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usa_isr_iranUSA, ISRAELE, IRAN: PARTITA A SCACCHI IN TRE
Si chiama Iron Dome, una cupola d'acciaio che protegge i cieli di Israele. Il suo nome militare è più complesso: difesa attiva multipla contro missili balistici di teatro, ovvero ALTBMD, secondo l'acronimo anglofono.
È un sistema d'arma anti-missile testato a luglio e che proteggerà lo stato ebraico dal lancio di vettori di medio e breve raggio, ovvero dalle minacce che possano arrivare da Gaza come dal Libano. Il sistema affianca e implementa i già acquisiti sistemi Magic Wand e Arrow, per i missili a medio e lungo raggio. Quelli che potrebbero arrivare dall'Iran.
Il sistema è di concezione americana, uno dei fiori all'occhiello della multinazionale della guerra elettronica, la Raytheon, ma allo sviluppo ha partecipato anche un consorzio di aziende europee. Con una serie di test condotti attraverso lanci di missili dal deserto del Negev, l'Iron Dome ha mostrato tutte le sue potenzialità. Ha rilevato l'origine dei lanci attraverso un sistema di radar a largo raggio, capace di coprire l'intero Medio Oriente, ed ha risposto con razzi intercettori multipli (in grado di contrastare più lanci simultanei da più direzioni) e intelligenti (intercettando i missili che potevano raggiungere obiettivi sensibili e scartando quelli fuori bersaglio).
Ulteriore caratteristica è la possibilità di avere il sistema radar per il rilevamento e l'allerta sia statico che semovente. Un impianto ALTBMD si trova infatti sulla portaerei USS Harry Truman che è stazionata negli ultimi mesi in vari tratti di mare del Medio Oriente, dalle coste prospicenti Israele, al Mar Rosso fino al Golfo Persico.
Questo sistema d'arma è strategico per Israele. I dirigenti di Tel Aviv ritengono che solo nel momento in cui si raggiungesse la certezza di poter contrastare efficacemente attacchi missilistici da più scenari, diverrebbe fattibile un raid aereo contro l'Iran senza temere una risposta distruttiva apprezzabile sia da parte di Teheran che dei suoi alleati.
Altro scenario. Il capo del Mossad, Meir Dagan, è dimissionario. La notizia, già data per certa da Il Foglio del 24 luglio, sarà ufficializzata dopo la scelta del successore. Sono soprattutto due i nomi a circolare, e la nomina di uno piuttosto che dell'altro potrebbe essere estremamente significativa per capire le intenzioni dello stato ebraico. Dagan, infatti, non ha mai nascosto di preferire altre opzioni per neutralizzare l'Iran piuttosto che uno strike aereo preventivo; in una audizione alla Knesset aveva recentemente illustrato uno scenario ottimistico secondo cui Teheran non avrebbe potuto accedere alla bomba prima del 2014. Insomma, c'era ancora margine.
Se Tel Aviv considerasse di muoversi in questa prospettiva, dunque ritenendo ancora prioritarie per la sicurezza nazionale le questioni interne (ovvero il conflitto israelo/palestinese), il naturale successore sarebbe il capo dello Shin Bet (servizio segreto interno) Yuval Diskin. Poeta e filosofo, è considerato lo psicologo in grado di capire tutte le sfaccettature del pensiero della controparte araba. È anche uomo d'azione con pochi scrupoli: è lui ad aver inventato la tecnica degli omicidi mirati per sbarazzarsi dei leader di Hamas, come Yassin e Rantisi.
Ma se la prospettiva fosse diversa allora la scelta potrebbe cadere sull'attuale capo dell'intelligence militare, Amos Yadlin. È stato lui a guidare l'Operazione opera che nel 1981, con un ardito raid aereo, distrusse il reattore nucleare di Osirak, a pochi chilometri da Baghdad. E le convinzioni di Yadlin sull'Iran divergono sostanzialmente da Dagan. Nel 2006 aveva predetto: "L'Iran avrà l'atomica entro la fine del 2010", e poi ancora: "Teheran è una minaccia globale. Il regime sta sviluppando missili capaci di raggiungere con testate atomiche l'Europa e in futuro di attraversare l'Atlantico. Quindi è un problema mondiale". Yadlin è un duro, un generale che si vanta di poter "guardare negli occhi ogni pilota e dirgli che sta facendo la cosa giusta e morale, perché questa è una guerra per la nostra esistenza" (1).
E tutta in ambito di intelligence è da decifrare la vicenda del fisico nucleare iraniano Shahram Amiri, scomparso lo scorso anno mentre si trovava in pellegrinaggio in Arabia Saudita e improvvisamente riapparso lo scorso fine giugno nell'ambasciata pakistana di Washington. In un video Amiri dichiara di essere stato rapito dai servizi segreti occidentali e portato a Tucson, in Arizona, imprigionato, interrogato e torturato per quasi un anno, infine sarebbe riuscito a scappare per tornare in patria, cosa che sarebbe avvenuta alcuni giorni dopo con una accoglienza da autentico eroe. Da subito le autorità iraniane avevano accusato CIA e Mossad di aver rapito il fisico, dipendente della Organizzazione iraniana per l'energia atomica, evidentemente per carpirgli informazioni utili circa il programma nucleare di Teheran. Dal canto loro gli americani smentirono sempre l'episodio, mostrandosi ufficialmente vaghi e lasciando surrettiziamente trapelare la notizia che Amiri fosse fuggito volontariamente dal suo paese.
