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ancianosLe ditte di pulizia per chiudere le vite
Il Kodokushi colpisce gli anziani, rimasti senza parenti o amici. Il decesso per mancanza di cibo, di freddo o di malattia. Il 20% della popolazione è sopra ai 65 anni.

In Giappone nessuno ne vuole parlare ma sta diventando sempre più difficile ignorare il fenomeno del Kodokushi, la morte per solitudine che, secondo gli esperti, colpisce 30mila persone all’anno, anche se il ministero della Salute parla di 3.700 decessi nel 2013. Il fenomeno riguarda le persone anziane, il 20% della popolazione, che rimangono sole, senza parenti, amici o conoscenti e si lasciano andare piano piano in un’inedia che alla fine li uccide.

La scoperta del cadavere

È il caso di Haruki Watanabe, raccontato dalla Bbc, che è stato trovato cadavere dal padrone di casa in un sobborgo di Osaka. L’uomo era ormai in decomposizione, la casa puzzolente, piena di resti di cibo avariato. Haruki aveva solo 60 anni e non era povero ma non aveva né amici, né lavoro, né moglie o parenti. O meglio l’unico figlio non voleva più sapere nulla di lui. Così per tre mesi nessuno ha scoperto il cadavere. Se non fosse stato per il padrone di casa, esasperato dagli affitti non pervenuti, chissà quando qualcuno si sarebbe accorto della sua dipartita.

Lo sgombero delle case

Il fenomeno è così diffuso in Giappone che sono nate ditte di pulizia specializzate nella chiusura e disinfestazione degli appartamenti. Una di queste è Risk Benefit, fondata e diretta Toru Koremura, un ex broker che ha voluto cambiare vita per onorare gli anziani. La sua ditta riceve 60 richieste al mese con picchi di 10 al giorno in estate quando la decomposizione è più veloce. I costi vanno dai mille ai tremila dollari. Il lavoro non è semplice. Prima di tutto va utilizzato il disinfettante giusto perché «ci sono 40mila diversi cattivi odori nel mondo e scegliere il prodotto adatto è molto difficile». Poi c’è la raccolta degli effetti personali e degli oggetti di valore che, se non c’è famiglia, vanno al padrone di casa. Nella case si può trovare di tutto da soldi nascosti nei posti più impensabili a gatti mummificati. Koremura racconta che di Kodokushi muoiono più maschi che femmine: «Il 90% dei casi riguarda uomini. Le donne sembrano più capaci di integrarsi nella comunità» dice alla Bbc.

Anziani dispersi

In Giappone la struttura di famiglia tradizionale sta collassando. Secondo Yasuyuki Fukuhawa, psicologo alla Waseda University di Tokio, la popolazione anziana è così tanta da andare al di là «delle capacità di cura familiare». Le case di riposo costano troppo e così i vecchi si ritirano nella loro solitudine. Recentemente i burocrati giapponesi hanno ammesso di aver perso le tracce di 250mila persone che sarebbero centenarie. Ha fatto scalpore nel 2010 il caso di Sogen Kato, dichiarato a 111 anni l’uomo più vecchio del Giappone ma che invece era morto da 30 anni senza che nessuno se ne fosse accorto.

I giovani reclusi

Non è un Paese per anziani ma nemmeno per giovani. Si chiamano Hikikomori i giovani che si chiudono in casa e non escono più. Secondo il governo sono 700mila. Molti alla fine si suicidano.

di Monica Ricci Sargentini

http://www.corriere.it/esteri/17_dicembre_01/giappone-30mila-morti-solitudine-ditte-pulizia-chiudere-vite-0b238920-d668-11e7-8996-59f0a2474e5e.shtml

 

Giappone tra suicidi e apatia: i mali di una società iper competitiva

jovenesStudenti che si uccidono schiacciati da troppa pressione. Altri chiusi in casa dopo un fallimento scolastico. E l'evaporazione sociale dei disoccupati che si spostano nelle baraccopoli. Storie di un Paese sotto stress.

La grande crisi che spaventa il Giappone moderno non è più la baburu keiki, la bolla economica che determinò la profonda recessione dei primi Anni 90. E non è nemmeno la follia del "vicino di casa", il dittatore nordcoreano Kim Jong-un. Ciò che oggi preoccupa i figli del Sol Levante risiede nel loro "io", e li sta divorando lentamente e silenziosamente.

1. L'okami, il sistema: sprona i giapponesi a essere un "esercito" infaticabile

Nell'immaginario occidentale i giapponesi sono qualcosa di indefinibile e astratto. Del resto, poiché abbiamo vaghe e frammentarie conoscenze della loro cultura, tendiamo a figurarli a metà strada tra il mito del samurai, guerriero silenzioso dotato di grande senso dell'onore, e la cieca follia dei kamikaze. Un popolo indomito, insomma, capace di sopportare grandi sofferenze prima di arrendersi, come ha testimoniato il drammatico epilogo della Seconda guerra mondiale.

