, che neanche una settimana fa ha promesso l'immediata costruzione di un inceneritore a Bellolampo.
Insomma, questi inceneritori s'hanno da fare. Magari, data la situazione d'emergenza, si salterà persino la gara di appalti pubblica. E le imprese mafiose continueranno a prosperare, nel campo che a loro più piace e si addice, quello dei rifiuti.
27 Maggio 2010 - Terranauta