Comunque si siano svolti i fatti, appare evidente che la ricostruzione di Amiri lasci enormi perplessità, essendo davvero improbabile che sia davvero riuscito a scappare ed abbia raggiunto con le proprie forze l'ambasciata pakistana che cura gli interessi dei cittadini iraniani negli Usa. Come minimo Amiri avrebbe dovuto avere l'appoggio di una consistente fazione dei servizi di sicurezza a stelle e strisce. Senza una autentica guerra interna tra spie e dipartimenti ciò sarebbe stato impossibile.
Ma nemmeno la versione fornita dagli americani appare credibile: Amiri avrebbe defezionato volontariamente e collaborato dietro compenso, poi, dopo aver ricevuto minacce verso i familiari rimasti a Teheran (ma impossibile non metterlo in preventivo fin dall'inizio), decide di tornare indietro e viene lasciato tranquillamente partire, permettendo agli iraniani di cavalcare propagandisticamente tutta la storia.
Il giornalista franco-israeliano Jacques Benillouche offre una diversa e coerente interpretazione che chiarirebbe i contorni oscuri delle altre due versioni (2). Secondo fonti ebraiche, lo "scienziato" Amiri sarebbe stato un agente doppio fedele al suo paese col compito di "intossicare", attraverso false informazioni, i rapporti dell'intelligence americana. Amiri potrebbe aver finto di defezionare o addirittura essere stato inviato intenzionalmente in Arabia Saudita per farsi "rapire", giocando anche con l'omonimia di un altro scienziato atomico iraniano, quest'ultimo ben più dentro il programma atomico degli ayatollah. Insomma una trappola ben architettata da Teheran, e fin ad un certo punto anche ben riuscita.
Amiri sarebbe stata la fonte che rivelò l'esistenza di un sito nucleare tenuto segreto nei pressi di Qom. La notizia, resa pubblica con grande clamore da Obama in persona, si rivelò un boomerang per i servizi occidentali. Il sito, ispezionato dalla AIEA, risultò del tutto innocuo.
Gli americani cominciarono a sospettare ed ebbero la conferma della non genuinità di Amiri proprio da agenti israeliani che chiesero di partecipare agli interrogatori dello scienziato, poiché le sue informazioni non collimavano affatto con quelle raccolte dal Mossad. A quel punto agli americani non restava che "liberare" il doppio agente, elaborare una versione di comodo ed attutirne gli effetti propagandistici (la vicenda non ha infatti avuto particolare rilievo sui media, molto meno, ad esempio, del caso delle spie russe scoperte negli stessi giorni).
Al termine della giostra, a trarre maggior vantaggio dalla vicenda sono state proprio le autorità di Tel Aviv. "Gli israeliani avevano sovente messo in guardia gli americani sulle distorsioni rilevate nelle loro informazioni che non combaciavano con quelle dei propri servizi. Questa disparità di dati era all'origine dei malintesi tra Israele e Stati Uniti che non misuravano il rischio con la stessa acutezza. Netanyahu insisteva per mettere l'accento sul pericolo pressante del programma nucleare iraniano mentre gli americani lo consideravano praticamente inoffensivo. Se gli americani si fossero convinti di essere stati ingannati, avrebbero potuto accogliere le tesi israeliane secondo cui l'Iran si trovava alle porte dell'arma nucleare", scrive molto acutamente Benillouche. E queste considerazioni suscitano un ulteriore sospetto: sul caso Amiri gli americani potrebbero non essere stati ingannati solo dagli iraniani ma, per motivi opposti eppur coincidenti, anche dagli stessi israeliani.
Alcune brevi note:
12 luglio, il presidente russo Medvedev, durante un incontro con gli ambasciatori russi e i rappresentanti permanenti all'estero, dichiara che "l'Iran si sta avvicinando ad avere il potenziale che può portare alla costruzione di armi nucleari" e conseguentemente Mosca "deve abbandonare ogni approccio tranquillizzante" nella gestione del problema. Questo scatena le ire di Ahmadinejad, secondo cui Medvedev si è ridotto a fare il "portavoce dei piani dei nostri nemici".
Nonostante la condanna a morte del capo del movimento terroristico Jundallah, Abdomalek Righi, eseguita a giugno, un nuovo grave attentato scuote l'Iran. Un kamikaze si fa esplodere il 15 luglio in una moschea della città di Zahedan, nella regione del Beluchistan, provocando 27 vittime. Le autorità incolpano Stati Uniti, Israele e GB di fomentare gli attacchi, i paesi indicati respingono sdegnati le accuse.