TROPPO STRESS DA VITA MODERNA. Non è così, non è più così o forse non è mai stato così. I giapponesi sembrano soffrire più di altri popoli lo stress da vita moderna, probabilmente a causa del modo in cui hanno impostato l'okami, il sistema, che li sprona a essere un esercito infaticabile di api operaie sempre presenti e sempre assenzienti. Possibilmente silenti.

IN FUGA DALLA COMPETIZIONE. Sono le regole imposte dal confucianesimo: mettere da parte sé stessi e i propri egoismi per raggiungere l'armonia sociale. Non è facile vivere in Giappone. E infatti sempre più persone, schiacciate dal peso delle proprie responsabilità, decidono di abbandonare tutto e tutti e uscire dalla competizione, ritenendo che gli obiettivi siano al di fuori della loro portata e temendo l'onta del fallimento.

2. Il shiken jigoku: l'inferno degli esami scolastici che porta al suicidio

I giapponesi avvertono la pressione della società fin da bambini, quando iniziano a frequentare le scuole. Il loro sistema scolastico è affine a quello italiano, articolandosi in cinque cicli che prevedono la scuola materna (dai 3 ai 6 anni), quella elementare (dai 6 ai 12 anni), la media inferiore (dai 12 ai 15 anni), la media superiore (dai 15 ai 18) e infine i corsi di laurea quadriennali.

IMPENNATA DI MORTI A SETTEMBRE. Rispetto all'Italia, però, tra i più giovani si registra una forte insofferenza ad andare a scuola. Non è un semplice capriccio, perché spesso sfocia nel mukatsuku: una apatia che porta gli studenti a dirsi stanchi della scuola, della famiglia e persino della vita. Parallelamente, cresce il fenomeno del futoko (“assenteismo scolastico”) che esplode in masse di giovani che si tolgono la vita all'apertura di ogni anno scolastico. Il grafico dei suicidi pare infatti impazzire il primo settembre, quando i giapponesi terminano le brevi vacanze estive e tornano sui banchi. Perché?

Studenti dei college giapponesi.

3. Un'infanzia senza distrazioni: tempo passato a scuola e nei dopo-scuola

La vita degli studenti nipponici non è quella romanzata ed edulcorata vista negli anime (i cartoni animati giapponesi) o letta nei manga (i fumetti, da leggere rigorosamente al contrario, da destra a sinistra). Gli alunni hanno ben poco tempo per distrarsi, per prendersi una cotta o anche solo per svagarsi con gli amici.

SUBITO ATTIVITÀ COLLATERALI. Se i cicli di studio sono sostanzialmente affini ai nostri, ciò che incide negativamente sulla loro psiche è il dopo-scuola. Fin da piccoli, sono spinti dalle famiglie a iscriversi alle attività collaterali, che possono essere il nuoto, il teatro, il karate, il kendō (disciplina sportiva classica del Giappone), l'arte dello shodō (la calligrafia) o lo studio di uno strumento musicale.

FUORI CASA DA MATTINA A SERA. Si dirà che anche in Italia molti bambini fanno attività analoghe. In Giappone però tutto viene eseguito con ferree regole militari. La maggior parte degli alunni, fin da bambini, esce quindi di casa all'alba per farvi ritorno solo a sera inoltrata. Una volta rientrati, è ancora lontano il momento di coricarsi: bisogna studiare e fare i compiti. Oppure si corre alle gakushū juku, le costose scuole serali.

Chi non frequenta le attività collaterali è un fallito e non farà mai carriera. Ma anche chi va male agli esami è un fallito. E infatti si parla di shiken jigoku, l'inferno degli esami scolastici, per lo più mnemonici e nozionistici, che aprono e caratterizzano i vari cicli. Ottenere una valutazione solo sufficiente può significare precludersi un determinato tipo di liceo, che a sua volta si traduce nell'esclusione dalle università più prestigiose, con il rischio di finire a servire in una tavola calda piuttosto che entrare in un importante studio legale.

TAGLIATO DEL 30% IL TEMPO SUI BANCHI. Se a questo si aggiunge che in Giappone l'istruzione meritevole è in mano ai privati e le rette comportano ingenti sacrifici per le famiglie di ceto medio, ben si intuisce l'enorme pressione avvertita dai giovani nipponici, che infatti si suicidano in massa ogni primo settembre. Nel 2002 il governo è intervenuto con una riforma scolastica che ha tagliato del 30% il tempo passato sui banchi, eppure i suicidi degli studenti sono rimasti costanti, anche a fronte di un forte calo del dato globale (21.897 nel 2016, ai minimi negli ultimi 22 anni).

4. La clausura volontaria degli hikikomori: in cameretta isolati dal mondo

All'insoddisfazione estrema per la propria condizione, gli studenti nipponici reagiscono in due modi: con il suicidio oppure con l'hikikomori (“ritirarsi”). Si tratta di un fenomeno patologico sempre più diffuso sopratutto tra gli adolescenti. Consiste nel chiudersi in casa, molto spesso nella propria cameretta, rifiutando qualsiasi contatto con il mondo esterno che non sia mediato dall'uso di un cellulare o di un computer.

COLPA DEI TEST DI AMMISSIONE FALLITI. Molti ritengono le nuove tecnologie responsabili della rapidità con cui sta dilagando il fenomeno. Non ci sono evidenze scientifiche che provino il collegamento, anche perché diversi studenti spariscono dalla società dopo essere diventati ronin (“naufraghi”), termine con cui si individua chi fallisce un test d'ammissione universitario e vegeta in casa aspettando di ritentare l'anno successivo.

Non esiste un censimento degli hikikomori. Alcune statistiche - risalenti però al 1998 - parlano di un milione di ragazzi tra i 16 e i 30 anni, ma si ritiene che il fenomeno sia sottostimato dato che spesso i famigliari non chiedono aiuto per vergogna o perché non sanno a chi rivolgersi.

RITMI DEL GIORNO E DELLA NOTTE INVERTITI. Il popolo dell'hikikomori è prevalentemente maschile, ma le ragazze sarebbero in aumento. Chi vive in clausura dipende economicamente dalla propria famiglia che, nei casi più gravi, si rifiuta di vedere. Il fatto che in genere gli hikikomori invertano il ritmo giorno-notte, consente loro di frequentare le parti comuni della casa, come il bagno o la cucina, senza incontrare i parenti.

LEGAMI SOCIALI CON CHAT E VIDEOGIOCHI. Si ritiene che questa clausura forzata sia causata dall'incapacità di stringere relazioni, dagli scarsi risultati scolastici o sportivi, dalle madri iper protettive (le kyōiku mama, “mamma-istruzione”) o dalla perdita del primo impiego. Molto spesso gli hikikomori conservano però un legame sociale grazie alle chat e ai videogiochi online. Quest'ultimo è spesso un hobby in cui tentano di primeggiare sfogandovi le loro frustrazioni e dimostrando l'odio nei confronti di quella società che li ha banditi.

5. L'evaporazione sociale dei disoccupati: spariscono nelle baraccopoli

Destino analogo è quello vissuto dai jōhatsu (“evaporati”), altro fenomeno endemico nipponico. Forse il più datato. Nel 1967 il regista Shōhei Imamura ha dedicato loro un film, Ningen jôhatsu (A Man Vanishes). Sono una sorta di Mattia Pascal collettivo. Di norma uomini che hanno in comune l'aver perso il lavoro o l'essere sommersi dai debiti. Per non subire la vergogna di doversi dichiarare falliti, spariscono dalla società, suicidandosi o andando a popolare le baraccopoli che in Giappone sorgono spesso lungo i canali delle città.

TERMOMETRO ECONOMICO DEL PAESE. Baraccopoli che avevano subito una notevole esplosione demografica negli anni della grande crisi del 1990 e che rappresentano ancor oggi il termometro economico del Paese: più sono affollate e più le cose vanno male. Nella capitale, a Tokyo, esiste un intero quartiere abitato dagli evaporati: San'ya. Siccome procurava imbarazzo all'immagine della città, l'amministrazione nel 1966 lo ha cancellato dalle mappe. Come il Giappone ha cancellato gli evaporati. Loro però continuano a esistere, nell'indifferenza collettiva.

Suicidi scolastici, clausura domestica e improvvise sparizioni sembrano quasi anomalie ovvie in una società degli estremi come quella nipponica, dalla secolare cultura eppure rivolta al futuro, geograficamente e storicamente emarginata ma affamata e curiosa di novità che arrivano dal resto del mondo, ricca e benestante ma vecchia e debole.

RIBELLIONE SILENZIOSA E PACIFICA. Queste patologie potrebbero rappresentare dei tentativi di evadere da una società opprimente, ma anche un modo, silenzioso e pacifico, in perfetto stile nipponico, di ribellarsi all'ordine costituito. Senza scendere in piazza, senza fare stragi nei campus, ma chiudendosi nel proprio io, l'unico rifugio che una società invadente come quella giapponese non ha ancora violato.

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