L'ex premier della Malaysia, Mahatir Mohammad, ha dichiarato: «Il mondo è invitato a credere ancora una volta la bugia che l'esistenza di Israele è minacciata da un Iran armato di nucleare [...] la domanda ormai non è più se ci sarà o meno un attacco degli Usa all'Iran ma piuttosto quando e come ci sarà». Le esternazioni seguono quelle di un altro ex leader terzomondista, Fidel Castro, che in occasioni pubbliche ha ripetutamente paventato il rischio di una guerra atomica in Medio Oriente causata da Stati Uniti e Israele.
Il 23 luglio la Camera degli Stati Uniti, su mozione repubblicana, ha adottato la risoluzione n. 1553 che prevede sostegno e supporto per l'utilizzo di ogni mezzo, anche militare, da parte di Tel Aviv, per bloccare il programma nucleare iraniano.
26 luglio. L'Unione Europea, seguendo l'esempio degli Stati Uniti, vara un pacchetto di sanzioni, aggiuntivo rispetto a quanto già varato dall'Onu, nei confronti dell'Iran. In particolare, l´Europa vieta l'esportazione di attrezzature per l´estrazione e soprattutto la raffinazione di petrolio e gas naturale: una misura che dovrebbe colpire duramente Teheran che nel settore detiene già scarse capacità. La Russia giudica tali misure, al pari di quelle americane, "inaccettabili", e pertanto annuncia, insieme alla Cina, di non considerarle vincolanti, rimanendo legati solo a quanto deliberato in sede di Nazioni Unite.
Negli oltre 90mila documenti riservati pubblicati dal sito Wikileaks, che secondo le dichiarazioni di Obama avrebbero minato la sicurezza nazionale statunitense, non si parla solo di Afghanistan. In alcuni rapporti, evidenziati dal Wall Street Journal, si proverebbe una stretta collaborazione tra Iran e talebani ed altri gruppi terroristici sunniti legati ad Al-Qaeda. In particolare si parla del ruolo svolto dall'Iran per facilitare una compravendita di armi tra la Corea del Nord ed Al-Qaeda attraverso il "signore della guerra" afghano Gulbuddin Hekmatyar. Queste notizie devono ancora dimostrare tutta la loro attendibilità e finora non sono state cavalcate dai media. Potrebbero essere riscoperte, come dire, al momento opportuno.
Il generale Ray Odierno, capo delle forze armate americane in Iraq, ha ribadito ancora una volta (analogamente a quanto dichiarato in occasioni precedenti da David Petraeus) che gli iraniani addestrano le milizie sciite irachene ad attaccare le truppe statunitensi.
I commercianti di Teheran hanno indetto due giorni di sciopero per protestare contro il sistema fiscale e le politiche economiche del governo. L'agitazione si è allargata ad altre città. Il ceto del bazar rappresenta una componente fondamentale del mosaico sociale iraniano e fu determinante per la vittoria della rivoluzione khomeinista.
4 agosto. Giallo su un fallito attentato ad Ahmadinejad. Un uomo avrebbe lanciato una granata contro il corteo presidenziale nella città di Hamedan, ma l'esplosione sarebbe avvenuta a cento metri dall'auto in cui si trovava il presidente. Dopo le prime incertezze le autorità hanno smentito. Si sarebbe trattato semplicemente di un petardo o bomba carta di festeggiamento. Secondo l'analista di origine iraniana Bijan Zarmandili potrebbe essersi trattato di un messaggio intimidatorio verso il presidente, come dire che "l'Iran si trova a cento metri dal caos". Possibili mandanti? Una mano internazionale attraverso il gruppo dei Mujaheddin del popolo, gli oppositori riformisti, esponenti della vecchia guardia khomeinista contrari ad Ahmadinejad (3).
5 agosto. Il Dipartimento di Stato americano divulga l'annuale rapporto sul terrorismo. Teheran viene indicato come il maggiore sponsor del terrore internazionale, minacciando la stabilità e l'economia di tutta la regione mediorentale.
La rivista statunitense The Atlantic anticipa sul suo sito on-line le conclusioni di uno studio realizzato dal giornalista israelo-americano Jeffrey Goldberg e frutto di un anno e mezzo di interviste condotte a politici, militari, membri di governo e dei principali partiti dello stato ebraico. Secondo l'analisi delle risultanze esisterebbe una possibilità superiore al 50% che Israele possa attaccare l'Iran entro l'estate del 2011.

di Simone Santini - 14 Agosto 2010

(1) Meno rumore di una spia che arriva, Il Foglio, 24 luglio 2010
(2) Le "savant" iranien e l'option militaire israélienne, Jacques Benillouche, Slate.fr
http://www.slate.fr/story/25147/iran-israel-amiri-guerre
(3) Un messaggio ai palazzi del potere: "L'Iran è a cento metri dal caos", Bijan Zarmandili, La Repubblica, 5